Sismica
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Il comportamento degli elementi non-strutturali: approfondimento sulle performance sismiche

Panoramica delle attuali conoscenze sia dal punto di vista degli studi sperimentali focalizzati alla definizione della fragilità sismica degli elementi non-strutturali che della valutazione della domanda sismica, il tutto nell’ottica del performance-based design.

Performance sismiche degli elementi non-strutturali: considerazioni sulla domanda sismica e sui dati sperimentali attualmente disponibili 

I danneggiamenti osservati durante i passati terremoti hanno messo in evidenza come gli elementi non-strutturali rappresentino una delle maggiori problematiche sia dal punto di vista delle perdite economiche che dell’immediata funzionalità delle strutture nell’emergenza post-sisma. Per tale motivo, gli elementi non-strutturali rappresentano negli ultimi anni un importante filone della ricerca nell’ambito dell’ingegneria sismica. Nell’ottica del performance-based design ed in particolare nella valutazione delle perdite attese, gli elementi non-strutturali rivestono un ruolo fondamentale.

Nel presente lavoro si propone una panoramica delle attuali conoscenze sia dal punto di vista degli studi sperimentali focalizzati alla definizione della fragilità sismica degli elementi non-strutturali che della valutazione della domanda sismica, il tutto nell’ottica del performance-based design.

I numerosi eventi sismici che si sono susseguiti negli ultimi anni hanno messo in evidenza come nonostante una buona progettazione sismica possa garantire delle performance strutturali adeguate, gli edifici possano comunque risultare inagibili a causa del danneggiamento degli elementi non-strutturali (Villaverde, 1997). Gli elementi non-strutturali sono costituiti da tutte le componenti presenti nell’edificio che nonostante non facciano parte del sistema strutturale sono comunque soggette alle azioni dinamiche derivanti da un evento sismico.

Classificazione degli elementi non strutturali

I moderni codici normativi classificano gli elementi non-strutturali in tre principali categorie: elementi architettonici, contenuti ed elementi impiantistici.
Gli elementi architettonici includono per esempio i controsoffitti le partizioni interne, le vetrate e tutti gli elementi che completano l’edificio.

Gli elementi impiantistici sono realizzati all’interno dell’edificio e si rendono indispensabili per la sua funzionalità, tra essi possono essere annoverati gli impianti di condizionamento ed antincendio.

Infine i contenuti sono gli elementi che appartengono ai proprietari o agli occupanti e sono principalmente legati alla destinazione d’uso dell’edificio, tra essi rientrano ad esempio le librerie, i computer e l’arredamento interno.

Uno studio condotto da Miranda e Taghavi nel 2003 ha evidenziato come i costi connessi alle parti non-strutturali e agli impianti rappresentino gran parte degli investimenti totali nella realizzazione di un edificio (Figura 1). La ripartizione dei costi tra struttura e componenti non-strutturali è connessa principalmente alla destinazione d’uso dell’edificio nelle strutture ospedaliere, per esempio, la parte strutturale rappresenta solo l’8% degli investimenti economici complessivi.

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Figura 1- Suddivisione degli investimenti economici in tipiche tipologie strutturali (Filiatrault e Sullivan, 2014)

I danni sismici sugli elementi non-strutturali

I danni indotti agli elementi non-strutturali durante i recenti terremoti hanno dimostrato la loro elevata suscettibilità alle azioni sismiche. Gli elementi non-strutturali generalmente sono soggetti a danneggiamenti per intensità sismiche inferiori rispetto a quelle che comportamento il danneggiamento della struttura, di conseguenza questo comportamento può influenzare significativamente l’immediata funzionalità a seguito di un sisma. Questa considerazione è di particolare importanza qualora si abbia a che fare con strutture di importanza strategica come gli ospedali e le scuole; tali strutture devono garantire la piena operatività nell’emergenza post-sisma non solo per la salvaguardia delle persone presenti al loro interno ma anche per fronteggiare l’emergenza nelle prime ore successive all’evento sismico.

Un esempio delle gravi conseguenze relative al danneggiamento degli elementi non-strutturali è stato osservato a seguito del terremoto avvenuto in Cile nel 2010; l’aeroporto principale di Santiago del Cile è stato chiuso per numerosi giorni a seguito del danneggiamento degli impianti e dei controsoffitti allo stesso tempo 4 ospedali hanno perso più del 75% della loro funzionalità a causa del danneggiamento agli impianti sprinkler (Miranda et al., 2012). Significativi danni agli elementi non-strutturali sono stati riportati anche a seguito del terremoto dell’Aquila nel 2009 (Salvatore et al., 2009; Ricci et al., 2011) e dell’Emilia Romagna nel 2012 (Ercolino et al., 2012). In particolare, i principali danneggiamenti sono stati osservati nelle partizioni interne e nelle scaffalature presenti negli edifici industriali.

La progettazione sismica basata sul “performance-based earthquake engineering” 

Sulla base di queste considerazioni appare evidente come le performance sismiche degli elementi non-strutturali rappresentino oggigiorno un punto chiave nella progettazione sismica basata sul “performance-based earthquake engineering” (PBEE). Questa metodologia di analisi rappresenta al momento uno degli strumenti più avanzati nell’ingegneria sismica consentendo di valutare le perdite attese al variare dell’input sismico; attualmente il documento normativo di riferimento per l’applicazione di tale approccio è indubbiamente rappresentato dalla normativa FEMA P-58 (2012) sviluppata prevalentemente sulla base delle ricerche svolte presso il Pacific Earthquake Engineering Research Center (PEER).

La metodologia si articola in quattro passi fondamentali: 1) definizione della pericolosità sismica e del sistema da analizzare, 2) analisi strutturale, 3) analisi dei danni e 4) analisi delle perdite (Figura 2).

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Figura 2 - Descrizione dei passi fondamentali nel Performance-Based Earthquake Engineering (FEMA P-58, 2012)

I primi due punti della procedura rappresentano i passi convenzionale dell’analisi sismica di un edificio. Nella prima fase è necessario definire la tipologia di struttura da analizzare collezionando tutte le informazioni che si renderanno necessarie in fase di analisi; successivamente è necessario definire la pericolosità sismica della zona in cui è ubicata la struttura selezionando un opportuno set di accelerogrammi.

Nella fase di analisi, il modello strutturale è soggetto ad una serie di accelerogrammi di intensità crescente e vengono registrate tutte le forze, gli spostamenti e le accelerazioni a cui la struttura è soggetta.

La terza fase consiste nella valutazione dei danni, in tale fase si stabilisce la probabilità che un particolare elemento, sia esso strutturale o non-strutturale, possa subire un determinato livello di danneggiamento al variare dell’intensità sismica. Al fine di definire la probabilità di danneggiamento, per ogni stato limite esaminato, si rende necessaria la conoscenza della fragilità sismica degli elementi considerati; dato l’elevato numero di elementi strutturali e non-strutturali presenti nelle strutture appare chiaro come siano necessarie significative indagini sperimentali e numeriche al fine di definire tutte le curve di fragilità che si rendono indispensabili durante lo studio.

Infine, l’ultimo passo include la valutazione di particolari variabili definite all’inizio dell’analisi, tali variabili possono essere ad esempio la valutazione delle perdite economiche o dei costi di riparazione così come la valutazione della probabilità che si abbiano feriti o vittime al variare dell’intensità sismica.

L’importanza degli elementi non-strutturali in un approccio di progettazione basato sul performance-based design appare evidente. Le due principali problematiche a cui si deve far fronte riguardano principalmente la carenza di dettagliate informazioni in merito alla fragilità sismica degli elementi non-strutturali ed il notevole onere computazionale richiesto dalle analisi dinamiche non-lineari e dal successivo post-processing dei risultati.

Qualora si voglia quindi affrontare una valutazione semplificata senza dover ricorrere alle onerose analisi dinamiche non-lineari, si può ricorrere a metodologie semplificate in grado di fornite utili indicazioni in merito alla domanda sismica a cui sono soggetti gli elementi non-strutturali.

Nel seguito del presente lavoro si farà una breve descrizione delle attuali conoscenze relativamente alla definizione delle curve di fragilità per varie tipologie di elementi non-strutturali e successivamente si descriveranno le principali metodologie proposte dai codici normativi e dalla comunità scientifica per valutare la domanda sismica sui componenti non-strutturali.

Curve di fragilità relative agli elementi non-strutturali

La definizione del comportamento sismico degli elementi non-strutturali rappresenta uno dei punti cruciali qualora si voglia effettuare una progettazione accurata non solo della struttura ma anche dei suoi contenuti.
Negli ultimi anni una crescente attenzione è stata rivolta alla valutazione sperimentale delle performance sismiche degli elementi non-strutturali. Uno dei database più ricchi in merito alla fragilità sismica degli elementi non-strutturali è quello messo appunto dalla FEMA P-58 nell’ambito della procedura PBEE (FEMA P-58, 2012). In tale database si fa esplicito riferimento al fatto che ad oggi non sono disponibili dati sperimentali su molte tipologie di elementi e di conseguenza alcuni dei dati forniti sono basati sul giudizio di esperti. Sulla base di questa considerazione si può ben capire come sia indispensabile, nei prossimi anni, rivolgere ulteriore attenzione alla valutazione sperimentale delle performance sismiche degli elementi non-strutturali. In tal senso sono stati sviluppati specifici protocolli di carico che descrivono le procedure da adottare per effettuare prove di tipo statico e dinamico sulle componenti non-strutturali, un esempio è rappresentato dalla FEMA 461 (FEMA 461, 2007).

Sia il mondo accademico che le industrie hanno iniziato a rivolgere una particolare attenzione agli elementi non-strutturali e al miglioramento delle loro performance sismiche; in particolare, i maggiori studi disponibili in letteratura sono focalizzati sullo studio delle performance di controsoffitti, partizioni interne e tubazioni. Tali elementi rappresentano senza ombra di dubbio alcune tra le componenti più importanti essendo presenti nella maggior parte degli edifici.
Un importante contributo nello studio delle performance di queste tre tipologie di elementi è stato fornito durante il progetto NEES Non-Structural realizzato in alcune università statunitensi in congiunta con il laboratorio E-Defence in Giappone.
Nell’ambito di tale progetto, in merito alle partizioni interne, sono state testate 22 differenti tipologie di partizione; le principali variabili prese in considerazione hanno riguardato i materiali utilizzati, le connessioni, il protocollo di carico, le dimensioni del pannello e le condizioni al contorno (Davies et al., 2011). Grazie ai risultati delle prove è stato possibile popolare un ricco database con tutte le curve di fragilità delle partizioni analizzate per i differenti stati limite identificati; è stato inoltre possibile definire accurati modelli numerici per introdurre l’influenza delle partizioni nello studio di strutture più complesse. Alcuni studi molto interessanti sono stati anche realizzati al fine di studiare il comportamento di partizioni in muratura (Petrone et al., 2014; Sassun et al., 2015); queste partizioni sono rappresentative della maggior parte delle tramezzature utilizzate in Italia ed Europa. I controsoffitti rappresentano una delle tipologie non-strutturali maggiormente esaminate, anche a causa dei loro significativi danneggiamenti osservati durante numerosi eventi sismici. Oltre alle indagini condotte nell’ambito del progetto NEES Non-Structural, durante il quale sono state proposte curve di fragilità per controsoffitti realizzati con e senza miglioramento sismico (Badillo et al., 2006), numerosi altri studi sono disponibili in letteratura (Magliulo et al., 2012; Pourali et al., 2015). Nello studio condotto da Magliulo et al. sono stati identificati tre stati limite per descrivere il danneggiamento delle due tipolo- gie di controsoffitti analizzati e sono state analizzate in dettaglio le cause delle modalità di danneggiamento osservate (Magliulo et al., 2012). Nello studio condotto da Dhakal et al. sono state analizzate le principali indicazioni fornite nei codici normativi internazionali in merito all’istallazione dei controsoffitti e sono state definite le curve di fragilità di controsoffitti progettati secondo gli standard neozelandesi (Pourali et al., 2015).

In merito agli impianti, ed in particolar modo agli impianti sprinkler, lo studio di riferimento è indubbiamente quello realizzato da Tian et al. (2013). Nello studio sono state effettuate delle prove cicliche su giunti di tubazione realizzati da differenti materiali e diametri e sono state proposte le curve di fragilità tipiche per questi elementi, inoltre è stata proposta una semplice relazione che consente di valutare il comportamento ciclico anche per tubazioni caratterizzate da diametri non testati. Infine, sono state effettuate prove su tavola vibrante su due livelli per valutare il comportamento dell’impianto nel suo complesso. In merito alle superfici vetrate, un interessante studio è stato proposto da O’Brien et al. (2013). O’Brien et al. hanno proposto le curve di fragilità per 15 tipologie di superfici vetrate includendo anche le funzioni necessarie per la valutazione delle con- seguenze relative al danneggiamento degli elementi sia in termini economici che di vite umane. Lo studio è stato sviluppato al fine di supportare lo sviluppo della norma FEMA P-58 nell’ambito della metodologia PBEE (FEMA P-58, 2012).

Con lo stesso obiettivo Porter et al. (2010) hanno proposto le funzioni di fragilità per 52 differenti attrezzature meccaniche, elettriche ed idrauliche che si possono comunemente trovare in edifici commerciali o industriali. Per la maggior parte di tali componenti sono state fornite funzioni di fragilità tenendo in conto dell’influenza della controventatura, dell’ancoraggio e dell’interazione tra gli elementi. Tutte le curve proposte sono state espresse in funzione delle accelerazioni di piano che ren- dono non utilizzabile l’apparecchiatura.

Infine si ritiene opportuno citare un interessante studio numerico che ha riguardato la valutazione delle curve di fragilità per elementi in grado di scorrere sulla superficie su cui sono posizionati; nello studio sono stati analizzati sia elementi vincolati che non vincolati (Lopez et al., 2003). Le curve di fragilità proposte si riferiscono a due differenti parametri per la valutazione della risposta; in particolare, si è fatto riferimento ai massimi spostamenti e alle massime accelerazioni che portano al danneggiamento dell’elemento. Lo studio ha inoltre evidenziato come, per gli elementi non-strutturali, sia indispensabile tenere in conto della componente verticale dell’azione sismica.

Sulla base dell’accurato studio dello stato dell’arte, qui sinteticamente descritto, si ritiene che, sebbene negli ultimi anni siano stati fatti notevoli passi in avanti nelle conoscenze relative al comportamento sismico delle componenti non strutturali, siano ancora necessari numerosi sforzi al fine di raggiungere lo stesso livello di conoscenza attualmente disponibile per gli elementi strutturali e di conseguenza per poter applicare in modo rigoroso anche a tali componenti le più avanzate metodologie di analisi sismica.

Considerazioni sui metodi di valutazione della domanda sismica

La valutazione della domanda sismica a cui gli elementi non-strutturali sono soggetti rappresenta un punto fondamentale sia in fase di progettazione degli elementi non-strutturali che nelle procedure di valutazione delle perdite attese. Come noto, le caratteristiche strutturali influenzano significativamente gli spostamenti e le accelerazioni a cui le componenti non-strutturali sono soggette. Nell’ottica di limitare il danneggiamento degli elementi non-strutturali potrebbe essere molto utile fare alcune considerazioni già in fase di progettazione delle strutture. Ad esempio, la domanda in termini di spostamenti di interpiano (a cui sono soggette per esempio le partizioni interne) potrebbe essere limitata incrementando la rigidezza della struttura; allo stesso tempo, un incremento della rigidezza della struttura comporta l’amplificazione delle azioni sugli elementi sensibili alle accelerazioni. Sulla base di queste considerazioni, in fase di progettazione sarebbe necessario identificare delle soglie che garantiscano di ottimizzare sia il comportamento degli elementi sensibili alle accelerazioni di piano che quello degli elementi sensibili agli spostamenti di interpiano.

Negli ultimi anni sono stati condotti numerosi studi al fine di sviluppare dei metodi analitici che possano essere utilizzati nella progettazione sismica. Lo studio degli elementi non-strutturali congiuntamente a quello degli elementi strutturali rappresenta tutt’ora una tematica molto complessa che richiede un significativo onere computazionale e allo stesso tempo può portare ad affrontare problematiche molto complesse relative all’iterazione dinamica tra gli elementi strutturali e non-strutturali; tali elementi avendo proprietà molto differenti potrebbero non risultare compatibili con le consuete procedure di analisi modale. Per questo motivo i metodi maggiormente adottati per l’analisi degli elementi non-strutturali sono rappresentati dai cosiddetti “metodi a cascata”, in queste metodologie la risposta dinamica della struttura è analizzata indipendentemente dall’interazione con gli elementi non-strutturali. La risposta strutturale è successivamente utilizzata come input per la valutazione della risposta degli elementi non-strutturali. Nel seguito, dopo aver fornito una breve descrizione delle indicazioni fornite nei principali codici normativi, è fornita una descrizione dei metodi semplificati attualmente disponibili per la valutazione degli spettri di piano; tali metodi consento di definire gli spettri di piano senza la necessità di ricorrere ad analisi dinamiche non-lineari.

L'articolo continua nel PDF trattando i seguenti temi

  • Codici normativi in Europa e nel mondo
  • Metodologie semplificate per la valutazione degli spettri di piano

Articolo tratto da "PROGETTAZIONE SISMICA" N.1/2017. Si ringrazia EUCENTRE per la gentile collaborazione 

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