Facciata ventilata: come progettare l’intercapedine in modo da attivare l'effetto camino
La progettazione di una facciata ventilata passa attraverso l'attenzione ad ogni suo dettaglio; in questo articolo un approfondimento sul dimensionamento dell'intercapedine d'aria.
La facciata ventilata è un’opportunità progettuale che risponde in maniera significativa sia ad esigenze espressive e compositive sia alle problematiche di risposta termica estiva e igrotermica invernale delle pareti dell’edificio. Ma occorre fare molta attenzione ad ogni suo aspetto a partire dalla progettazione dell'intercapedine d'aria.
La facciata ventilata è come una carta jolly in mano al progettista. Una carta potente ma da gestire con oculatezza.
La facciata ventilata: da una semplice idea alla complessità delle sue funzioni
Mi piace pensare la facciata ventilata come ad una carta jolly in mano al progettista. Che la potrà usare in maniera insolita, magari inaspettata, per dare quel tocco deciso e creativo in più, un tocco che può veramente caratterizzare il progetto.
Ma progettare una facciata ventilata non è semplice né banale, perché mette in gioco le più disparate caratteristiche fisiche e tecniche e richiede un approccio veramente interdisciplinare di più specialisti.
L’idea iniziale è semplice. Spesso passeggiando sulle nostre montagne ci siamo imbattuti in case di pietra o in muratura rivestite di scandole di legno, spesso inclinate e in parte sovrapposte fra loro, montate su listelli in legno che fuoriescono dal muro retrostante. Erano le prime facciate “ventilate” cioè staccate dal muro, dette anche “di sacrificio” perché difendevano, “con il loro corpo” la casa da pioggia, vento, grandine, neve, animali. E quando non erano più in grado di difendere i muri venivano sostituite. Sacrificate al posto dei più costosi muri.
Quell’idea iniziale si è ampliata: da semplice schermo di protezione la facciata ventilata si è evoluta diventando finitura estetica di pregio, protezione dal surriscaldamento estivo, valido aiuto allo smaltimento dell’umidità dei muri in inverno, protezione agli agenti atmosferici, protezione da insetti ed animali, protezione dagli urti, protezione dai rumori esterni. “Tanta roba”, direbbe qualcuno.
E proprio perché ha assunto questa connotazione ampia, per la progettazione della facciata ventilata debbono concorrere più progettisti delle varie specializzazioni.
Partiamo dall’inizio: cos’è una facciata ventilata?
È uno schermo che viene posto davanti al muro esterno di un edificio, separato da esso da una lama d’aria di almeno 4/5 cm. In base ad una determinata combinazione di alcuni parametri fra i quali il più importante è lo spessore di questa intercapedine, all’interno di essa può instaurarsi un flusso d’aria ascendente dovuto al cosiddetto “effetto camino”.
In pratica l’aria presente all’interno dell’intercapedine si scalda, diminuisce la sua densità, diventa quindi più leggera e riceve così una spinta verso l’alto. Questo flusso ha effetti benefici in estate, perché allontana il calore penetrato attraverso lo schermo esterno, e in inverno, perché questo flusso d’aria allontana l’umidità spinta verso l’esterno dei muri dal gradiente igrotermico interno-esterno.
Lo schermo
Quindi la facciata ventilata è composta da uno schermo e da un’intercapedine retrostante. Lo schermo può essere realizzato con i più svariati materiali: possono essere utilizzati materiale lapideo naturale (piastrelle o lastre in pietra), materiale lapideo riagglomerato, lastre in ceramica, il fibrocemento, piastrelle in gres, in laterizio, in legno, in plastica, in metallo… e possono avere diversi formati: quadrati, rettangolari, a listelli.
I vari elementi possono essere montati accostati, sormontati e sigillati e allora si ha lo schermo a giunto chiuso (tale da impedire il passaggio di aria e acqua), oppure posti con una discontinuità che può permettere un passaggio incontrollato di aria e acqua e allora si parla di giunto aperto.
Lo schermo ha principalmente una valenza di composizione architettonica perché i materiali utilizzati, il disegno estetico delle finiture e dei bordi e i pattern di montaggio degli elementi caratterizzano fortemente i prospetti e il contenuto formale e compositivo dell’edificio. Si può passare da un effetto di architettura vernacolare ad una soluzione ipertecnologica futuristica.
La sottostruttura
Naturalmente lo schermo deve essere sostenuto da una sottostruttura portante che deve scaricare il peso (eccentrico) sulla struttura portante dell’edificio. La progettazione della sottostruttura è, sicuramente, la parte più complessa e complicata del sistema. Ed è proprio questa la fase nella quale deve necessariamente essere predisposta la progettazione integrata multidisciplinare.
Innanzitutto deve essere deciso il materiale e lo schema statico della sottostruttura. I più visti sono i seguenti:
- sottostruttura in acciaio con attacchi sulla struttura portante del tipo puntuale o lineare o spaziale;
- in acciaio con mensole a braccetto che sospendono lo schermo
- in acciaio con profili continui montati a doppia orditura
- in acciaio con orditura verticale
- in legno, con listelli verticali ancorati tramite viti a doppio filetto o chiodi alla retrostante struttura specie quando anch’essa è in legno (struttura in xlam o a telaio).
In realtà le modalità di realizzazione della sottostruttura presenti in commercio sono tantissime, caratterizzate spesso da sistemi chiusi brevettati, ognuna con un suo particolare aggancio degli elementi che compongono lo schermo e che ne danno l’impronta estetica: attacchi a vista, a scomparsa, a giunto aperto, a giunto chiuso…
La sottostruttura quindi deve sostenere il peso e trasmetterlo alla struttura portante, e qui serve la figura dello strutturista, che dovrà anche valutare l’effetto del vento sia quando questo spinge sulla facciata sia quando questa è in sottopressione.
La struttura portante, per collegarsi alla struttura portante retrostante, deve attraversare lo strato isolante e interrompere lo strato di tenuta al vento e alla pioggia.
E qui entra in campo il fisico edile che sovrintende al funzionamento termo-igrometrico del pacchetto isolante e che deve far sì che la struttura portante non crei ponti termici, condense interstiziali, diminuzioni di resistenza termica, infiltrazioni di acqua meteorica o di umidità, e soprattutto deve sincerarsi che la sottostruttura, così come progettata, permetta l’innesco dell’effetto camino. Parimenti il tecnico acustico dovrà verificare che l’insieme schermo+sottostruttura determini un aumento dell’isolamento acustico di facciata e che non ne comprometta invece il buon risultato acustico.
Il tecnico dell’antincendio dovrà a sua volta verificare che i camini di ventilazioni non permettano il propagarsi di fiamme, che i materiali utilizzati siano consoni alla protezione al fuoco.
Il tecnico dei serramenti dovrà armonizzare il sistema di facciata ventilata con gli infissi scelti, con le caratteristiche dei serramenti, dei monoblocchi e delle cassette degli avvolgibili.
In questa fase si deve esplicare (ed è indice di progettazione intelligente) la reciproca collaborazione fra i progettisti specialisti e i produttori del sistema di facciata e dei serramenti in modo da gestire il progetto in forma integrata.
La normativa di riferimento
Stiamo a poco a poco comprendendo che la facciata ventilata va progettata accuratamente, in ogni sua singola parte. La normativa di riferimento è la UNI 11018 del 2003 “Rivestimenti e sistemi di ancoraggio per facciate ventilate a montaggio meccanico. Istruzioni per la progettazione, l’esecuzione e la manutenzione. Rivestimenti lapidei e ceramici”.
Come si evince dal titolo la norma è focalizzata sostanzialmente sui sistemi di ancoraggio e sulle tipologie dei rivestimenti limitatamente a materiali lapidei e ceramici. La norma, datata 2003, è in corso di revisione e se ne è parlato di recente su Ingenio in un'intervista che l’ing. Stefania Alessandrini ha fatto all’arch. Paolo Valera coordinatore del Gruppo di Lavoro n. 24 che si sta occupando proprio della revisione della norma.
L’altra norma utile nei calcoli è la UNI EN ISO 6946 “Resistenza termica e trasmittanza termica” .
Il dimensionamento dell’intercapedine ventilata
Abbiamo già visto che il motivo che porta alla scelta di una facciata ventilata, in parallelo alle motivazioni di estetica architettonica, è lo sfruttamento dell’effetto camino in termini termo-igrometrici: il movimento dell’aria all’interno dell’intercapedine collabora alla diminuzione dell’onda termica che penetra in estate verso l’interno dell’abitazione: infatti per diminuire il calore degli spaghetti sulla forchetta noi ci soffiamo sopra.
Lo stesso movimento d’aria aiuta, in inverno, ad allontanare l’umidità che fuoriesce dai muri spinta verso l’esterno dal gradiente termo-igrometrico: per asciugarci le mani noi ci soffiamo sopra… Inoltre lo spessore dell’intercapedine e la sua modalità di ventilazione incidono sulla resistenza termica dell’intero pacchetto isolante.
Dobbiamo allora comprendere come progettare l’intercapedine in modo da regolarne l’instaurarsi del movimento dell’aria.
La norma UNI 11018 introduce una prima definizione:
Facciata microventilata (o a schermo avanzato): parete opaca di facciata in cui il rivestimento esterno è costituito da elementi di varia fattura, messi in opera a secco tramite dispositivi di sospensione e fissaggi di tipo meccanico, il cui lato nascosto rimane separato dal fronte di parete retrostante (sul quale può trovarsi un pannello termoisolante) tramite un’intercapedine sottile, la quale ha uno spessore comunque sufficiente a interrompere la continuità fisica fra il rivestimento esterno e gli strati della parete.
Questa non è una facciata ventilata perché il minimo spessore dell’intercapedine (spessore 2 cm) non permette l’innesco dell’effetto camino.
La stessa norma definisce invece:
Facciata ventilata: tipo di facciata a schermo avanzato in cui l’intercapedine tra il rivestimento e la parete è progettata in modo tale che l’aria in essa presente possa fluire per effetto camino in modo naturale e/o in modo artificialmente controllato, a seconda delle necessità stagionali e/o giornaliere, al fine di migliorarne le prestazioni termoenergetiche complessive.
Quindi l’essenza stessa della facciata ventilata è costituita dalla sua intercapedine e, in particolare, dall’entità della ventilazione, che in base alle sue dimensioni geometriche (lunghezza L in m) e alla sezione totale delle aperture di ventilazione in alto e in basso per ogni metro di larghezza della parete (s’ in m2), può essere suddivisa in tre classi:
Attraverso questa tabella è così possibile dimensionare le dimensioni dell’intercapedine affinché si inneschi l’effetto-camino.
Ad esempio se la facciata è alta L=20 m e voglio ottenere una facciata mediamente ventilata con s’/L=0,004 (valore interno al range 0,002÷0,05) allora s’=L x 0,004 = 20 x 0,004 = 0,08 m2 e se le aperture in alto e in basso sono uguali allora ognuna di esse avrà area= 0,04 m2, ed essendo relativa ad ogni metro di parete (larghezza) allora lo spessore dell’intercapedine sarà di 4 cm.
Il calcolo termo-igrometrico
Una volta innescato il meccanismo dell’effetto camino possiamo verificare (o riprogettare) l’intercapedine definita sulla base del suo comportamento termo-igrometrico. Facciamo allora riferimento alla UNI EN ISO 6946.
La norma al punto 5.3.1 prende in considerazione l’intercapedine d’aria non ventilata (tipologia che magari non rappresenta propriamente il nostro caso ma che, vedremo, può venirci utile più avanti) che è quella in cui “non vi è una specifica configurazione affinché l’aria possa attraversarla”, e ne riporta i valori di resistenza termica che nel caso di flusso termico orizzontale sono, per questi tre spessori, i seguenti:
Riporto qui una annotazione importante della norma: un’intercapedine d’aria non separata dall’esterno da uno strato isolante ma con piccole aperture verso l’ambiente esterno, deve essere considerata come intercapedine non ventilata se queste aperture non sono disposte in modo da permettere un flusso d’aria attraverso l’intercapedine e se non sono maggiori di 500 mm2 per metro di lunghezza.
La norma poi tratta della intercapedine d’aria debolmente ventilata, che è quella nella quale vi è un passaggio d’aria limitato, proveniente dall'ambiente esterno attraverso aperture aventi le seguenti caratteristiche:
500 mm2 2
in questo caso la resistenza termica utile R è uguale alla metà del valore corrispondente di un’intercapedine d’aria non ventilata.
Infine la norma tratta delle intercapedini d’aria fortemente ventilate, che sono quelle per cui le aperture fra l’intercapedine d’aria e l’ambiente esterno sono maggiori di 1500 mm2.
In questo caso nel calcolo della Resistenza termica R si trascurano il contributo dell’intercapedine stessa e di tutti gli strati che la separano dall’ambiente esterno.
La Resistenza superficiale Rse da considerare non sarà quella tipica degli spazi esterni (Rse=0,04 m2K/W) ma quella tipica dell’aria immobile (0,13 m2K/W).
Ora la facciata ventilata non ha più segreti.
...CONTINUA.
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