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Gli Ingegneri, Alitalia e quel pirla di Icaro

Icaro era il mitico figlio di Dedalo e di Naucrate, schiava di Minosse. Rinchiuso con il padre nel labirinto di Creta, fuggì volando con le ali che Dedalo aveva adattato con la cera al proprio corpo e a quello del figlio. Ma, avvicinatosi troppo al Sole, la cera si sciolse e Icaro cadde nel mare che da lui fu detto Icario. Se Icaro fosse stato ingegnere probabilmente non sarebbe diventato famoso. Si perchè da ingegnere non avrebbe progettato e realizzato delle ali di cera, e non cadendo in mare, poi non sarebbe stato richiamato dalla leggenda come invece è.

Anche Alitalia sembra avere le ali di cera, ma sono molto costose. L’ultima realise costa circa 600 milioni. Si tratta di un prestito ponte, ma probabilmente anche questo è fatto di cera, perchè se Alitalia fra sei mesi fallisce, ho il sospetto che i 600 milioni li dobbiamo pagare noi. Per gestire questi soldi e la compagnia il governo ha chiamato tre commissari: sono Luigi Gubitosi, Enrico Laghi e Stefano Paleari.

Luigi Gubitosi di aiuti dello stato se ne intende, visto che prima di arrivare a Fiumicino, il manager napoletano è stato per tre anni direttore generale della Rai. Laureato in giurisprudenza alla Federico II, con studi alla London School of Economics and Political Science e un master in Business Administration all'Insead di Fointanebleau, Gubitosi ha iniziato la sua carriera nel Gruppo Fiat, dove dal 1986 al 2005 ha ricoperto diversi incarichi. Dal 2005 l'avventura nel settore delle tlc, entrando
come chief financial officer in Wind Telecomunicazioni, di cui è stato amministratore delegato dal 2007 al 2011. Prima di entrare in Rai è stato anche country manager e responsabile della divisione corporate and investment banking di Bank of America Merrill Lynch.

Anche Enrico Laghi, commercialista romano, di aiuti di stato se ne intende: di recente è stato commissario straordinario dell’Ilva, ma nella sua lunga carriera è arrivato a collezionare oltre venti incarichi contemporaneamente: anno dopo anno è passato tranquillamente dalle file Telecom, Pirelli, Seat Pagine Gialle, Gruppo Espresso, Finmeccanica, Tirrenia, Finnat, la Rai e perfino del Coni. Il suo ultimo sponsor è stato Federico Ghizzoni, ai tempi ad di Unicredit che lo ha voluto come presidente di Midco, la scatola con cui le Poste di Francesco Caio è stato costretto a investire in Alitalia.

Infine Stefano Paleari, milanese, classe 1965, Paleari, ingegnere e docente universitario. Ex presidente della Conferenza dei Rettori italiani (dal 2013 al 2015) è stato anche scelto per guidare il comitato per Human Technopole di prossima costituzione per l'area post Expo. Attualmente professore ordinario di Analisi dei Sistemi Finanziari presso l'Università di Bergamo, Paleari è stato anche rettore dell'Università di Bergamo dal 2009 al 2015. Laureato con Lode in ingegneria nucleare presso il Politecnico di Milano nel 1990, nel 1996 è stato ricercatore in ingegneria gestionale presso l'Università di Bergamo per poi essere nominato nel 1998 professore associato in Economia ed Organizzazione Aziendale presso il Politecnico. Dal 2006 è direttore scientifico dell'ICCSAI (International Center for Competitiveness Studies in the Aviation Industry).

Prima di loro il presidente della compagnia è stato Luca Cordero di Montezemolo. Proprio lui, sempre lui. Al suo fianco il vicepresidente James Hogan (già presidente di Etihad Airways). Nel consiglio di amministrazione anche Giovanni Bisignani, già amministratore delegato Alitalia – Linee Aeree Italiane dal 1989 al 1994 e direttore generale IATA, Antonella Mansi, ex presidente della Fondazione Monte dei Paschi di Siena, Paolo Andrea Colombo, ex presidente Enel e Roberto Colaninno presidente di Alitalia - CAI nei suoi primi sei anni di vita.

Come si vede, una bella serie di ex, tutti con curricula luminosi.

Ma cosa c’entra Alitalia a questo punto con gli ingegneri, visto che nel titolo del mio editoriale sono richiamati a fianco. C'entrano, ma bisogna ricordare che sono in tre: c’è anche Icaro.

Riprendiamo la storia di Alitalia.
La vecchia Alitalia era stata fondata nel 1947. Nel 1957 venne fusa con un’altra compagnia, Linee Aeree Italiane, e divenne la prima compagnia aerea del Paese. Entrambe le società erano di proprietà dell’IRI, la grande società di proprietà statale che controllava gran parte delle partecipazioni strategiche dello Stato. Alitalia rimase fino agli anni ’90 controllata al 100% dallo stato (prima dall’IRI e poi dal Ministero del Tesoro). I conti della compagnia, mai particolarmente buoni se messi in confronto con la concorrenza, cominciarono a peggiorare seriamente nel corso degli anni ’90. Nel 1996 avvenne la prima privatizzazione, sotto il governo Prodi, ma il Tesoro mantenne una partecipazione di maggioranza nella compagnia. Nel 2001, in seguito agli attentati di New York, tutto il settore delle linee aeree subì una grossa crisi. A differenza di altre compagnie aeree, Alitalia non riuscì a risollevarsi dalle perdite subite nel corso degli anni successivi. Dopo che il governo francese annunciò la privatizzazione di Air France e la sua fusione con KLM, Alitalia restò l’unica compagnia europea a controllo statale. Nel 2006 l’azienda era ormai vicina al fallimento e per salvarla il governo Prodi decise di vendere una parte delle quote che erano ancora in mano al Tesoro, cedendo così il controllo della compagnia. La gara per acquistare il 39% delle azioni offerte dal governo andò deserta. Secondo molti, la causa principale furono i molti paletti che erano stati messi alla trattativa. In sostanza, il governo voleva vendere Alitalia come se fosse un’azienda sana e non vicina al fallimento (all’epoca il ministro che si occupava della gara era Pierluigi Bersani).

Siamo arrivati al collegamento. Cosa ricorda a noi ingegneri il 2006 e il Ministro dell’Industria Pierluigi Bersani: scommetto che tutti coloro che stanno leggendo questo pezzo hanno una sola parola in testa: LENZUOLATE.

Nel 2006 Bersani mentre cercava di vendere Alitalia colpì il mondo dei professionisti con le famose lenzuolate, e siccome la sfighe non arrivano mai da sole, alle lenzuolate si aggiunsero a breve le crisi internazionali e nazionali, con una spirale mostruosa in cui gli ingegneri (e gli altri professionisti) si ritrovarono senza tariffe e sempre più poveri.

Ecco, siamo arrivati al dunque. In questo Paese da un lato c’è la storia di ALITALIA e dall’altro quello dei liberi professionisti.

Da un lato vi è un paese in cui la preoccupazione non è quella di garantire i collegamenti nazionale e internazionali puntando su riduzione dei costi, aumento delle tratte ed efficienza, ma di far sopravvivere con un conto che ormai supera i 7 miliardi di euro di interventi una compagnia di bandiera che sembra dover esistere solo per poter assicurare poltrone e poltrone: una serie di nomi di figure che bene o male ormai da lustri continuano a scambiarsi i posti di manager dello stato, e non sempre con risultati lusinghieri. Ieri l’ENI, oggi MPS, domani la RAI, domani l’altro ALITALIA, e la prossima settimana FINMECCANICA o CASA ITALIA. Il nostro è un paese con due caste. La prima la conosciamo, è quella dei politici. La seconda è meno nota, ma più ricca e potente, è quella dei manager di stato, dei commissari straordinari, dei superpresidenti. E sono entrambe chiuse.

A proposito, fu la Marcegaglia da Presidente di Confindustria a ordinare a Bersani di togliere le tariffe minime, lo ricordate vero.

Dall’altro invece ci sono i liberi professionisti, tra cui gli ingegneri. Un esercito di figure anonime, mai chiamate a coprire poltrone, impegnate con tariffe che spesso gridano vergogna (si pensi per esempio ai compensi orari dei CTU), a dover sostenere la crescita di un paese, a dover intervenire come volontari nella ricostruzione post terremoti, a dover dotarsi di POS, CREDITI, ASSICURAZIONI, IRAP, DURC, … per poi sentirsi vilipendere da Bruno Vespa perchè fanno male i progetti e cadono le case con i terremoti.

Eh sì, ho sbagliato l'editoriale. Pensavo di accomunare gli ingegneri e Alitalia, ma questo legame, anche grazie a Bersani, resta solo nel titolo. I lettori mi scuseranno, ma noi ingegneri, che amiamo anche scrivere, ogni tanto speriamo che lo stato si accorga anche di noi, e come sostiene con lenzuola d'oro treni e aeroplani, possa farlo anche con i liberi professionisti. Mah, almeno speriamo di non fare la fine di Icaro.