DPI e DPC: Dispositivi Sicurezza | Sicurezza | Sicurezza Lavoro
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DPI: gli obblighi di legge, le tipologie e le sanzioni

Un attento approfondimento sui Dispositivi di Protezione Individuale sulle loro caratteristiche sugli obblighi previsti dall D.Lgs 81/08 e sulle sanzioni previste

I lavoratori sono spesso esposti a rischi particolari durante le loro attività lavorative ed è quindi fondamentale eliminare questi pericoli o, per lo meno, ridurli il più possibile. Allo scopo devono essere messe in atto procedure organizzative del lavoro che permettano di esporre i lavoratori a un minore rischio e, se ciò non è fattibile, bisogna ricorrere ai Dispositivi di Protezione Collettiva, i cosiddetti “DPC”. Tuttavia capita che in certe circostanze le procedure organizzative e i DPC non siano attuabili, entrano così in gioco i Dispositivi di Protezione Individuale (in seguito chiamati semplicemente “DPI”). Essi devono essere scelti con cura in funzione del rischio al quale il lavoratore è esposto e devono essere indossati sempre quando permane il pericolo per la salute di quest'ultimo. Lo scopo dei DPI, quindi, non è quello di eliminare il rischio, ma di diminuire il danno che ne consegue per la salute, contribuendo così alla riduzione di molte malattie e infortuni sul lavoro.

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Che cosa sono esattamente i Dispositivi di Protezione Individuale (DPI)

Il 15 maggio 2008 è entrato in vigore il Decreto Legislativo n. 81, anche chiamato “Testo Unico sulla salute e la sicurezza negli ambienti di lavoro”. Viene chiamato “Testo Unico” (T.U.) poiché ha abrogato le precedenti norme in vigore, talvolta accogliendole al suo interno come è avvenuto per il D.Lgs. 494/96 (nel titolo IV dedicato ai cantieri temporanei e mobili) e il D.Lgs. 626/94. Nel corso degli anni la norma ha subito numerosi aggiornamenti e integrazioni. Il primo decreto che ha modificato significativamente il “Testo Unico” è stato il D.Lgs. 106/09, che ha assegnato obblighi e doveri ai soggetti con compiti di sicurezza e ha stabilito un opportuno sistema sanzionatorio; uno degli ultimi aggiornamenti, di grande importanza in materia di Dispositivi di Protezione Individuale, è stato quello apportato dal D.Lgs. 17/19 che ha adeguato la normativa vigente al nuovo regolamento europeo n. 2016/425 sui DPI. Tale regolamento riguarda la progettazione, la realizzazione e la produzione dei dispositivi.

La sua definizione contenuta nel D. Lgs. 81/08

Il Capo II del Titolo III del T.U., al comma 1 dell'art. 74 definisce i DPI come "qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo".
Rientrano quindi tra i DPI l'elmetto, gli occhiali, le cuffie antirumore, i guanti antitaglio, le scarpe antinfortunistica, le imbracature di sicurezza, ma lo sono anche le loro combinazioni quando è necessaria una protezione da rischi simultanei, come ad esempio l'elmetto con visiera che protegge sia dalla caduta di oggetti dall'alto che da eventuali schegge negli occhi.

Ci sono poi tutta una serie di dispositivi che non sono soggetti alla normativa e sono riportati nel comma 2 dell'art. 74. Quali sono?

Gli indumenti di lavoro ordinari che non hanno lo scopo di proteggere la salute del lavoratore da un rischio specifico (es. tute, uniformi ecc.), le attrezzature per il soccorso e il salvataggio (es. salvagenti, ecc.), le attrezzature di protezione individuale delle forze armate, di polizia e del personale per il mantenimento dell'ordine pubblico (caschi, scudi antisommossa, giubbotti antiproiettile, armi, ecc.), le attrezzature di protezione individuale proprie dei mezzi di trasporto (es. la cintura di sicurezza del camion anche se utilizzato per attività lavorativa, caschi per motociclisti, ecc.), i materiali sportivi quando utilizzati a fini specificamente sportivi (es. ginocchiere, paracolpi, ecc.), i materiali per l'autodifesa o la dissuasione (es. spray urticanti, manganelli dalle forze dell'ordine, ecc.), apparecchi portatili per individuare rischi e fattori nocivi.

L'art. 76 del T.U. afferma che i DPI devono essere conformi alla norma UE 2016/425, devono recare il marchio CE e "devono inoltre essere adeguati ai rischi da prevenire senza comportare di per sé un rischio maggiore, essere adeguati alle condizioni esistenti sul luogo di lavoro, tenere conto delle esigenze ergonomiche o di salute del lavoratore, poter essere adattati all'utilizzatore secondo le sue necessità". Inoltre, come accennato in precedenza, i dispositivi devono essere tra loro compatibili per poter essere utilizzati contemporaneamente mantenendo la loro efficacia nel caso di rischi multipli.

Le categorie dei DPI e le relative caratteristiche

Sul mercato si trovano numerose tipologie di DPI, per far fronte ai diversi pericoli che si possono verificare sul posto di lavoro. Ognuno è appositamente studiato al fine di evitare che in seguito al rischio si verifichi un danno, seppur di lieve entità, per il lavoratore.

DPI: la classificazione in tre categorie

I dispositivi sono quindi stati classificati in tre grandi categorie: I, II e III.

Una prima caratterizzazione delle tre classi era contenuta nell'art. 4 del D.Lgs. 475/92, il quale recepiva la vecchia direttiva 89/686/CEE non più in vigore. Questo articolo è stato in seguito abrogato e il decreto riscritto quasi completamente dal D.Lgs. 17/19, che ha recepito il nuovo regolamento UE 2016/425 sui DPI. Quest'ultimo ha leggermente modificato la suddivisione delle tre categorie indicando i rischi dai quali si è protetti utilizzando un dispositivo di prima, seconda o terza categoria. Un esempio sono i dispositivi di protezione dell'udito che con il regolamento UE vengono inseriti nella III categoria, mentre il D.Lgs. 475/92 li poneva in II categoria.

Alcune tipologie di dispositivi si ritrovano in tutte e tre le categorie, ma, passando dalla prima alla terza, aumentano il loro grado di protezione poiché a categoria maggiore corrisponde un rischio maggiore e quindi un danno più grave. Ad esempio, i guanti si trovano in tutte e tre le classi ma le loro prestazioni sono notevolmente diverse tra loro (guanti in cotone, guanti contro aggressioni chimiche, guanti ignifughi), e lo stesso accade per gli indumenti, i copricapo e gli occhiali.

Le certificazione dei DPI

Alla prima categoria di DPI appartengono i dispositivi che vengono certificati direttamente dal produttore, il quale, secondo il nuovo regolamento europeo, deve anche provvedere a un controllo interno della produzione. Questi dispositivi servono per proteggere da danni lievi che non causano conseguenze irreversibili: le lesioni superficiali, il contatto con detergenti poco aggressivi o il contatto prolungato con l'acqua, il contatto con superfici calde di temperatura non superiore a 50 °C, l'esposizione ai raggi solari, le condizioni atmosferiche non estreme. A titolo di esempio, si citano: occhiali da sole, guanti da giardinaggio, copricapo leggeri, ecc.

Alla terza categoria appartengono i dispositivi che proteggono la vita del lavoratore da un danno irreparabile (la morte), o grave e permanente (paralisi, cecità, ecc.). La norma specifica che i DPI di terza categoria devono essere marchiati CE, devono essere utilizzati solo da personale addestrato mediante corsi di formazione che richiedono aggiornamento continuo (ogni cinque anni) e devono essere certificati da un organismo notificato. L'organismo deve anche provvedere a un controllo interno della produzione e all'effettuazione di test a campione sul prodotto. Inoltre, il produttore deve garantire la qualità del processo di produzione poiché ogni dispositivo deve essere conforme al tipo omologato.

Indossando un dispositivo di terza categoria si è protetti contro i rischi procurati dagli agenti biologici nocivi, dalle radiazioni ionizzanti, dagli ambienti con temperature tali da causare effetti comparabili a quelli di una temperatura dell'aria pari o superiore ai 100 °C o pari e inferiore a -50 °C, dalle cadute dall'alto, dalle scosse elettriche, dall'annegamento, dalle sostanze e miscele pericolose per la salute, dalle atmosfere carenti di ossigeno, dal rumore. Infine, la norma europea inserisce in questa categoria anche i dispositivi che offrono protezione contro i tagli causati da seghe a catena portatili, dalle ferite provocate da proiettili o coltelli e dai getti ad alta pressione. Di questa categoria fanno parte, ad esempio, gli indumenti ignifughi, la cintura di trattenuta, l'imbracatura di sicurezza per lavori in quota, le maschere respiratorie con filtri diversi in base al tipo di inquinante, gli autorespiratori, gli inserti auricolari e le cuffie antirumore (devono assorbire le frequenze dannose per l'udito e non quelle necessarie per la comunicazione!), gli schermi e gli occhiali per la saldatura ad arco.

Infine, alla seconda categoria appartengono tutti i DPI che non rientrano nelle altre due e devono proteggere da rischi di media entità. Questi dispositivi devono essere marchiati CE, certificati da un organismo notificato ed è necessario un controllo interno, a campione, della produzione come per i dispositivi di III categoria. Qualche esempio? Indumenti e accessori ad alta visibilità, occhiali di protezione contro i raggi X e le radiazioni ultraviolette e infrarosse, giubbotti di salvataggio in mare, zattere autogonfiabili, mute e guanti da sub, ramponi per ghiaccio, calzature e indumenti che non rientrano nelle altre due categorie, ecc.

DPI: quali sono gli obblighi previsti per legge?

Il D.Lgs. 81/08 ha introdotto obblighi e responsabilità per i soggetti con compiti di sicurezza, ma quali sono, di preciso, questi obblighi? A chi spetta la scelta dei DPI? Chi ne risponde?

L'art.77 del D.Lgs. 81/08 conferisce al datore di lavoro il compito di scegliere e consegnare i DPI ai lavoratori dopo averli informati, formati ed eventualmente addestrati. Il datore di lavoro deve, in primis, effettuare l'analisi e la valutazione dei rischi che non possono essere evitati con altri mezzi, in seguito individuare le caratteristiche necessarie dei DPI affinché questi siano adeguati ai rischi e, infine, individuare le condizioni in cui un DPI deve essere usato (in funzione dell'entità del rischio, della frequenza di esposizione al rischio, delle caratteristiche del posto di lavoro e delle prestazioni del DPI ovvero la categoria di appartenenza). Al datore di lavoro spetta altresì l'obbligo di mantenere in efficienza i DPI e assicurarne le condizioni di igiene, informare il lavoratore in merito ai rischi dai quali il DPI lo protegge e provvedere a una formazione adeguata, se necessario uno specifico addestramento, per i lavoratori circa l'uso dei dispositivi stessi. L'art. 77, comma 5, del D.Lgs. 81/08 ricorda che l'addestramento è indispensabile per i DPI di terza categoria e per i dispositivi di protezione dell'udito. 

Una volta scelti i DPI e consegnati ai lavoratori, cosa devono fare questi ultimi? Devono sottoporsi al programma di formazione e addestramento previsto dal datore di lavoro, devono indossare i dispositivi e prendersene cura senza apportarvi modifiche. Al termine dell'utilizzo, i DPI devono essere riconsegnati e qualora il lavoratore abbia riscontrato dei difetti, è tenuto a comunicarli immediatamente al dirigente o al preposto. 

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Si ringrazia l'Ordine degli Ingegneri della provincia di Torino per la gentile collaborazione

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