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Doppio reato edilizio: sempre esclusa la tenuità del fatto

La Cassazione precisa che per chi commette due reati edilizi all’interno dello stesso edificio (ossia viola due norme della stessa specie) è esclusa la non punibilità

Non esiste tenuità del fatto se i reati edilizi commessi sono due. La Cassazione, nella sentenza 44319 del 19 ottobre, esprime un concetto chiaro: la violazione contemporanea di due disposizioni di legge della stessa specie comporta l’inapplicabilità della non punibilità (art.131-bis del Codice penale) nel caso in cui l’offesa al bene tutelato sia di lieve entità.

Nel caso specifico, l’autore degli abusi e ricorrente aveva costruito un soppalco, alzando il tetto, aprendo anche due punti luce sulla facciata esterna di un palazzo situato in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, senza disporre ne della Dia ne del permesso di costruire.

La Cassazione ha respinto tutte e giustificazioni, annullando solamente la sanzione perché, in virtù della sentenza della Corte Costituzionale 56/2016, il delitto paesaggistico è derubricato a semplice contravvenzione se con l’abuso non si verifica un aumento del volume superiore al limite indicato (art.181 comma 1-bis del d.lgs. 42/2004).

Per la Cassazione, comunque, non si può parlare di offesa di particolare tenuità: non è stato accolta la tesi, espressa dal ricorrente già in primo grado, secondo cui l’altezza di 2,30 metri avrebbe escluso l’abitabilità, a fronte di una previsione di legge che fissa la soglia minima a 2 metri e 70. Questo perché i 40 centimetri in meno sono certamente di ostacolo all’agibilità, ma non impediscono al proprietario dell’immobile di vivere comodamente nel suo piano ammezzato con doppi servizi.

Ma, in ogni caso, essendo state violate in contemporanea più disposizioni penali, ossia il codice sui beni paesaggistici già citato (d.lgs. 42/2004) e il testo unico sull’edilizia (art.44, lett.c), Dpr 380/2001), la tenuità del fatto, abitabilità a parte, non avrebbe comunque avuto ragione d’essere.

Infine, si segnala che non conta neppure la questione sollevata dalla difesa sulla legittimazione del vicino, che non aveva provato alcun danno, a costituirsi parte civile. La Cassazione infatti ribadisce nel caso di abusi edilizi il proprietario confinante può costituirsi parte civile non solo se vengono violate le norme civili che regolano le distanze tra le costruzioni, ma anche nel caso di inosservanza di queste indipendentemente dalle distanze. Nel caso specifico, l’innalzamento del solaio con conseguente aumento della volumetria abitabile e del carico urbanistico, compiuto violando le norme sulle costruzioni, era potenzialmente idoneo a produrre un danno al vicino.
 

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