Da deposito a locale commerciale: non bastano SCIA o CILA, cambio di destinazione d'uso col permesso di costruire
Tar Napoli: il cambio di destinazione d’uso da ufficio ad abitazione non è configurabile come un cambio di destinazione d’uso all’interno della stessa categoria funzionale
Può essere una situazione di routine, ma ancora oggi c'è confusione attorno a quel che serve per cambiare la destinazione d'uso di un'unità edilizia. Quando le categorie non sono omogenne, serve il permesso di costruire, ne la CILA ne la SCIA possono bastare.
Lo ricorda il Tar Salerno con sentenza 451/2021 del 18 febbraio scorso, che in realtà 'tratta' il caso del cambio di destinazione d’uso senza opere da deposito ad attività commerciale, per regolarizzare il quale il ricorrente aveva prima depositato una CIL in sanatoria (oggi CILA), unitamente alla copia dei bonifici di avvenuto pagamento della sanzione CIL e del contributo di costruzione.
Il comune, inizialmente, comunicava che “l’intervento, oggetto dell’istanza, relativo al cambio di destinazione d’uso senza opere, è subordinato a segnalazione certificata di inizio attività ai sensi dell’art. 37 DPR 380/2001”; poi, formalizzava che “l’intervento di cambio di destinazione da deposito a commerciale eccede i limiti di competenza della procedura invocata..l’istanza non può essere ammessa a procedura e la stessa è da intendersi formalmente archiviata..si comunica che è facoltà del richiedente trasmettere una nuova istanza, ai sensi dell’art. 37 DPR 380/2001”.
Cambio di destinazione d'uso con o senza opere: le regole
Il Tar 'ne approfitta' per ricordare che l'art. 23 ter, comma 1, dpr 380 del 2001, alla cui stregua deve essere letto anche il successivo art. 32, comma 1, lett. a), in tema di variazioni essenziali al permesso di costruire, dispone che "salva diversa previsione da parte delle leggi regionali, costituisce mutamento rilevante della destinazione d'uso ogni forma di utilizzo dell'immobile o della singola unità immobiliare diversa da quella originaria, ancorchè non accompagnata dall'esecuzione di opere edilizie, purchè tale da comportare l'assegnazione dell'immobile o dell'unità immobiliare considerati ad una diversa categoria funzionale tra quelle sotto elencate: a) residenziale; a bis ) turistico - ricettiva; b) produttiva e direzionale; c) commerciale; d) rurale".
La previsione regionale ha statuito che:
- a) possono essere realizzati in base a semplice denuncia d'inizio attività "i mutamenti di destinazione d'uso d'immobili o loro parti, che non comportino interventi di trasformazione dell'aspetto esteriore, e di volumi e superfici", precisando che "la nuova destinazione d'uso deve essere compatibile con le categorie consentite dalla strumentazione urbanistica per le singole zone territoriali omogenee" (comma 1, lett. f);
- b) "il mutamento di destinazione d'uso senza opere, nell'ambito di categorie compatibili alle singole zone territoriali omogenee, è libero" (comma 5);
- c) restano soggetti a permesso di costruire "il mutamento di destinazione d'uso, con opere che incidano sulla sagoma dell'edificio o che determinano un aumento Piano volumetrico, che risulti compatibile con le categorie edilizie previste per le singole zone omogenee" (comma 6), "il mutamento di destinazione d'uso, con opere che incidano sulla sagoma, sui volumi e sulle superfici, con passaggio di categoria edilizia, purché tale passaggio sia consentito dalla norma regionale" (comma 7), nonché "il mutamento di destinazione d'uso nelle zone agricole - zona E" (comma 8).
Quindi, ricapitolando, mentre il mutamento di destinazione d'uso senza opere non assume rilevanza giuridica laddove non si verifichi un passaggio tra categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico, il mutamento di destinazione d'uso (con o senza opere) è sottoposto al regime della denuncia di inizio attività (DIA, oggi SCIA) alla duplice condizione che:
- i) non comporti alcuna trasformazione dell'aspetto esteriore dell'edificio o un aumento dei volumi e delle superfici esistenti;
- ii) non determini un passaggio tra categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico, qualificate sotto il profilo della differenza del regime contributivo in ragione dei diversi carichi urbanistici ai sensi degli artt. 3 e 5 del d.m. n. 1444/1968 (diversamente, gli interessati sarebbero indotti a chiedere il rilascio di un titolo edilizio che sconta il pagamento di un minor contributo per il basso carico urbanistico, per poi mutare liberamente e gratuitamente la destinazione d'uso originaria senza pagare i maggiori oneri che derivano dal maggior carico urbanistico). Negli altri casi il mutamento di destinazione d'uso è sempre rilevante ed è soggetto al preventivo rilascio del permesso di costruire (cfr. TAR Campania Napoli, Sez. IV, 1° dicembre 2014 n. 6195; TAR Campania Napoli, Sez. VII, 22 febbraio 2012 n. 885 e 1° dicembre 2011n. 5612; T.A.R. Campania, II, n. 5964/2018; T.A.R. Campania, III, n. 3206/2016).
Cosa serve per il cambio d'uso di categorie non omogenee?
Il cambio di destinazione d'uso - in definitiva - ha tendenzialmente una giuridica apprezzabilità e, come tale, non può essere liberamente eseguito previa CILA, ma deve essere assentito mediante permesso di costruire.
Il mutamento di destinazione d'uso giuridicamente rilevante, assentibile solo mediante permesso di costruire, in presenza o meno di opere edilizie, è quello tra categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico ed influisce, in via conseguenziale e automatica, sul carico urbanistico senza necessità di ulteriori accertamenti in concreto, poiché la semplificazione delle attività, voluta dal legislatore, non si è spinta fino al punto di rendere tra loro omogenee tutte le categorie funzionali, le quali rimangono sostanzialmente non assimilabili anche in caso di mancato incremento degli standard urbanistici, a conferma della scelta già operata con il d.m. n. 1444/1968 (Tar Napoli, Sez. VII, 27.04.2020, n. 1496).
Nel caso di specie, appare incontestabile al Collegio che venga in rilievo la fattispecie del passaggio tra categorie funzionali disomogenee ed autonome (mutamento da deposito a commerciale), che, perciò solo, integra gli estremi di un mutamento giuridicamente rilevante della destinazione d'uso, soggetto, come tale, al previo rilascio del permesso di costruire, stante la sua idoneità ad incidere sul carico urbanistico (cfr. Cass. pen., III, n. 5770/2017 e n. 12904/2015; Cons. di Stato, sez. VI, n. 1951/2016, sez. IV, n. 974/2015; T.A.R. Campania, III, n. 4249/2017; T.A.R. Lombardia Milano, II, n. 344/2016; TAR Napoli, sez. VII, 06.11.2017, n. 5152).
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