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Sopraelevazioni abusive: il cordolo sommitale resta fuori dalle regole sulle altezze?

Consiglio di Stato: la sopraelevazione realizzata si pone in contrasto con quanto richiesto in sede di procedura abilitativa se la relazione evidenzia che “si inserirà un cordolo perimetrale lungo tutte le armature portanti” e che “le quote di gronda resteranno invariate”

Cordolo sommitale: è sopraelevazione o no?

Altro giro di giostra per le sopraelevazioni, nella sentenza 3389/2021 dello scorso 27 aprile che è interessante perché affronta diverse questioni in merito.

L'oggetto del contendere è rappresentato da una sopraelevazione giudicata abusiva dal comune perché non rispettosa delle norme sulle altezze. Secondo la ricorrente, la maggior altezza che sarebbe stata riscontrata dal Comune è in realtà ascrivibile alla realizzazione del cd. “cordolo sommitale” preordinato all’adeguamento della costruzione alla normativa antisismica e, come tale, poteva giovarsi del disposto di cui al punto 8.4.1 del DM 14/1/2008 che stabilisce che “una variazione dell’altezza dell’edificio, per la realizzazione di cordoli sommitali, sempre che resti immutato il numero di piani, non è considerata sopraelevazione o ampliamento, ai sensi dei punti a) e b) …” (ai sensi cioè delle definizioni di “sopraelevazione” delle costruzioni e di “ampliamento” parimenti riportate dalla disposizione).

 

La sopraelevazione in difformità dal permesso di costruire è abusiva

Palazzo Spada non è però dello stesso avviso.

Come evidenziato nella descrizione in fatto, il provvedimento impugnato, ossia l’ordinanza del Comune, ha evidenziato l’esistenza di alcune opere edilizie realizzate in difformità dalla concessione edilizia n. originale, al tempo assentita all’odierna ricorrente per il rifacimento della copertura e della sottostante struttura portante di un annesso insistente sul lastrico solare di un edificio, in area classificata dal vigente strumento urbanistico zona “A” - centro storico ed assoggettata a vincolo paesaggistico ambientale.

Per maggiore precisione, va anche notato che con la concessione era stata licenziata un intervento, inquadrabile nella categoria della manutenzione straordinaria, nel quale si procedeva alla copertura del volume posto sul lastrico solare dell’immobile, senza alcuna modifica delle quote originarie.

Sulla scorta di tale evenienza, il primo giudice ha effettivamente individuato il detto scostamento tra le opere assentite e quelle realizzate sulla base del raffronto tra gli elementi utilizzabili a raffronto, ossia la relazione tecnica relativa al progetto e i dati istruttori prodotti dal Comune.

Non può quindi negarsi che effettivamente la sopraelevazione realizzata si ponga in contrasto con quanto richiesto in sede di procedura abilitativa, visto che, come notato nella sentenza gravata, la relazione evidenzia che “si inserirà un cordolo perimetrale lungo tutte le armature portanti” e che “le quote di gronda resteranno invariate”, evidenziando cioè come nell’istanza non vi era traccia della poi avvenuta sopraelevazione.

Pertanto, l’indagine ulteriore, che secondo l’appellante sarebbe spettata al T.A.R., ossia la valutazione della funzione antisismica della detta sopraelevazione, appare del tutto ultronea ai fini del giudizio, poiché la sussumibilità in tale categoria di quanto realizzato è compito dell’amministrazione (in sede di rilascio del titolo edilizio, se evidenziato tempestivamente, oppure di sanatoria, se invece ciò avviene successivamente).

Infatti, sulla detta natura il Comune non è stato mai chiamato a pronunciarsi e, conseguentemente, non avrebbe potuto farlo il T.A.R., stante il disposto dell’art. 34 comma 2 c.p.a..

La censura va quindi respinta.

Sopraelevazioni abusive: il cordolo sommitale resta fuori dalle regole sulle altezze?

I diversi materiali utilizzati

Con il secondo motivo, si lamenta anche l’erronea considerazione del motivo riguardante l’ipotizzata modifica dei materiali utilizzati, rispetto a quando previsto dalla concessione edilizia originale.

Precisamente, rispetto alla ricostruzione operata dal Comune, andrebbe invece affermato che quella che viene raffigurata come “orditura principale e secondaria, in legno e pianelle”, altro non è che il rivestimento, con finalità puramente estetiche, di una struttura interna in travi di acciaio, tavelloni e soletta in calcestruzzo.

Anche qui, il Comnsiglio di Stato è di divero avviso: la supposta indifferenza dal punto di vista edilizio non può essere condivisa.

Se è vero che le modifiche (che la parte descrive come mera sostituzione delle previste travi in cemento armato della struttura portante con analoghe travi in acciaio) restano inglobate all’interno della struttura stessa e non sono visibili dall’esterno (dove rimane la copertura in coppi originariamente prevista), si tratta sempre di difformità attinenti alle modalità costruttive della soprelevazione in sé contestata, le quali danno luogo ad modifica del preesistente stato dei luoghi in ambito vincolato.

Infatti, in conseguenza di detto profilo, le difformità accertate sono poi state successivamente sanzionate anche ai sensi dell’art. 167 d.lgs. n. 42/04 con un provvedimento di integrazione dell’originaria ordinanza di demolizione.

 

L'incremento di altezza

Con il terzo motivo di diritto, si evidenzia come “L’incremento di altezza determinato dalla realizzazione del cordolo strutturale non è, infatti, nemmeno suscettibile di determinare la fattispecie della “parziale difformità” dal titolo abilitativo di cui all’art. 145, L.R. Umbria n. 1/2015.

Anche in questo caso, va condiviso pienamente l’operato del primo giudice che ha ritenuta infondata la doglianza, in quanto la detta sopraelevazione è intervenuta in ambito vincolato nel quale ogni difformità rispetto al titolo abilitativo deve ritenersi essenziale ai sensi dell’art. 32, comma 3, del dpr 380/2001.

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