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Aggregati plastici riciclati per calcestruzzi: alcune considerazioni sul comportamento al fuoco

Aggregati plastici riciclati per calcestruzzi: alcune considerazioni sul comportamento al fuoco

VALUTAZIONI PRESTAZIONALI DEGLI AGGREGATI PLASTICI RICICLATI
Gli esiti di campagne di sperimentazione già concluse hanno evidenziato come promettente, sotto il profilo meccanico, la sostituzione, nella formulazione di miscele per calcestruzzi leggeri strutturali, di aggregati plastici riciclati in PoliEtileneTereftalato (r-PET) a percentuali di aggregato minerale. Valori sostanzialmente equivalenti della resistenza a compressione e a flessione per specifiche permutazioni verificate, rispetto ai dati assunti come riferimento, suggeriscono di guardare ad altre prestazioni fondamentali per poter decidere dell’adozione di un materiale innovativo in campo strutturale: il comportamento al fuoco. Una temperatura di fusione del PET pari a 250°C deve far riflettere su quale influenza possa avere tale parametro al fine di valutare la necessità di specifici accorgimenti progettuali per garantire livelli di sicurezza antincendio prescritti.
Studi di settore pregressi su possibilità e opportunità di produrre calcestruzzi con aggregati plastici riciclati non hanno argomentato i motivi della scelta dei polimeri adottati: PET, HPDE, Plasmix (plastiche miste) le più ricorrenti, EPS e PVC sporadicamente.
E’ stato condotto un approfondimento sui criteri di selezione da seguire per una valutazione più consapevole, tanto più che al momento la produzione di aggregati plastici riciclati è assai limitata e quindi il mercato edilizio, in questo campo, ancora da orientare. Le prime considerazioni hanno ritenuto che il principale requisito dovesse essere la compatibilità fisica dell’aggregato plastico con gli altri componenti della miscela da confezionare, in particolare guardando all’attrito e all’aderenza; quindi occorreva comprendere l’influenza della forma (scaglie o granuli) e della dimensione granulometrica sulle proprietà meccaniche.
Da questo setaccio teorico, ricavato dalla comparazione teorica degli esiti disponibili in letteratura, sono passati PET e Plasmix, adottati generalmente in granuli e con ricorrenza granulometrica prevalentemente fine.
A partire da due diverse miscele di riferimento sono state quindi effettuate svariate sostituzioni degli aggregati minerali con aggregati plastici in r-PET, in scaglie e in granuli, con ricorrenze granulometriche e percentuali variabili. Si riportano i dati, ottenuti in due fasi di sperimentazione (I/II), relativi alle prestazioni allo stato fresco e allo stato indurito, per le sole miscele che hanno dato valori equiparabili a quelli delle miscele di riferimento: 

Conseguiti tali risultati confortanti per le caratteristiche meccaniche si è guardato con lente bifocale all’altra esigenza di sicurezza, quella antincendio, che richiede la valutazione delle prestazioni di resistenza e reazione al fuoco delle miscele con aggregati plastici riciclati.
A tal proposito occorre intanto sfatare un luogo comune: quello che le materie plastiche siano vulnerabili per effetto della loro bassa temperatura di fusione. Il comportamento al fuoco le differenzia in infiammabili, ignifugabili o autoestinguenti. Trattandosi di prodotti di sintesi fra i polimeri ci sono materiali con elevata resistenza alle alte temperature d’esercizio (PTFE con 260°C) senza propagare fiamma, alcuni autoestinguenti (PC), altri con un limite di temperatura variabile fra 60 e 90°C che ne compromette le proprietà meccaniche (PVC, HDPE). Queste proprietà tecniche possono tuttavia essere migliorate nel caso delle materie prime vergini attraverso opportune modificazioni della struttura polimerica o con l’aggiunta di additivi (ritardanti di fiamma), mentre resoconti ormai decennali hanno concluso che la tossicità dei fumi sviluppati è inferiore a quella di materiali da costruzione d’uso consolidato. La questione, comunque ancora aperta, deve essere ripercorsa nel caso delle materie prime seconde, per comprendere quale comportamento al fuoco ci si debba attendere e come possa eventualmente essere modificato.
D’altro canto nel caso in esame occorre effettuare valutazioni di prestazioni antincendio dell’aggregato plastico r-PET comparativamente a quelle in tal senso offerte dal calcestruzzo che lo accoglie, poiché potrebbe non peggiorarne le specifiche. Inoltre la combustione avviene in presenza di un comburente, per cui si deve inoltre verificare se la percentuale di ossigeno che permea la miscela sia sufficiente per innescare l’accensione di tutti i suoi componenti.
E’ pertanto in itinere lo studio di questa problematica e l’eventuale pianificazione delle prove da implementare per dedurre il comportamento al fuoco delle miscele di calcestruzzo con aggregato plastico in r-PET, già testate sotto il profilo meccanico. 

LA SICUREZZA IN CASO DI INCENDIO DEI MATERIALI STRUTTURALI
Ciascun materiale strutturale d’uso comune ha un comportamento al fuoco diverso a fronte del quale sono stati consolidati accorgimenti progettuali specifici: l’essere infiammabile non è detto che sia poi un attributo dirimente per la sicurezza antincendio. Infatti, per il legno, massello e lamellare, con temperature d’ignizione assai ridotte, variabili con l’essenza tra 275 e 300°C, un possibile accorgimento di calcolo risolutivo ha previsto l’incremento dimensionale della sezione, valutando il sacrificio di un predeterminato strato carbonizzato che divenendo scarsamente permeabile all’ossigeno, agente comburente, rallenta/inibisce la progressione della combustione (CNR-DT 206/200); per l’acciaio occorre determinare un fattore di sezione modificato dei profili (Am/V), in assenza di una protezione dal fuoco, da introdurre nel calcolo delle resistenze meccaniche per tenere conto dello shadow effect (esposizione al flusso termico radiativo), o da utilizzare nel computare lo spessore della protezione antincendio, al variare della classe REI e del materiale protettivo - vernice intumescente, pannelli ignifughi, ecc. (D.M. 16.02.2007).
Il calcestruzzo ordinario, materiale di riferimento di questo studio, è una miscela eterogenea “incombustibile”, ma gli effetti del fuoco sui suoi componenti e sull’insieme non sono affatto trascurabili: la vaporizzazione dell’acqua presente nella struttura porosa porta allo sviluppo di pressioni interne capaci di causare scoppi interni, con conseguente espulsione di scaglie; la pasta di cemento si disidrata con perdita progressiva della sua capacità legante; gli aggregati silicei subiscono brusche variazioni dimensionali (legate alle trasformazioni di fase della silice); gli aggregati calcarei si decompongono termicamente con riduzione sensibile della resistenza meccanica; quindi si registrano complessivamente disgregazioni, espansioni e contrazioni, e una diminuzione della risposta a compressione che a circa 800°C diviene il 10-25% di quella iniziale.
Una valutazione separata è stata quindi rivolta al PET, in quanto polimero adottato, in scaglie e granuli, in sostituzione dell’aggregato minerale nel calcestruzzo, al fine di comprenderne in prima istanza il comportamento al fuoco individuale.

SEGUE  NELL'ALLEGATO
 

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