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Abusi edilizi: il materiale utilizzato non ha rilevanza! Tenuità del fatto anche per il cemento armato

Cassazione: il materiale usato non ha rilevanza né sulla validità del permesso di costruire né sull'accertamento di compatibilità paesaggistica successivamente intervenuto

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Attenzione alla recente sentenza 13217/2021 dell'8 aprile della Cassazione Penale, secondo la quale scatta la particolare tenuità del fatto anche per l'abuso edilizio in cemento armato, poiché il materiale utilizzato non incide né sulla validità del permesso di costruire né sul successivo accertamento di compatibilità paesaggistica.

 

L'oggetto del contendere

L'abuso edilizio riguarda un muro di cinta, con condanna a 25 mila euro di ammenda e 5 mesi di arresto per contravvenzioni urbanistiche ed edilizie. La Corte d'appello aveva escluso l'applicazione dell'invocata causa di non punibilità per l'asserita "rilevanza da un punto di vista strutturale dell'intervento edilizio".

Ma per il riccorente, i giudici avrebbero sbagliato ad escludere l'applicazione della causa di non punibilità in base alla natura del materiale utilizzato per realizzare l'intervento, cemento armato, senza invece valutarla in termini di consistenza, di ingombro, operando un confronto tra lo spazio visivo occupato dal muro in pietra già esistente che aveva stessa lunghezza ed un'altezza di poco inferiore, e quello realizzato successivamente dal ricorrente.

Il materiale utilizzato, diversamente, non avrebbe alcuna rilevanza, né sulla validità del p.d.c. né sull'accertamento di compatibilità paesaggistica successivamente intervenuto.

Inoltre i giudici di merito non avrebbe valutato, ai fini del riconoscimento dell'art. 131-bis, cod. pen., gli altri elementi indicati dall'allora appellante (effetto della sanatoria paesaggistica sull'inoffensività della condotta dell'imputato; incensuratezza; autorizzabilità ab origine del manufatto).

 

Abusi edilizi: non sono ingigantiti dal materiale utilizzato

Per la Corte suprema quella utilizzata in appello è una formula criptica e difficilmente intelligibile, fondata sulla natura del materiale utilizzato per realizzare l'intervento, cemento armato.

Il ricorso va accolto, poiché:

  • bisogna valutare l'opera in termini di consistenza e di ingombro, mentre nell'impugnata sentenza non si è nemmeno operato un confronto tra lo spazio visivo occupato dal muro in pietra già esistente, che aveva stessa lunghezza ed un'altezza di poco inferiore, e quello realizzato successiva-mente dal ricorrente medesimo;
  • il materiale utilizzato non ha alcuna rilevanza, né sulla validità del permesso di costruire rilasciato né sull'accertamento di compatibilità paesaggistica successivamente intervenuto (ed a tacer d'altro, effettivamente emerge che i giudici di merito non avrebbe valutato, ai fini del riconoscimento dell'art. 131-bis, cod. pen., gli altri elementi indicati dall'allora appellante, tra cui, limitando l'attenzione ai soli valutabili perché riferibili oggettivamente all'intervento, l'indiscutibile effetto della sanatoria paesaggistica sull'inoffensività della condotta dell'imputato e la stessa autorizzabilità ab origine del manufatto);
  • ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131-bis cod. pen., non osta, del resto, in astratto, che il reato sia posto in continuazione con altri (come nella specie, in cui il reato edilizio è stato posto in continuazione con quello paesaggistico), dovendosi, tuttavia, valutare, anche in ragione del suo inserimento in un contesto più articolato, se la condotta sia espressione di una situazione episodica, se la lesione all'interesse tutelato dalla norma sia comunque nninimale e, in definitiva, se il fatto nella sua complessità sia meritevole di un apprezzamento in termini di speciale tenuità.

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