Sismica | Calcestruzzo Armato | ANIDIS
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Domanda di duttilità in rotazione in telai di calcestruzzo armato soggetti alla componente sismica verticale

Sia il rilievo sul campo dei danni post-terremoto sia le analisi strutturali numeriche indicano che la componente sismica verticale può avere effetti non trascurabili, pure sugli edifici con una configurazione regolare. Inoltre, nella letteratura c’è evidenza che la direzione verticale può non essere un asse principale del moto del suolo, ossia che la componente verticale è correlata statisticamente con le componenti orizzontali. la componente sismica verticale può avere effetti non trascurabili, pure sugli edifici con una configurazione regolareLe proprietà geometriche e meccaniche dei telai e le azioni gravitazionali sono deterministiche, mentre le accelerazioni del suolo sono rumori bianchi gaussiani stazionari filtrati. Il metodo d’analisi è la linearizzazione equivalente stocastica convenzionale, applicato in modo parametrico ad otto telai diversi per il numero dei piani, la classe di duttilità o il suolo di fondazione.

I telai sono assoggettati a tre rapporti delle accelerazioni di picco del suolo ed a sette gradi di correlazione tra le componenti sismiche. Il modello strutturale è a plasticità concentrata, con la legge momento-rotazione che segue un’equazione di Bouc e Wen estesa per l’asimmetria e per l’interazione tra lo sforzo assiale ed il momento flettente ultimi. L’effetto della componente sismica verticale scorrelata risulta essere insignificante, in accordo con le norme che consentono di trascurarla nel progetto degli edifici regolari.

Al contrario, l’effetto della componente verticale correlata con quella orizzontale si rivela molto importante. Soprattutto, la domanda cinematica in rotazione cresce in misura tale che alcuni pilastri, progettati come forti rispetto alle travi, si plasticizzano quasi certamente. Un analogo incremento non si trova per la domanda ciclica ai pilastri, né per ambedue le domande alle travi. Pertanto, in sintesi l’effetto consiste soprattutto nel peggioramento del meccanismo plastico dallo schema globale verso il piano soffice, in termini di domanda di picco più che isteretica.


L'obiettivo dello studio è ampliare le conoscenze sulla componente sismica verticale

La componente sismica verticale è ritenuta secondaria nel progetto strutturale degli edifici comuni. Le norme impongono di combinarla con le componenti orizzontali solo in caso di chiare irregolarità, quali luci notevoli o pilastri in falso, e purché l’accelerazione di picco del suolo (PGA) sia alquanto alta (Decreto 17/1/2018, EN 1998-1 2004). I motivi sono vari. In primis, la resistenza verticale nella combinazione ultima sismica è in eccesso per la concomitanza di pesi minori che in combinazione fondamentale. Il moto verticale del suolo, legato alle onde longitudinali più che alle trasversali, si attenua prima del moto orizzontale. L’amplificazione spettrale è relativamente bassa, perché ai periodi del moto verticale del suolo, sebbene minori di quelli del moto orizzontale, si contrappongono periodi di oscillazione verticale degli edifici che sono davvero corti se governati dalla rigidezza assiale dei pilastri.

Tuttavia, sono stati notati da tempo effetti non trascurabili della componente sismica verticale, quali il danno a metà altezza nei pilastri piuttosto che alle loro estremità, la crisi dei piani intermedi degli edifici, la rottura del sistema resistente verticale contro un danno ben minore del sistema orizzontale (Papazoglou e Elnashai 1996). Rilievi sul campo dopo terremoti recenti lo confermano (Doğangün 2004, Di Sarno et al. 2011).

Numerosi studi mirano al riscontro di tali evidenze in base all’analisi sismica numerica, confrontando le due risposte strutturali in assenza ed in presenza della componente verticale. Una disamina dettagliata delle indagini più significative sugli edifici è rimandata alla Sez. 2; si omettono invece i lavori sui ponti, anche più numerosi. In generale, il moto verticale del suolo si dimostra in grado di innescare livelli di danno, se non modi di rottura, che non si avrebbero per effetto del solo moto orizzontale. Soprattutto, il problema non è esclusivo delle strutture con irregolarità evidenti. Sebbene siano analizzate in maggior numero configurazioni ordinarie, non quelle palesemente irregolari, come conclusione comune si riconosce la necessità di considerare la componente sismica verticale, almeno vicino alle faglie.

Questo studio vuole ampliare le conoscenze sugli effetti della componente sismica verticale, con cura particolare di due aspetti che sembrano meritare maggiore attenzione. Innanzitutto, vari lavori valutano la risposta deterministica di poche strutture, se non una soltanto, ad accelerogrammi specifici, come per un caso di studio. La natura aleatoria del moto sismico del suolo non sembra colta appieno. Inoltre, si vuole esaminare l’effetto della correlazione tra la componente verticale e quelle orizzontali, un tema che è appropriato trattare appunto nell’ambito di una modellazione probabilistica dell’azione sismica. Al riguardo, la letteratura esistente è scarsa ed in essa si trovano indicazioni talvolta contrastanti, come si discute in dettaglio nella Sez. 3.

A tale scopo, si analizzano parametricamente otto telai piani di calcestruzzo armato (CA) con la configurazione regolare e progettati secondo gli Eurocodici. Tra essi varia il numero dei piani, la classe di duttilità o il tipo del suolo di fondazione. Le componenti sismiche sono processi aleatori definiti dalle funzioni densità di potenza spettrale proprie e incrociata. Innanzitutto, ciò consente la compatibilità con l’azione sismica di progetto dei telai, assegnata dalle norme in termini di spettri di risposta. Inoltre, permette di regolare a piacere il grado di correlazione tra le componenti sismiche. Quindi, si stima la domanda cinematica e ciclica della duttilità in rotazione alle regioni critiche dei telai per effetto delle componenti sismiche sia indipendenti sia correlate con grado crescente, applicate con i pesi deterministici.

Il metodo è la linearizzazione equivalente stocastica stazionaria (Roberts e Spanos 2003, Socha 2008), preferita alla simulazione tipo Monte Carlo per mantenere ragionevole l’onere computazionale, al prezzo di una maggiore imprecisione dei risultati. Invero, ciascuno degli otto telai è analizzato in modo parametrico con tre rapporti di PGA nelle due direzioni e con sette gradi di correlazione delle componenti sismiche. Il modello strutturale è deterministico a plasticità concentrata. Il legame costitutivo tra il momento flettente e la rotazione segue un’equazione di Bouc (1967) e Wen (1976) estesa per l’asimmetria e per l’interazione tra lo sforzo assiale ed il momento flettente resistenti (interazione PM) (Colangelo 2017). I parametri sono espressi in funzione della rigidezza e della resistenza fenomenologiche delle membrature di CA (Colangelo 2018).

 

Analisi di edifici con azione sismica verticale

Si segnalano gli studi seguenti in letteratura. Papazoglou e Elnashai (1996) riportano risultati da diversi autori. Uno è che i pilastri possono subire trazione assiale ai piani medi ed alti dei telai soggetti alla componente sismica verticale. Applicando componenti di intensità simile, la variazione della forza assiale per la componente verticale supera la variazione per la componente orizzontale, soprattutto nei pilastri superiori ed interni, sui quali l’effetto della componente orizzontale è minore. Oltre ad incrementare la domanda, la componente verticale può ridurre la capacità di resistenza e di deformazione, sia a flessione sia a taglio.

Di Sarno et al. (2011) confermano la trazione assiale nei pilastri e quantificano l’incremento di compressione assiale fino a 175%, in funzione della compressione dovuta ai pesi. Riportano anche la rottura a flessione come conseguenza dell’interazione PM, nonché la crescita della domanda in rapporto alla capacità a taglio. Ciò risulta da analisi non lineari dinamiche con quattro registrazioni vicino all’epicentro di uno stesso evento. I modelli strutturali sono un singolo pilastro a mensola ed un telaio con due piani e due campate dotato di plasticità distribuita ed effetti del secondo ordine.

Mazza e Vulcano (2012) considerano un telaio con cinque piani isolato alla base con sei valori di rigidezza verticale in rapporto alla rigidezza orizzontale, analizzato con tre accelerogrammi registrati. Il telaio è modellato con elementi finiti bilineari a plasticità concentrata, in numero pari a quattro per le travi ed a uno per i pilastri, dotati di interazione PM. Gli isolatori sono schematizzati con una molla non lineare in parallelo con un dissipatore viscoso lineare in ciascuna direzione. In presenza della componente sismica verticale, la domanda plastica alle estremità dei pilastri, e quella sia alle estremità sia lungo la campata delle travi, aumentano in misura chiara. Gli effetti si accentuano all’ultimo piano e con gli isolatori più rigidi nella direzione verticale. Nasce trazione assiale negli isolatori.

 

Domanda di duttilità in rotazione in telai di calcestruzzo armato soggetti alla componente sismica verticale

 

E’ evidente come gli studi succitati siano di carattere prettamente deterministico. Tra i lavori ai quali si può riconoscere una qualche valenza statistica per il numero delle risposte sismiche elaborate, Moschen et al. (2016) stimano la domanda in accelerazione verticale di picco lungo le linee dei pilastri, per la verifica di elementi non strutturali adiacenti. Usano degli accelerogrammi registrati selezionati per sposare lo spettro di risposta dell’accelerazione sia in media sia in dispersione. Il modello di calcolo è elementare. Si tratta di schemi parziali elastici lineari, calibrati con nove telai. La massa è concentrata nei nodi trave-pilastro, piuttosto che essere distribuita lungo le campate, perché l’interesse è rivolto ai soli modi globali di oscillazione. L’accelerazione verticale del suolo risulta essere amplificata fino a sei volte in media, in funzione dello smorzamento viscoso e dell’altezza.

Harrington e Liel (2016) effettuano analisi dinamiche incrementali con 22 accelerogrammi registrati a distanza dall’epicentro più altri 19 con componente verticale significativa. Le strutture analizzate sono cinque telai piani di CA con due o otto piani, uno dei quali caratterizzato da sbalzi. Il modello consiste di elementi finiti a fibre, in serie con molle puntiformi per la perdita di rigidezza conseguente alla rottura del copriferro ed all’instabilità delle barre, legati allo sforzo assiale nei pilastri. La componente sismica verticale fa crescere la probabilità di collasso per tutti i telai e, come prevedibile, l’effetto peggiore è sul telaio con gli sbalzi.

Infine, lo scrivente conosce soltanto due studi che ricorrono ad un approccio analitico stocastico con la componente sismica verticale. Risalgono ai primi anni ‘80. Lin e Shih (1981) sviluppano una procedura per calcolare i momenti della risposta di edifici con azioni gravitazionali e sismiche orizzontali e verticali. La rigidezza dei pilastri è ridotta in base allo sforzo assiale d’instabilità in rapporto allo sforzo presente, il che implica un’eccitazione verticale parametrica. Il problema è difficile, quindi si fanno semplificazioni di non poco conto.

Si adotta un modello a telaio shear- type elastico lineare. Gli sforzi assiali nei pilastri di ogni piano sono assunti uguali, trascurando la diversa variazione per la componente sismica orizzontale. L’accelerazione verticale del suolo è applicata inalterata a tutti i piani, in coerenza con la rigidezza assiale infinita dei pilastri. Le accelerazioni del suolo sono modellate come rumori bianchi gaussiani modulati in ampiezza. L’intensità spettrale dell’accelerazione verticale è fissata al 64% di quella orizzontale, per un corrispondente rapporto delle PGA pari a 0.80. L’intensità spettrale incrociata è trascurata, ossia le componenti sono assunte essere scorrelate. Circa i risultati, con una componente orizzontale così bassa da garantire il comportamento elastico, la componente verticale fa crescere del 10% circa le varianze dello spostamento in copertura e del taglio alla base di un telaio di sei piani.

Successivamente, gli stessi autori (Shih e Lin 1982) analizzano un sistema isteretico bilineare, con la semplificazione di un grado di libertà soltanto. Nel caso peggiore di non linearità più accentuata, la componente verticale accresce del 18% le varianze dei due spostamenti di picco e residuo.

 

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Articolo tratto dagli atti del XVIII Convegno ANIDIS - Ascoli Piceno 2019

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Felice Colangelo

Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile-Architettura e Ambientale – Università de L’Aquila

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