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Ingegneria 4.0 – l’opportunità della Realtà Aumentata

Se è vero che il concetto di “Industria 4.0” sta diventando il propulsore di tutta una serie di progetti in ambito manifatturiero, non è sempre altrettanto chiaro come alcune tecnologie contribuiscano a questo contesto. Parlando di innovazione e costruzioni si discute spesso di Realtà Aumentata, ma, nei fatti, c’è poi molta confusione non soltanto sulle applicazioni, ma addirittura su cosa la Realtà Aumentata sia, e se si tratti di una moda con poca sostanza o di una tecnologia affidabile e durevole.

Una tecnologia abilitante
A fare previsioni si sono dedicati i più grandi analisti del mondo. Secondo Goldman Sachs, ad esempio, la Realtà Aumentata supererà in meno di cinque anni la dimensione dell’intero mercato mondiale dei PC sfondando il tetto dei 100 miliardi di dollari; questo perché “ha il potenziale per trasformare il modo in cui oggi interagiamo quasi con qualunque industria” – a dirlo è Heather Bellini, direttrice della sezione Media e Tecnologia. La sostanza di una affermazione del genere è che non si tratta di un “costoso giocattolo” ma di una nuova tecnologia adinnovazione trasversale che sarà dirompente nel mondo del lavoro, nel modo in cui interagiamo con gli altri, nella società in generale. L’impatto che si prevede è, insomma, simile a quello dell’introduzione degli smartphone nelle comunicazioni o, se vogliamo, all’avvento del CAD nel mondo della progettazione: qualcosa che non soltanto migliora le prestazioni di quanto già conosciamo, ma rivoluziona le possibilità, aprendo interi mercati.
Anche Gartner, nell’ormai celebre rapporto annuale sull’“Hype Cycle” dell’innovazione, ha definitivamente promosso la Realtà Aumentata dall’avanguardia tecnologica alla linea, tutta in crescita, della produttività: una tecnologia che ha raggiunto il livello in cui “le organizzazioni possono usarla come strumento interno per complementare o migliorare i processi, la lavorazione o l’addestramento dei dipendenti” (parole di Tuong Huy Nguyen, principal research analyst di Gartner).
Si parla, insomma dell’intero tessuto industriale e produttivo, e chi non si aggiorna potrebbe lasciarsi sfuggire la più importante leva di sviluppo dei prossimi anni. Sappiamo come le conseguenze della mancata digitalizzazione siano state gravissime: l’85% delle aziende fallite nel 2015 non aveva un sito web, ricorda spesso Elio Catania di Confindustria. Con queste premesse, è facile immaginare che, in futuro, sarà premiato chi riuscirà per primo a sfruttare le tecnologie emergenti, così come, in passato, chi per primo ha adottato cemento armato, computer, CAD e smartphone ha acquisito un vantaggio competitivo tale da permettere salti in avanti altrimenti inimmaginabili.
D’altra parte, tutti i più importanti attori della tecnologia (Facebook, Microsoft, Google, Apple e Samsung) hanno investito negli ultimi anni miliardi su miliardi per inventare, sviluppare o acquisire tecnologie di Realtà Virtuale e Realtà Aumentata.

Quante Realtà?
Ma di cosa si tratta, precisamente? I video su youtube cercano di dare l’idea, ma spesso è difficile orientarsi tra ologrammi, realtà virtuale, realtà aumentata, mixed reality e perfino videogiochi di grande successo come il celeberrimo Pokémon Go.
Per capire un po’ meglio la questione dobbiamo tornare un po’ indietro nel tempo: la “Realtà Virtuale” fu introdotta nientemeno che da Antonin Artaud  nel 1938 per definire il teatro e solo negli anni ’80 del secolo scorso è stata introdotto come concetto di fantascienza  da Damien Broderick, per poi essere adottata in ambito informatico. Oggi per “virtuale”, nel contesto digitale, si intende qualcosa che può essere percepito visivamente, ma che è generato da un dispositivo elettronico e non fatto di materia.
La terminologia e i contesti tendono, specialmente nel linguaggio mediatico generalista, ad essere piuttosto sfumati, così che i confini tra Realtà Virtuale e Realtà Aumentata finiscano spesso per essere confusi e, in realtà, in molti casi lo sono effettivamente, poiché le applicazioni tendono a soddisfare un bisogno, prima ancora che a validare un’etichetta. Di seguito proverò a chiarire un po’ i termini nelle loro accezioni più proprie e più comuni. Questo non vuol dire necessariamente che usarli in altro modo sia errato, ma posso spingermi senz’altro a dire che le definizioni che propongo andranno bene nella stragrande maggioranza dei casi.

Procediamo quindi come per realizzare un glossario.

Ambiente Virtuale
Un ambiente virtuale è uno spazio tridimensionale digitale esplorabile interattivamente. Sono esempi di ambienti virtuali tutti i videogiochi 3D, ma anche molti progetti architettonici e ingegneristici.

3D Stereoscopico
Gli esseri umani hanno una disposizione molto frontale degli occhi, i cui campi visivi sono fortemente sovrapposti per consentire la percezione della profondità – è questa la “stereopsi”. Il cervello, infatti, confronta le due immagini provenienti da occhio sinistro e occhio destro, realizzando una mappatura delle distanze degli oggetti che noi percepiamo come profondità relativa. Le tecniche di visualizzazione basate sulla percezione della profondità sono tutte imperniate sull’invio ai due occhi di immagini o fotogrammi: qualsiasi sistema che usi questa tecnica è definito “stereoscopico”, quindi un progetto 3D è stereoscopico solo se genera immagini diverse per i due occhi.

Immersività e Realtà Virtuale
Per parlare però propriamente di Realtà Virtuale è necessario che l’ambiente sia immersivo, cioè che sia tale da far sentire il fruitore “immerso” nello spazio virtuale da esplorare.
Il concetto di immersività è sfumato: esistono una miriade di dispositivi a vari livelli di immersività, ma è con i visori VR che si ottiene una immersività molto elevata: è possibile, per ogni utente, guardarsi intorno da un punto di vista diverso, con almeno tre gradi di libertà. I sistemi più avanzati, invece, visualizzano contenuti generati in real-time: qui potremo avere la possibilità non solo di guardarci intorno, ma di spostare il punto di vista e, quindi, di esplorare per davvero l’ambiente: è in questo caso che l’immersività è massima. Infatti, sebbene qualsiasi ambiente interattivo esplorabile è in qualche modo una Realtà Virtuale, solo con un visore VR possiamo intendere l’esperienza nella sua accezione tecnologica moderna.
Per quanto complessa e convincente, però, la Realtà Virtuale ha un limite: l’ambiente è infatti interamente digitale e non include gli oggetti che si trovano intorno a noi. Di frequente, quando un utente indossa per la prima volta un visore per Realtà Virtuale, subito abbassa lo sguardo a cercare le proprie mani: non troverà nulla a meno che nella simulazione non compaia un qualche simulacro delle mani stesse.
Di sicuro il fruitore non vedrà intorno a sé gli oggetti fisicamente presenti nella stanza in cui si trova.

Realtà Aumentata
Si parla di Realtà Aumentata quando elementi digitali sono inseriti in qualche modo nell’ambiente materiale circostante. Questo può avvenire a vari livelli, distinti soprattutto dalla precisione con cui la realtà aumentata è implementata. Se la posizione e l’orientamento dell’utente è identificato solo da GPS, beacon, o dispositivi simili, la precisione raramente è migliore di un metro. In queste condizioni non si può effettuare un inserimento molto preciso. Per ottenere i vantaggi più grandi e, ad esempio, completare un dettaglio di una struttura con elementi digitali, è necessario qualche sistema di tracking più avanzato. Quando l’integrazione con l’ambiente circostante è particolarmente efficiente, tanto che i due piani tendono a fondersi, si parla di Mixed Reality.

Mixed Reality
È una particolare declinazione della Realtà Aumentata in cui l’ambiente materiale e quello virtuale appaiono complementari e fusi in maniera continua. Gli elementi virtuali si integrano spazialmente con quelli materiali in maniera molto realistica ed efficace e il sistema interagisce continuamente con l’utente, anche solo per aggiornare il punto di vista e ricreare gli elementi digitali da calare nell’ambiente.
Per ottenere una Mixed Reality davvero convincente si usano visori e sistemi di tracking molto avanzati: il visore da solo, infatti, non basta. La maggioranza di noi si è illusa, quando, per la prima volta ha visto Google Glass, che si fosse finalmente in grado di integrare materiale e virtuale, ma non è stato così: quel tipo di visore permette sì di sovrapporre elementi digitali all’ambiente, ma, purtroppo, questi elementi non hanno una correlazione spaziale con l’ambiente stesso. Una scritta sul visore di Google Glass resta al suo posto anche se ci voltiamo: di per sé, quindi, non si “fissa” nello spazio intorno a noi, ma è legata solo al visore, come uno schermo trasparente (che è poi quello che è).
Esistono, ovviamente, sistemi diversi e più evoluti: Microsoft Hololens è un esempio. Oltre ad avere due schermi trasparenti (quindi visione 3D stereoscopica), ha anche un sofisticatissimo sistema di scansione tridimensionale dell’ambiente in tempo reale. Grazie a questo sistema, frutto di investimenti notevolissimi e di tecnologia avanzatissima, è possibile fissare con molta precisione gli oggetti virtuali sull’ambiente reale, ottenendo una stabilità e una coerenza spaziale e prospettica completamente convincenti. C’è però un trade-off: il campo visivo è molto limitato; in pratica gli elementi virtuali occupano solo un piccoloangolo della visione e non riescono a riempire lo spazio intorno a noi; per questo motivo l’immersività è piuttosto limitata, così come l’efficacia nel visualizzare oggetti di grandi dimensioni. Inoltre, mentre gli elementi chiari risulteranno abbastanza credibili (e molto luminosi), con lo scurirsi dei colori, la grafica diventa non scura, bensì trasparente. Un cubo nero in un visore del genere risulterà totalmente trasparente, rendendo in possibile di fatto la creazione di oggetti arbitrari opachi. Questi limiti non si percepiscono guardando un video su youtube: è necessario provare estensivamente il dispositivo per rendersene conto.
Per ottenere il massimo del 3D e dell’immersività, bisogna attualmente utilizzare visori personalizzati che usino una o due telecamere per rilevare l’ambiente e riscostruiscano in tempo reale l’immagine composita materiale + virtuale. Con SpinVector abbiamo iniziato a seguire questo approccio più di dieci anni fa, installando questo tipo di visori in sale con sistemi di tracking evoluti. All’inizio si trattava di strumenti costosissimi (centinaia di migliaia di euro) e dalle performance scarse, ma oggi è possibile realizzare una sala del genere con poche decine di migliaia di euro e, nei prossimi anni, sicuramente il prodotto diventerà ancora più economico, per quanto comunque riservato a un ambito business.

Applicazioni
Ma cosa si può fare con una tecnologia del genere?
Le applicazioni sono tantissime e ancora molte sono da inventare: la Realtà Aumentata è oggi quello che, negli anni ’80 erano i Personal Computer – un ambito estremamente aperto, in cui c’è tantissimo da costruire, pensare, progettare.
In alcuni campi, però, la tecnologia è già matura: i visori trasparenti come Hololens possono essere usati in un cantiere per visualizzare dati provenienti dal BIM in sovrapposizione all’ambiente, i visori VR e AR si possono invece usare per la telepresenza sui cantieri, come nel prototipo realizzato da SpinVector in collaborazione con ANCE proprio a Benevento. Ma è possibile andare molto oltre: abbiamo costruito simulatori, esperienze turistiche e stiamo lavorando su applicazioni immobiliari e di manutenzione.
Nell’ambito Industria 4.0, infatti, la visualizzazione digitale spazializzata consentirà un enorme miglioramento in settori come il montaggio, la riparazione, il controllo e la manutenzione in genere. Pensate a poter visualizzare le tracce degli impianti elettrici o idraulici mentre si è nel fabbricato; oppure di vedere in sovrimpressione su un quadro elettrico lo schema e i nomi dei collegamenti. O ancora, grazie ai sistemi avanzati come quello SpinVector, poter vedere il risultato di una possibile ristrutturazione mentre si è all’interno di un edificio, prima ancora di iniziare i lavori. O, ancora, immaginate su un oggetto complesso fornisse da solo, tramite visore 3D, le istruzioni di assemblaggio, non soltanto visualizzando schemi, ma indicando, nello spazio, la posizione precisa, corretta e coerente del punto e del pezzo da utilizzare, oltre al movimento da effettuare.

Cosa manca ancora?
La tecnologia è matura: quello che serve sono investimenti, soprattutto privati, in ambiti verticali precisi e in mercati definiti. L’opportunità è enorme: con i personal computer l’Italia perse l’occasione e rimase indietro rispetto al resto del mondo, adesso si configura lo stesso quadro, ma con una tecnologia ancora più veloce e abbordabile, in cui diverse eccellenze italiane sono all’avanguardia. Il problema non è se possiamo permetterci l’investimento, il problema è se possiamo rischiare di perdere questa opportunità e rimanere indietro ancora una volta.

 

Giovanni Caturano
Programmatore fin da bambino, dopo un’esperienza internazionale di successo, fonda SpinVector: un’azienda hi-tech attiva nei settori dei videogiochi e degli ambienti immersivi. Creativa e innovativa, SpinVector ha ricevuto oltre 500mila dollari in premi internazionali da aziende come Samsung, Nokia ed Intel. I giochi SpinVector contano milioni di download in oltre 150 nazioni, e i suoi prodotti e servizi sono stati scelti da nomi importanti come Novartis, Cisco, Treccani, il MAV e il Giffoni Film Festival. Da qui l’interesse del fondo AVM che investe nell’azienda due milioni di euro per trasformare la tecnologia in applicazioni B2B di Realtà Aumentata nei settori più diversi. Giovanni Caturano promuove l’innovazione a livello culturale tenendo lezioni, conferenze e workshop in contesti sia universitari che professionali e di divulgazione, in ambito internazionale.
 

 

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