Infrastrutture
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Attività di manutenzione e riabilitazione delle Grandi Dighe in Italia

Le Grandi Dighe in Italia sono oltre 500, svolgono un ruolo essenziale nel sistema infrastrutturale del paese e costituiscono un patrimonio irrinunciabile per le generazioni future. La loro età media è di oltre 60 anni e negli ultimi anni gli interventi riabilitativi si sono incrementati in maniera esponenziale sotto la spinta di target qualitativi più impegnativi e maggiore attenzione ad un utilizzo consapevole delle risorse disponibili.

Memoria tratta dagli atti delle GIORNATE AICAP 2014, BERGAMO 22-24 maggio 2014

SOMMARIO
Le Grandi Dighe in Italia sono oltre 500, svolgono un ruolo essenziale nel sistema infrastrutturale del paese e costituiscono un patrimonio irrinunciabile per le generazioni future. La loro età media è di oltre 60 anni e negli ultimi anni gli interventi riabilitativi si sono incrementati in maniera esponenziale sotto la spinta di target qualitativi più impegnativi e maggiore attenzione ad un utilizzo consapevole delle risorse disponibili.
ITCOLD ha dato vita ad un gruppo di lavoro sul tema che ha raccolto in maniera ordinata il copioso know how della comunità tecnica italiana, collabora con analoghe iniziative a livello europeo e mondiale e mantiene un Osservatorio permanente sul tema.

Dam rehabilitation works on Italian dams

SUMMARY
Large Dams in Italy are over than 500, they’re playing an essential role in national infrastructural system and a indispensable heritage for future generations. Their mediun age is over 60 and recently rehabilitation works became more and more frequent under the stimulus of more demanding safety targets and more attention about a more conscious use of available water resources.
ITCOLD started a focus group that has collected in an orderly manner the abundant technical know-how of the Italian community, collaborating with similar initiatives at European and global levels and maintains a Permanent Observatory on topic.

Introduzione
Il Comitato Nazionale Italiano per le Grandi Dighe è un'associazione culturale e scientifica che si propone di promuovere ed agevolare lo studio di tutti i problemi connessi con le dighe, la loro realizzazione ed il loro esercizio.
Il Comitato partecipa alla Commissione Internazionale per le Grandi Dighe, (ICOLD-CIGB) organismo creato a Parigi nel 1928 anche con la partecipazione dell'Italia, la cui adesione è stata formalizzata nel 1936 con la costituzione del Comitato dapprima sotto l'egida del Ministero dei Lavori Pubblici, ed in seguito dal 1984 come associazione di diritto privato senza scopo di lucro.
Un Gruppo di lavoro è stato attivato dal Comitato Nazionale Italiano Grandi Dighe, al fine di raccogliere informazioni e dati sui lavori di manutenzione e riabilitazione effettuati sulle dighe italiane nelle ultime quattro decadi.
Le informazioni su un numero notevole di casi sono stati raccolti, rivisti e classificati (in accordo al tipo di diga, al tipo di problema, alla tecnologia adottata per il lavoro, ecc…).
La principale quantità di dati è stata fornita da grandi aziende, operanti nel settore idroelettrico. Comparativamente un piccolo contributo è stato ottenuto dai Concessionari minori di dighe.
In Italia meno di 10 Concessionari gestiscono circa il 50% delle dighe; il rimanente è diviso tra diversi concessionari, ciascuno dei quali gestisce un numero molto limitato di dighe e spesso non ha la massa critica sufficiente per giustificare uno staff tecnico permanente.
Un report finale è stato completato dal Gruppo di Lavoro nel 2012, che ha riportato i dati raccolti e le osservazioni e considerazioni derivate da essi.
L’attività del Gruppo ha ricevuto un apprezzamento generale, sottolineando l’interesse diffuso nello scambio di conoscenze in questo campo derivato da reali esperienze e risultati.
Una seconda fase dell’attività del è partita nella forma di un Osservatorio permanente, con l’obiettivo di comprendere le attività via via effettuate e coinvolgere un numero maggiore di Concessionari di dighe in modo tale da estendere la raccolta di dati e la diffusione dei risultati.
A tal fine è stata predisposta una procedura di monitoraggio e miglioramento della raccolta di dati sulle dighe esistenti e sugli interventi di riabilitazione.
La prospettiva è di comparare e correlare la gestione delle informazioni con iniziative sviluppate su aspetti simili da altri membri ICOLD.
L’ammodernamento e l’eventuale riabilitazione delle dighe esistenti è al momento il principale ambito su cui lavora la comunità dei tecnici di settore in Europa e in genere in tutte le economie sviluppate.
Le tematiche connesse sono molteplici e vanno anche a costituire un capitale di conoscenza prezioso per quei mercati dove ancora l’attività realizzativa di nuovi impianti è fiorente.

1.1 Il quadro del settore

Le dighe aventi età di 60 anni, in Italia, sono più di 320su un totale di 538 che risultano così disaggregate:

  • esercizio normale, 402 (23 limitate)
  • esercizio sperimentale 92
  • fuori esercizio 31 (15 DL 79/04)
  • costruzione 13

Come si vede una percentuale non trascurabile del totale è oggetto di iter autorizzativi non conclusi o comunque ad utilizzazione parziale della risorsa acqua impegnata, ciò vale prevalentemente in campo irriguo e prevalentemente nell’area centro- sud.

Il mantenimento delle condizioni di sicurezza delle dighe viene operato, come per tutte le opere ingegneristiche, da un lato attraverso la raccolta di tutti i dati e le notizie sull’opera e la valutazione del suo comportamento passato e presente in confronto agli obiettivi di progetto e dall’altro promuovendo, in caso di riscontrate carenze, l’adozione di interventi manutentivi finalizzati ad accrescere la capacità di resistenza delle strutture alle azioni considerate e quindi alla riabilitazione dell’opera nei confronti delle originarie condizioni di progetto. L’attività del controllo delle condizioni di sicurezza viene effettuato dai Concessionari delle dighe, ma disciplinato dall’Autorità di controllo; le attività manutentive e quindi riabilitative vengono preliminarmente disposte ed approvate dall’Autorità di controllo, ma sono programmate ed attuate dai Concessionari.
La ripartizione geografica di tali manufatti risulta abbastanza omogenea in tutto il territorio nazionale, nella figura è riportata l’area di competenza degli Uffici Periferici della Direzione Dighe del Ministero delle Infrastrutture

In generale il comportamento delle strutture in esercizio è soddisfacente, e la loro performance supera la vita utile prevista, altro è raggiungere uniformemente target di sicurezza moderni ed omogenei.
Parliamo di manufatti imponenti soggetti a tutta una serie di sollecitazioni severe ed articolate che coinvolgono specialisti si diverse discipline ingegneristiche e non solo loro.
Il monitoraggio del comportamento delle dighe o di eventi idraulici che interessano le strutture e i bacini è stato sviluppato ampiamente e quasi tutti gli impianti sono controllati da nuovi sistemi strumentali efficienti, in sostituzione o ad integrazione dei controlli visivi realizzati localmente da guardiani esperti.
La riabilitazione degli impianti è generalmente accompagnata da una modifica dello scopo della diga e del bacino.
La domanda di acqua e di energia è influenzata dai cambiamenti economici prodotti dalla liberalizzazione del mercato e diversi impianti sono stati modificati per incontrare un nuovo modello di produzione.
Il costo in aumento dell’energia e lo sviluppo di fonti alternative di energia (solare, eolico) danno una spinta allo sviluppo di potenzialità idroelettriche per un miglior bilanciamento della rete elettrica. Gli impianti una volta considerati poco convenienti riacquistano una loro ragion d’essere economica.
Il contributo delle dighe per la gestione delle piene e la riduzione dei danni alluvionali è sempre stato importante ma oggi è sicuramente aumentata la sensibilità sul tema anche in relazione ai cambiamenti climatici in atto. Le informazioni, per prime, e gli standard devono essere focalizzati su questo aspetto, diventando una priorità nei paesi europei.
Come conseguenza, progettisti e operatori sono più focalizzati sulla riabilitazione, recupero o conversione di impianti esistenti piuttosto che la costruzione di nuove strutture.

1.2 Tipologia degli interventi di riabilitazione
Come citato in precedenza gli interventi di riabilitazione possono interessare principalmente il corpo diga, le fondazioni oppure i paramenti. Ciascuna di questa tipologia di lavori è conseguente a fenomeni differenti che sono alla base dei fenomeni di invecchiamento delle dighe, che si traducono prevalentemente in riduzione della resistenza alle azioni esterne, aumento delle perdite/ sottopressioni, fenomeni fessurativi, ecc.
Nel seguito, oltre a una descrizione delle cause di degrado concernenti le diverse parti delle dighe verranno approfonditi ciascuno dei fenomeni causa, in riferimento alle proprietà e alla risposta dei materiali a diversi tipi di sollecitazione esterna.

1.3 Degrado e riabilitazione dei paramenti
I materiali costituenti i paramenti delle dighe sono in diretto contatto con l’ambiente esterno e per questo sono soggetti alla loro azione aggressiva: in dettaglio si ha l’azione dell’acqua sui paramenti di monte e l’azione degli agenti atmosferici sui paramenti di monte e di valle. I principali effetti che si sviluppano in superficie sono perciò dovuti alle variazioni di temperatura, all’umidità, ai cicli di gelo e disgelo, alle precipitazioni meteoriche, così come le reazioni chimiche che avvengono a partire dagli elementi trasportati dall’acqua.
Non bisogna dimenticare inoltre gli effetti conseguenti alle sollecitazioni apportate dalle zone di imposta che possono essere soggette a importanti fenomeni di assestamento.
I carichi idrostatici, i cicli climatici, gli eventi estremi come le alluvioni e i sismi conducono solitamente ad una ridistribuzione degli sforzi all’interno del corpo diga, con lo sviluppo di alti valori tensionali tipicamente in prossimità dei paramenti.
Le strutture in calcestruzzo e in muratura esposte all’acqua in climi rigidi possono subire danni dovuti alla loro scarsa resistenza alle azioni ripetute di gelo e disgelo. I danni sono prevalentemente superficiali, ma ciò nonostante possono essere seri. Le proprietà dei materiali, la qualità delle costruzioni e il livello di esposizione determina l’estensione del degrado. Il danno del calcestruzzo e della malta in seguito ad azione del gelo dipende dal numero di cicli gelo-disgelo e dal contenuto di acqua nel calcestruzzo. Solitamente il numero di cicli di gelo e disgelo è maggiore all’inizio e alla fine della stagione fredda. Il calcestruzzo è particolarmente vulnerabile al danneggiamento da gelo quando l’umidità raggiunge un punto di saturazione critico. Altri fattori che possono influenzare l’azione del ghiaccio sono la velocità di raffreddamento, l’entità delle temperature alte e basse raggiunte durante il ciclo e la durata del ciclo stesso.
L’azione del ghiaccio ha un effetto avente gravità differente a seconda di dove colpisce la struttura:
- Il danno sul paramento di monte è solitamente limitato alla parte che è soggetta all’inumidimento e successiva asciugatura (fig.3);
- Il danno sulla superficie di valle è particolarmente probabile che si verifichi dove la diga ha una elevata permeabilità, o qualora le precipitazioni meteoriche diventino intense;
- Il coronamento della diga è sensibile all’azione del gelo a seguito dei ristagni d’acqua presenti superficialmente.

In generale, a prescindere dalle cause che hanno determinato il degrado, l’estensione dello stesso è governato da quattro parametri principali:
- Permeabilità del corpo diga, da cui dipende chiaramente il volume dei fluidi che attraversano la diga stessa (fig 4);
- Fluidi penetranti che possono reagire aggressivamente con il calcestruzzo e i costituenti della malta;
- Variazioni di temperatura che causano sia la fessurazione sia l’apertura dei giunti, influenzando in tal modo la permeabilità complessiva della struttura;
- Crescita della vegetazione in special modo nei giunti della muratura.

Al fine di prevenire il deterioramento dei materiali in prossimità dei paramenti della diga, e successivamente all’interno del corpo diga, è divenuta comune la pratica di utilizzare materiali ad alta resistenza nei pressi dei paramenti.
In passato, prima dello sviluppo della tecnologia del calcestruzzo ciclopico, venivano impiegati rivestimenti del paramento di monte resistenti all’acqua nelle dighe in muratura e in calcestruzzo, tipicamente pietrame squadrato (bolognino).
Nel momento in cui la tecnologia del calcestruzzo migliorò diventò possibile produrre calcestruzzo ciclopico resistente all’acqua e da permettere di far a meno dell’utilizzo di rivestimenti speciali. Dunque, l’utilizzo di rivestimenti nelle dighe in calcestruzzo venne abbandonato, pur persistendo la pratica di utilizzare calcestruzzo ad alto livello di cemento nei pressi del paramento di monte, insieme ad elementi di rinforzo in acciaio sia nei pressi del paramento di monte che nei pressi del paramento di valle. Tali elementi di rinforzo venivano progettati al fine di controllare gli effetti superficiali, prevenendo la formazione di ampie fessurazioni e distacchi superficiali (“spalling”).
Al giorno d’oggi le misure atte a riparare le parti superficiali delle dighe possono essere suddivisi in tre gruppi:
- Interventi atti a ridurre l’entrata di acqua all’interno del corpo diga: riduzione della permeabilità;
- Interventi atti a evacuare rapidamente e ordinatamente le filtrazioni in corpo diga (sistema drenante);
- Interventi atti a ridurre le concentrazioni di tensioni e di conseguenza lo sviluppo di giunti di dilatazione non presidiati.
Ciascuno di questi gruppi di interventi prevedono tecniche quali la sostituzione o riparazione dei paramenti, in modo particolare quello di monte.
Naturalmente a monte degli interventi di riparazione e riabilitazione sono da annoverare interventi preventivi quali: ispezioni visive, misurazioni di portata, carotaggi utilizzati per ottenere campioni utilizzabili nei test di laboratorio.
Per il calcestruzzo e la muratura di buona qualità, il confine tra zone integre e zone danneggiate è generalmente chiaro e può essere individuato tramite metodi di analisi non distruttivi. Per il calcestruzzo e la muratura di scarsa qualità, invece, il danno si estende solitamente più a fondo all’interno della struttura per cui risulta necessario estrarre dei campioni per individuare il confine tra zone integre e zone danneggiate.

Nell'articolo completo:
  1.4 Degrado e riabilitazione delle fondazioni
  1.5 Degrado e riabilitazione del corpo diga
2. L’attività del Gruppo di Lavoro
  2.1 Sintesi dei dati raccolti
    2.2.1 Carenze strutturali
    2.2.2 Inadeguatezza organi di scarico
    2.2.3 Instabilità del territorio circostante
3. Importanza delle riabilitazioni
  3.1 Elementi di riflessione
  3.2 L’Osservatorio permanente
  3.3 Carenza di risorse?
4. Conclusioni

 

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