Calcestruzzo Armato
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I getti massivi e le variazioni termiche nel calcestruzzo

Analisi delle variazioni termiche nelle opere realizzate con getti massivi

La norma UNI EN 206-1, nel definire le situazioni di ipotetica aggressione cui può andare incontro una struttura nel corso della sua vita nominale, definisce i parametri composizionali che deve soddisfare la prescrizione del calcestruzzo per assicurare la durabilità della struttura.

Accade così di frequente che in sede di specifica progettuale, il contenuto minimo di cemento venga prescritto senza alcuna preliminare valutazione degli effetti indotti nella massa di calcestruzzo dal potenziale riscaldamento prodotto dalle reazioni di idratazione del cemento. Ciò diventa particolarmente critico ogni qual volta le strutture escono dal perimetro “classico” degli elementi portanti (per esempio pilastri e travi) per assumere dimensioni e volumi di maggiore sviluppo (per esempio fondazioni speciali, pareti di elevato spessore, pile).

Per le strutture di grande mole (o massive), i contenuti di cemento prescritti ai fini della durabilità possono quindi determinare delle problematiche sulla qualità e monoliticità dei manufatti se non sono sufficientemente corredati da valutazioni tecnologiche sui rischi derivanti da incontrollati sviluppi di calore (vedi fessurazioni di entità più o meno ampia) e senza opportune prescrizioni sulle regole elementari di esecuzione nonché sulle procedure di maturazione dei getti.

La limitazione delle fessurazioni da sviluppo termico è uno dei temi più ricorrenti di questi ultimi anni nel settore delle costruzioni. Questa fenomenologia è certamente sempre esistita, ma negli ultimi anni esigenze costruttive e cementi di maggiore performance tecnologica (in elevati dosaggi) hanno finito per incrementarla.

Nella presente nota non si intende passare in rassegna la trattazione teorica sulla gestione delle strutture massive, peraltro contenuta in modo esaustivo nei testi della bibliografia, si intende invece concentrare l’attenzione sugli elementi di base del fenomeno “termico” e sulle principali regole di calcolo/prescrizione da adottare in sede di progetto nella specifica degli ingredienti di base del calcestruzzo.

 

I cementi di oggi e le variazioni di temperatura nel calcestruzzo

Come tutti i materiali da costruzione, anche il calcestruzzo subisce delle deformazioni a seguito delle variazioni di temperatura. I gradienti termici possono essere esterni cioè determinati dall’ambiente in cui opera la struttura oppure interni, derivanti dallo sviluppo di calore generato dalle reazioni esotermiche di idratazione del cemento.

Il calcestruzzo pertanto si dilata a seguito di un aumento di temperatura e si contrae quando questa diminuisce. Le variazioni di temperatura e le variazioni dimensionali a essa associata generano tensioni meccaniche di trazione negli elementi strutturali che in alcuni casi possono produrre fessurazioni laddove le tensioni in gioco superano la capacità di resistenza del materiale; pertanto si possono distinguere fenomeni fessurativi associati al riscaldamento del calcestruzzo e fenomeni fessurativi prodotti dal processo di raffreddamento.

I primi sono particolarmente critici per le strutture massive, intendendo per strutture massive quelle strutture la cui sezione minima supera il valore di 60-80 cm (pareti di grosso spessore, pile da ponte, plinti, platee da fondazione, conci delle dighe) (figura 1).

I secondi riguardano quei manufatti di sezione più sottile e a elevato sviluppo superficiale (es. pareti di serbatoi, lastre delle pavimentazioni).

I getti massivi e le variazioni termiche nel calcestruzzo

Figura 1. La situazione “estrema” di un calcestruzzo massivo, gravemente lesionato a seguito di uno sviluppo termico “incontrollato”.
 

La conoscenza dei parametri che governano il fenomeno è estremamente importante per il controllo e la prevenzione delle fessure, soprattutto nell’ottica della durabilità della struttura e del mantenimento dei livelli di servizio/sicurezza dell’opera previsti per legge.

Il fattore chiave che governa tale problema è lo sviluppo di calore che si genera a seguito dell’idratazione dei composti mineralogici del cemento. Infatti, come generalmente avviene nelle trasformazioni chimiche o chimico-fisiche anche l’idratazione del cemento è accompagnata dallo sviluppo di calore. Questo è la risultante di molteplici effetti sia endotermici che, esotermici.

Il calore di idratazione è la sommatoria dei calori di idratazione dei vari componenti, dei calori delle trasformazioni delle fasi idrate e dei calori di adsorbimento dell’acqua sui prodotti dell’idratazione.

In via teorica, il calore di idratazione dei cementi potrebbe essere calcolato sommando i calori di idratazione dei componenti puri, moltiplicati per le rispettive percentuali dedotte dalla composizione mineralogica del cemento.

Questo criterio, accettabile forse se si riferisce a campioni maturati per anni e quindi completamente idratati, non è applicabile nei casi pratici nei quali si chiede di conoscere il grado di idratazione sviluppato dopo pochi giorni o poche settimane; infatti il grado di idratazione varia, a parità di stagionatura, a seconda del tipo di cemento e delle corrispondenti classi di resistenza. 

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