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Il giudice amministrativo e l'overtourism: brevi note sulla sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, n. 2928/2025

Per il Consiglio di Stato, gli immobili offerti in locazione turistica in forma non imprenditoriale non confluiscono nelle strutture ricettive al di fuori dall'esercizio di un'attività imprenditoriale, per cui non è necessaria una segnalazione certificata di inizio attività, ma è sufficiente una mera comunicazione di inizio attività (CILA).

La destinazione d’uso è parametro cruciale e determinante in urbanistica e la sua modifica ha diretta incidenza nella pianificazione tanto che lo stesso articolo 6, co. 1, lett. e-bis) del DPR 380/01 annovera tra l’edilizia libera solo le opere “dirette a soddisfare obiettive esigenze, contingenti e temporanee”.

In altri termini, se l’opera è temporanea non incide sulla pianificazione.

Se così è, gli usi con finalità turistica “temporanea” - magari ripetuti nel tempo - di edifici residenziali, come si inquadrano?

Sul punto l’Autore illustra la controversa posizione dello stesso Consiglio di Stato che, in due successive sentenze (la prima del 2024, la seconda del 2025), ha tratto conclusioni opposte.

La materia merita particolare attenzione anche perché probabilmente risente del recentissimo orientamento del Legislatore che, nella legge Salva-casa, ha significativamente inciso sulla liberalizzazione delle destinazioni d’uso.

Assolutamente condivisibile poi la conclusione dell’Autore che mette in guardia dalla tentazione di ricercare la corretta interpretazione urbanistica da fonti estranee alla materia

*presentazione a cura di Ermete Dalprato


Premessa: che cosa s’intende per overtourism

Il neologismo overtourism, ormai entrato nel linguaggio comune, indica il “sovraffollamento turistico, concentrato in alcuni periodi dell’anno in città e siti famosi, che provoca o può provocare danni ai monumenti e all’ambiente, oltreché disagi per i residenti”.

 

La posizione del 2025

In questo contesto larga eco ha suscitato anche nella stampa non specializzata la sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, 7 aprile 2025, n. 2928[1], scaricabile in pdf al termine di questo contributo.

A conclusione di un’articolata disamina, tale sentenza evidenzia che, “nel quadro normativo attuale, l’attività di locazione di immobili, anche a finalità turistica, che sia esercitata in forma non imprenditoriale, essendo un atto dispositivo dell’immobile, riconducibile al diritto del proprietario ed alla libertà contrattuale, non ricade nell’ambito dell’art. 19 della legge n. 241 del 1990 e non è soggetto a poteri prescrittivi ed inibitori della pubblica amministrazione, salvo previsioni specifiche, collegate a particolari categorie di immobili. Il limite tra l’attività imprenditoriale e non imprenditoriale si ricava implicitamente dalla disciplina delle case vacanze, che consente la gestione non imprenditoriale sino a 3 unità immobiliari (sebbene, secondo le circolari dell’Agenzia delle Entrate, a fini fiscali, il limite sia costituito da 4 unità immobiliari)”.

Sulla scorta di tali premesse, quindi, la sentenza afferma che “gli immobili offerti in locazione turistica in forma non imprenditoriale non confluiscono nelle strutture ricettive, come definite dalla legge statale e da quella regionale, per cui, salvo una specifica assimilazione normativa, non sono soggetti alla stessa disciplina” – per cui – “al di fuori dall’esercizio di un’attività imprenditoriale, non richiede una segnalazione certificata di inizio attività, ma una mera comunicazione di inizio attività, a fini di monitoraggio, a cui non corrispondono poteri conformativi o inibitori dell’Amministrazione, che può eventualmente avviare un altro procedimento, riconducibile all’esercizio di altri poteri espressamente conferiti”.

Nei confronti della sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, n. 2928/2025 che, è bene evidenziarlo, riguarda una specifica controversia relativa ad un Comune della Regione Lombardia, si registra la posizione delle organizzazioni di settore che, pur sottolineando correttamente la necessità di una normativa nazionale, sembrano aver attribuito un valore generale a tale sentenza del 2025[2].

 

Il diverso orientamento del 2024

Tuttavia, non è stato sempre così. Il riferimento è alla sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV, 2 ottobre 2024, n. 7913 (anch’essa scaricabile al termine di questo contributo), secondo cui si determina un mutamento di destinazione d'uso, da residenziale a turistico ricettiva, allorquando un immobile destinato a locazioni brevi venga dai proprietari sistematicamente messo a disposizione per lo svolgimento di attività ricreative, come organizzazioni di eventi e ricevimenti matrimoniali.

È utile, quindi, riportare alcuni stralci dell’ottimo commento su tale sentenza di C. Bona, pubblicato nella Rivista “Foro italiano”, 2024, III, 625. In particolare, con la sentenza n. 7913/2024 riferita sempre ad una vicenda della Regione Lombardia, l’Autore precisa che il Consiglio di Stato “si occupa di quelle locazioni abitative brevi che in molti contesti hanno posto fuori controllo i flussi. Lo fa toccando il tema — delicatissimo — del mutamento di destinazione d'uso e lo fa precisando che si determina un mutamento d'uso, da residenziale a turistico-ricettivo, allorquando un immobile destinato a locazioni brevi venga dai proprietari sistematicamente messo a disposizione per lo svolgimento di attività ricreative come organizzazioni di eventi e ricevimenti matrimoniali. E con ciò il collegio sembra suggerire — tra le righe — la necessità di riportare sotto il controllo dei comuni l'attività turistico-ricettiva, quando «mascherata» da residenziale attraverso lo schema delle locazioni abitative brevi”.

 

Conclusioni

Ora pur parlandosi sovente di diritto vivente[3] si ricorda che, in Italia, non vige un principio assoluto di nomofilachia[4] per cui non è detto che il Consiglio di Stato non muti nuovamente il proprio orientamento, contribuendo al disorientamento dei cittadini e degli operatori (privati o pubblici) del settore.

L’auspicio, quindi, è che il legislatore nazionale (e non quello regionale[5]) ponga fine alla questione definendo, a livello normativo, che cosa debba intendersi per locazione turistica (non in via indiretta facendo riferimento a disposizioni di carattere fiscale[6] o di altro genere, quali l’assegnazione del cd. “CIN”[7]) e in quale delle funzioni urbanistiche ex art. 23-ter, Testo Unico Edilizia[8] essa debba essere collocata.


LE SENTENZE DEL CONSIGLIO DI STATO SONO SCARICABILI IN ALLEGATO.



[1] Cfr. A. Conzonato, Affitti brevi turistici, «i Comuni non possono vietarli o limitarli»: i motivi della sentenza, in Corriere della Sera, 18 aprile 2025. Il titolista così prosegue: “Il Consiglio di Stato stabilisce che le amministrazioni locali non possono porre divieti alla locazione breve a scopo turistico (ad esempio come contrasto all’overtourism). La vicenda è nata dal caso di Sirmione nel 2022”.

[2] Di cui si riporta l’incipit: “Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 2928/2025, ha stabilito che l’attività di locazione turistica, esercitata in forma non imprenditoriale, non rientra nel raggio d’azione dei poteri di inibizione dei Comuni. I provvedimenti comunali non potranno regolamentare il fenomeno”.

[3] R. Rodorf, Giudizio di cassazione. Nomofilachia e motivazione, in Libro dell'anno del Diritto, Roma, 2012 secondo cui “la norma giuridica vive” [grassetto aggiunto, n.d.r.] “nella sua concreta applicazione e perciò si modella sull’interpretazione che ne viene data”.

[4]Con il termine nomofilachia si indica l’attività di esatta e uniforme interpretazione della legge volta a garantire l’unità del diritto oggettivo, il cui esercizio è affidato, essenzialmente, agli organi giurisdizionali di vertice degli ordinamenti giuridici di appartenenza” (così A. Carbone, Nomofilachia dell'Adunanza Plenaria, in Il libro dell’anno del Diritto 2019, il quale sottolinea come “la funzione nomofilattica … si lega alla necessità di garantire al cittadino la certezza e prevedibilità del diritto e la sua uniforme applicazione: in quanto tale, deve essere quindi considerata espressione del principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost”).

[5] Il riferimento è al ricorso alla Corte costituzionale n. 14/2025 della Presidenza del Consiglio dei Ministri (in G.U. n. 14 del 2 aprile 2025) nei confronti della L. Reg. (Toscana) 31 dicembre 2024 n. 61 (comunemente definita “Testo Unico Turismo”) il cui articolo 59 consente ai Comuni a più alta densità turistica e ai capoluoghi di provincia di individuare con proprio regolamento zone o aree in cui definire criteri e limiti specifici per lo svolgimento, per finalità turistiche, delle attività di locazione breve esercitate anche in forma imprenditoriale.

[6] Si riporta il testo dell’art. 4, co. 1, D.L. 24 aprile 2017 n. 50 (convertito, con modificazioni,. in L. 21 giugno 2017, n. 96)“Regime fiscale delle locazioni brevi”: “Ai fini del presente articolo, si intendono per locazioni brevi i contratti di locazione di immobili ad uso abitativo di durata non superiore a 30 giorni, ivi inclusi quelli che prevedono la prestazione dei servizi di fornitura di biancheria e di pulizia dei locali, stipulati da persone fisiche, al di fuori dell'esercizio di attività d'impresa, direttamente o tramite soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, ovvero soggetti che gestiscono portali telematici, mettendo in contatto persone in cerca di un immobile con persone che dispongono di unità immobiliari da locare”. Si ricorda, inoltre, che a norma dell'art. 1, co. 595, della L. 30 dicembre 2020, n. 178, a decorrere dal 1° gennaio 2021, il regime fiscale delle locazioni brevi di cui al citato comma 1 dell’art. 4, D.L. 50/2017, con effetto dal periodo d’imposta relativo all’anno 2021, è riconosciuto solo in caso di destinazione alla locazione breve di non più di quattro appartamenti per ciascun periodo d’imposta. Negli altri casi, ai fini della tutela dei consumatori e della concorrenza, l’attività di locazione di cui al presente comma, da chiunque esercitata, si presume svolta in forma imprenditoriale ai sensi dell’articolo 2082 del codice civile. Le disposizioni del presente comma si applicano anche per i contratti stipulati tramite soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, ovvero tramite soggetti che gestiscono portali telematici, mettendo in contatto persone in cerca di un immobile con persone che dispongono di appartamenti da condurre in locazione.

[7] Prescritto dall’art. 13-ter D.L. 18 ottobre 2023, n. 145 (cd. “Decreto Anticipi”) convertito, con modifiche, dalla L. 15 dicembre 2023, n. 191.

[8] Qui di seguito riportate: “a) residenziale; a-bis) turistico-ricettiva; b) produttiva e direzionale; c) commerciale; d) rurale”.

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