Il CUP invia al Parlamento gli emendamenti al DPR
Il CUP invia al Parlamento gli emendamenti al DPR sulle professioni Tirocinio, formazione e disciplina. Il documento, redatto dai commercialisti, propone modifiche a quasi tutti gli articoli dello schema di decreto
Forte del parere del Consiglio di Stato (n. 5262/2012), che ha sostanzialmente espresso le sue medesime perplessità, il CUP (Comitato Unitario delle Professioni) ha consegnato ieri alle Commissioni giustizia di Camera e Senato le proposte di emendamento allo schema di DPR recante “Riforma degli ordinamenti professionali in attuazione dell’art. 3, comma 5, del DL 13 agosto 2011, n. 138, convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148”.
Si tratta di un nutrito pacchetto di proposte di emendamenti al DPR attuativo della riforma delle professioni, predisposte dal Consigliere del CNDCEC con delega alla riforma delle professioni, Andrea Bonechi, che lo ha successivamente portato alla discussione del CUP.
Dal testo dei commercialisti sono derivate le posizioni che lo stesso Comitato unitario dei professionisti ha sottoposto alle Commissioni Giustizia di Camera e Senato per la redazione dei rispettivi pareri. Proprio in queste ore è atteso quello della Camera, che sarà depositato dal relatore Maria Grazia Siliquini è che, secondo anticipazioni di stampa, dovrebbe recepire gran parte dei rilievi critici e delle conseguenti richieste di modifica avanzate da commercialisti e CUP. D’altro canto, un giudizio complessivamente negativo sul DPR era già stato espresso nelle scorse settimane dal Consiglio di Stato, con una pronuncia su molti temi anch’essa collimante con le posizioni espresse dai professionisti. Riserve di metodo e di merito erano state anche espresse dai presidenti degli Ordini professionali direttamente al Ministro della Giustizia, Paola Severino, che li aveva convocati nelle scorse settimane.
I temi caldi
Osservazioni critiche vengono mosse dai commercialisti innanzitutto sulla definizione di professione regolamentata. il DPR, fanno notare, è destinato unicamente agli Ordini e non occorre affatto richiamare una definizione comunitaria che comprende tutte le possibili fattispecie esistenti nella UE. In Italia, poi, tutte le professioni sono organizzate in Ordini o Collegi, ragion per cui la definizione non può allargarsi oltre.
Per evitare abusi e distorte interpretazioni, derivanti dal pedissequo richiamo alla definizione comunitaria, il CUP chiede quindi di “eliminare ogni riferimento – si legge nella relazione illustrativa – ad Albi, registri o elenchi diversi da quelli tenuti dagli Ordini o Collegi professionali, unici destinatari delle norme in esame”. In questa logica rientra anche la proposta di modifica dell’art. 5, relativo all’obbligo di assicurazione, con cui si chiede di dare solo ai Consigli nazionali di Ordini o Collegi, e non anche alle associazioni professionali, la possibilità di stipulare convenzioni con gli enti assicurativi.
A giudizio del Consiglio nazionale, il DPR trasforma poi il tirocinio in un percorso ad ostacoli per i giovani. I commercialisti chiedono che sia dato rilievo al principio per cui il tirocinio deve svolgersi in studio e che il corso di formazione post laurea, previsto dal DPR; non sia obbligatorio e che comunque si integri con l’effettiva frequentazione dello studio, giudicata fondamentale. Ciò per evitare che si crei un’ulteriore fase di studio che si aggiungerebbe al già lungo percorso universitario e per di più con anche test intermedi o finali, la cui previsione è giudicata dalla categoria “incomprensibile”, inutile ulteriore ostacolo all'iscritto per sostenere l'esame.
L’idea è quella di rendere chiaro che il tirocinio vada svolto all’interno di uno studio professionale. Per questo, il CUP propone di eliminare l’obbligatorietà del corso di formazione post-laurea, che renderebbe ancor più complicata la frequentazione dello studio, e di test ed esami intermedi. Quanto alla gestione della formazione, sia dei praticanti che dei professionisti, il CUP ribadisce che, “per evitare ingerenze affaristiche”, la potestà regolamentare e organizzativa deve ricadere solo su Ordini e Collegi, e che “l’attività di formazione non deve, in nessun caso, costituire attività commerciale”.
Sulla formazione professionale continua, l’idea del Consiglio nazionale è che la validazione dei corsi e degli eventi formativi debba essere mantenuta in capo agli Ordini, gli unici in grado di garantire che non vi sia "commercio" della formazione. Si deve garantire all'iscritto di potersi formare anche senza oneri. Così come occorre che sia mantenuta l’uniformità di valutazione delle offerte formative Modifiche vengono richieste anche in materia disciplinare. Il provvedimento governativo, a parere del Consiglio nazionale, tradisce la volontà del Dl138/2011 di puntare su un’effettiva separazione tra funzioni amministrative e disciplinari per garantire terzietà e indipendenza nei giudizi. I commercialisti chiedono di rendere possibile l'accesso di un magistrato alla guida dei collegi di disciplina. Secondo la categoria, non può essere un consigliere di altro Ordine a comporre i collegi di disciplina, dal momento che l'incompatibilità è di ruolo e non solo territoriale.
È il caso di prevedere, invece, la designazione di colleghi disponibili a far parte dei consigli di disciplina a cura del Consiglio dell'Ordine, ma se del caso anche da un organismo terzo (tribunale). L’importante è che i colleghi designati da un Ordine vadano a comporre i Collegi di disciplina di altri Ordini così che vi sia massima terzietà.
Come detto, si tratta di modifiche significative che, però, stando ad alcune anticipazioni, potrebbero comunque essere in buona parte recepite dalle Commissioni parlamentari chiamate a dare il proprio parere sullo schema di DPR. Il primo arriverà dalla Commissione giustizia della Camera e sarà depositato a breve dall’onorevole Maria Grazia Siliquini.