Digital Fabrication and Print 3d con il cemento: RILEM studia le tecnologie e le nuove norme
Stampa 3d o anche additive manufacturing, infatti, non sono più termini sufficienti a raccogliere in un’unica classe la varietà di tecnologie che vengono indagate in tantissime università e centri di ricerca attivi in questo campo.
Si è appena concluso a Delft un incontro del Technical Committee Rilem DFC “Digital Fabrication with cement-based materials”. Il gruppo di studio, istituito nel 2016, raccoglie la partecipazione di numerosi gruppi di ricerca europei che lavorano su diverse tecnologie di fabbricazione, cosiddetta “digitale”, di componenti strutturali realizzati con materiali cementizi.
Stampa 3d o anche additive manufacturing, infatti, non sono più termini sufficienti a raccogliere in un’unica classe la varietà di tecnologie che vengono indagate in tantissime università e centri di ricerca attivi in questo campo. Si va dallo Smart Dynamic Casting sviluppato all’ETH di Zurigo, dove un intero elemento strutturale viene estruso in un unico “getto”, al mesh moulding dove il calcestruzzo è gettato in una fitta gabbia di armatura realizzata da un robot, ancora sviluppato a Zurigo; si passa poi attraverso la “tradizionale” stampa 3d, dove il calcestruzzo è depositato attraverso un estrusore, adoperata a Napoli per realizzare la prima trave in calcestruzzo stampato rinforzata con armatura lenta (a forma di Vesuvio), o ad Eindhoven, dove è stato recentemente realizzato il primo ponte in calcestruzzo precompresso, pedonale, assemblato con blocchi in calcestruzzo stampato, fino al powder bed binding, proposto per primo dal nostro Enrico Dini, dove il legante è allo stato liquido e spruzzato su un letto di sabbia da un robot, in modo da creare strato su strato l’elemento solido; ancora vanno ricordate le tecnologie che prevedono la stampa di casseri in plastica per creare forme complesse, o l’utilizzo di reconfigurable moulding, ovvero casseri per la realizzazione di pannelli, che modificano la loro forma dopo il getto con il calcestruzzo ancora allo stato fresco. E le università ed i centri di ricerca che investono in queste tecnologie di fabbricazione digitale sono di tutto rispetto, si va dall’ETHZ, al TU-Delft, al MIT di Boston, per citare le principali università, oltre a gruppi di ricerca presso altri player, come ad esempio quello presso Arup.
Per l’Italia partecipano l’Università di Napoli Federico II ed il Politecnico di Milano. L’interesse verso queste tecnologie sta rapidamente crescendo e gli stessi produttori di calcestruzzo, ed i produttori di robot e macchine automatiche, sono attentissimi ad i possibili sviluppi che queste attività possono determinare.
All’incontro RILEM ha fatto seguito un interessantissimo workshop che ha illustrato le principali attività portate avanti soprattutto dai colleghi olandesi di Delft ed Eindhoven che ha stimolato un’interessante discussione sulle prossime attività da mettere in campo. Accanto ai temi più tecnologici e di ricerca si è anche discusso della necessità di avviare un dibattito sulla possibile normazione di queste tecnologie. Il percorso per questo obiettivo è ancora lungo, perché solide evidenze scientifiche delle performance che gli elementi realizzati con queste tecnologie sono ancora da costruire, e poi i metodi ed i modelli adoperati per la progettazione ed il calcolo strutturale vanno opportunamente adattati, per descrivere con un’affidabilità accettabile il comportamento che questi elementi sembrano avere.
Che il percorso sia ancora lungo però non vuol dire che non possa essere magari rapido, come ci ha abituato ormai l’innovazione in questi ambiti tecnologici, dove i processi di maturazione delle nuove tecnologie possono essere molto veloci, specie se l’industria offre il supporto che sembra essere disposta ad offrire. Il prossimo incontro RILEM sarà ad aprile proprio a Napoli presso l’università Federico II e promette di essere altrettanto stimolante e ricco di spunti di ricerca e di innovazione.