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L'Industrializzazione Edilizia (per Programmi) nell'Era Post-Pandemica e il PNRR

Una riflessione del prof. Angelo Ciribini

Il Piano Nazionale di Ripresa e di Resilienza (PNRR), legato alla iniziativa comunitaria denominata Next Generation EU, presenta, a proposito degli investimenti in edifici e in infrastrutture, scadenze (milestone) assai ravvicinate e stringenti, ma, soprattutto, così come previsto dalla Recovery and Resilience Facility (RRF), obiettivi (target) e indicatori di prestazione (key performance index), strettamente connessi alla sostenibilità (nel suo significato più ampio) e alla digitalizzazione, estese al principio del do no significant harm.

Di là del tema della transizione ecologica (in realtà, della economia circolare, della neutralità climatica, della sostenibilità, della inclusione sociale), la trasformazione digitale valorizzata nella RRF deve essere, peraltro, letta all'interno del Digital Europe Programme (DEP) e della Renovation Wave Strategy.

In altre parole, più che essere una versione aggiornata e rivisitata del Piano Marshall, concepita a beneficio, anzitutto, del Nostro Paese, il programma andrebbe inteso come una richiesta agli Stati Membri di supportare la Coesione Unionista, tanto che, ad esempio, in Germania, il presidente di IFO, Clemens Fuest, non esclude che se il piano avesse successo potrebbe divenire una misura strutturale e un editoriale di Sylvie Kauffmann, apparso su Le Monde, faceva del caso italiano il beta tester di questa eventualità.

 

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Dato che gli investimenti in cespiti immobiliari e infrastrutturali fisici costituisce una parte importante del PNRR, che vedrà protagonisti i soggetti attuatori, ivi compresi gli enti locali, occorre interrogarsi sulla opportunità di considerare una impostazione che privilegi logiche maggiormente unitarie, quali quelle inerenti a una nuova industrializzazione (edilizia e infrastrutturale) per programmi che, supportata da accordi collaborativi, permetta di rendere più efficace la semplificazione amministrativa prevista nei confronti del codice dei contratti pubblici.

Si rammenta, del resto, che il PNRR, nella versione non strutturale auspicabile per il futuro, non può farsi, più che tanto, direttamente carico dei costi operativi dei cespiti immobiliari e infrastrutturali nel loro ciclo di vita, tematica decisiva, al contrario, nell'epoca post-pandemica.

Vi è anche da osservare che il super bonus 110%, ricompreso, d'altronde, nel PNRR, sta oggi, in buona parte, sollecitando Domanda, Offerta e Istituzioni secondo modalità prevalentemente analogiche e tradizionali, anche se questa misura sta dando origine a, talora inedite, forme di general contracting, ma, soprattutto, a prescindere dal proprio ambito di applicazione, costituisce una grande opportunità di instaurare relazioni reputazionali più intense tra il settore della costruzione e dell'immobiliare e il mondo finanziario. Non vi sono solo nozioni di legittimità o di congruità, all'interno della accezione di compliance, vi è anche quella di trust.

Il che varrebbe ancor di più per il ruolo del settore nel PNRR.

 

Quale digitalizzazione per dar vita a un European Digital Innovation Hub (EDIH)?

La digitalizzazione, vale a dire l'interiorizzazione della cultura digitale, necessaria, ad esempio, per dare vita a un European Digital Innovation Hub (EDIH), non può essere considerata in modo autoreferenziale, all'interno di una transizione dai molteplici risvolti, entro cui il PNRR si inscrive, bensì deve essere intravista come causa e come, allo stessa maniera, effetto di una trasformazione profonda degli aspetti valoriali del settore dell'ambiente costruito.

Tali risvolti, infatti, non sono solo condizionati dalla natura del prodotto o del servizio (si pensi, per l'autoveicolo, alla sostituzione del motore a combustione con quello elettrico e alla rivisitazione della nozione di abitacolo grazie alla guida autonoma), ma dipendono pure da una inedita cultura committente, professionale e imprenditoriale, colle sue ripercussioni sulla catena del valore e della fornitura.

Tutto ciò, in materia di attuazione degli investimenti in capitale fisso sociale (specialmente per la riqualificazione energetica degli edifici e per le infrastrutture della mobilità sostenibile), impone di chiedersi se sia davvero possibile riconfigurare, all'interno della riforma della Amministrazione Pubblica, digitalmente, la struttura della Domanda Pubblica: entro i tempi previsti dal dispositivo comunitario.

In questo senso vanno i contenuti del progetto di norma (rapporto tecnico) UNI 11337-8, che cerca di coniugare i temi dell'Information e del Project Management tra le serie normative EN ISO 19650 e ISO 21500.

 

PNRR e Amministrazione Pubblica: la cultura digitale tra criticità e proposte di azione

Di seguito, si riepilogano sull'argomento alcuni punti nodali, oggettivamente di assai difficile risoluzione tempestiva:

  1. i processi aggregativi delle stazioni appaltanti e delle amministrazioni concedenti sono problematici, ma, soprattutto, la eventuale reductio ad unum degli organici e delle competenze non basta per conseguire un vero e proprio upskilling, così come la mera sostituzione del personale in organico (per cui varrebbe la pena non solo di reclutare i più giovani, ma anche di valorizzare i quadri intermedi migliori);
  2. ipotizzare che la Domanda Pubblica riesca a connettere computazionalmente (disegnando il ciclo della vita dei cespiti immobiliari e infrastrutturali) la configurazione dei brief (contenuti nei Documenti di Indirizzo alla Progettazione) e dei requisiti informativi (OIR-AIR-PIR-EIR) e a formulare questi ultimi non solo attraverso documenti, ma pure con modelli e con strutture di dati o di processi, entro scadenze ben antecedenti al 2026, è forse azzardato. Servirebbe, comunque, avviare un processo incrementale di sensibilizzazione e di formazione;
  3. sarebbe necessario agire con una cultura digitale (in termini di semplificazione e di efficientamento dei procedimenti tecnico-amministrativi) ben prima dell'avvio della fase di affidamento dei contratti, affrontando computazionalmente le fasi della istruttoria e della fattibilità dei procedimenti e degli investimenti;
  4. la cultura digitale deve essere associata a una funzione committente capace di commissionare cespiti immobiliari e infrastrutturali cyber-fisici, in grado di interagire nell'erogazione dei servizi cogli utenti prospettici;
  5. per confidare di innescare anche solo embrionalmente tale processo, bisogna stabilire, non solo con Public Private Partnership e con Social Impact Bond, una Grande Alleanza tra Domanda Pubblica e Offerta Privata, per perseguire l'obiettivo comune, valorizzando il ruolo delle MPMI;
  6. è fondamentale che vi sia una Piattaforma Digitale Nazionale per il Settore e un EDIH del Settore per sperare di affrontare le sfide del PNRR in senso coerente colla RRF.

Il settore della costruzione e dell'immobiliare, secondo le intenzioni della Commissione Europea (in particolare, come espresso nella Renovation Wave Strategy e, di riflesso, nei New European Bauhaus), dovrebbe essere, lo si è già anticipato, permeato dalle istanze e dai valori della sostenibilità, della resilienza, dell'economia circolare.

Tali elementi dovrebbero essere abilitati dalla digitalizzazione dei progetti, dei processi e dei prodotti, attuabili attraverso una serie di tecnologie innovative che generino o che supportino metodologie inedite: dall'intelligenza artificiale all'autonomizzazione produttiva, passando dalla notarizzazione e alla sicurezza e protezione dei dati, grazie ai registri distribuiti.

Lo scopo è evidentemente quello di dar vita a un ecosistema della ricerca e dello sviluppo che avvii il processo di industrializzazione, nel senso più profondo del termine, di un comparto che ha, nei decenni scorsi, dimostrato una cultura industriale inferiore a quella di altri settori produttivi, anche a causa di una propria specificità e complessità innegabili.

Per questa ragione, assumono un ruolo non irrilevante gli Istituti Tecnici Superiori, così come i corsi di laurea professionalizzanti, nel sistema di formazione vocazionale e duale, accanto all'offerta formativa universitaria.

Chi scrive ha promosso diversi corsi di questo genere, sulla digitalizzazione delle imprese di costruzione e sulla città intelligente: a tali iniziative servirebbe ora una maggiore stabilizzazione e rafforzamento sul piano istituzionale della governance, similmente a quanto accade alla Accademia.

D'altra parte, è evidente che la industrializzazione del settore non possa dipendere unicamente dai processi di digitalizzazione, bensì debba dipendere, come anticipato, dalla rivisitazione delle catene del valore e della fornitura, anche sotto il profilo giuridico, non solo gestionale, al fine di evitare le criticità insorte sul tema negli Anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso.

 

Industrializzazione edilizia (per programmi) e digitalizzazione al centro degli investimenti per l'ambiente costruito

Il PNRR, che prevede una consistente porzione di investimenti in General Construction (ad esempio, in edilizia ospedaliera, residenziale, scolastica, ecc.) e in Civil Engineering (ferrovie, strade, porti, ecc.), può essere, anzitutto, considerato sotto il profilo dell'ambiente costruito che è, in definitiva, il luogo, interattivo con quello naturale, in cui avvengono le pandemìe, le alluvioni, i sismi, e quant'altro, implicando la sua preparedness.

Dato che, accanto alla necessità di situare tali investimenti all'interno di una precisa strategia, vale la disponibilità di key performance indicator (KPI), occorre considerare, ai fini della effettiva erogazione dei finanziamenti (sussidi e debiti) da parte della Unione Europea entro Next Generation EU, una certa unitarietà tra Domanda Pubblica e Offerta Privata, chiamate assieme a garantire la capacità gestionale e attuativa sulla base di una tempistica ben anteriore al 2026, nella quale, peraltro, dovrebbero figurare gli investimenti privati (e il Partenariato Pubblico Privato) stimolati da quelli pubblici.

Entro questo orizzonte, si pensi, invero, ai Social Impact Bond.

Il che pone in primo piano la centralità di una cultura industriale che, anche prescindendo dai processi produttivi di carattere manifatturiero, richiami, attraverso la digitalizzazione come fattore abilitante, la rivisitazione della filiera e l'integrazione tra i soggetti committenti, professionali e imprenditoriali.

In altre parole, la nozione letterale di industrializzazione, così come quella di digitalizzazione, anche al di fuori di una piena loro esplicitazione, implica la configurazione progressiva e incrementale di ecosistemi digitali (la Piattaforma Digitale Nazionale), coerente con politiche che le legittimino.

Non è un caso, infatti, che sia inscindibile la riforma, del sistema educativo o di quello della salute pubblica, alla stessa stregua di quello della mobilità, dalla natura dei cespiti immobiliari e infrastrutturali che il PNRR contempla e prevede.

Ciò significa che, appunto, i cespiti fisici, cognitivi e interattivi, nel futuro saranno sempre più dispositivi comportamentali proattivi nelle politiche educative, assistenziali, sanitarie, ecc.

La qual cosa spiega perché, nonostante che, ad esempio, sul versante della intelligenza artificiale il dibattito internazionale, non solo nella comunità scientifica, si incentra sulla sua praticabilità rispetto alla disponibilità di strutture di dati idonee, l'orizzonte destinale riguardi specialmente le questioni di natura etica.

Per questa ragione, il settore della costruzione e dell'immobiliare, includente il versante della Domanda e quello dell'Offerta, può divenire, nell'ottica della digitalizzazione, un interlocutore proattivo nei confronti dei soggetti attuatori statali e locali, centrali e decentrati, ministeri, agenzie, amministrazioni pubbliche ed enti locali.

Per quanto nel contesto italiano, e, più in generale, in quello europeo, gli interventi sul patrimonio immobiliare costruito ed esistente siano prevalenti, si ritiene, da parte di molti osservatori o attori, che forme di industrializzazione edilizia (sostanzialmente di pre-fabbricazione, vale a dire di Off Site Construction) adempiano meglio di altre soluzioni allo scopo, quantunque, se si guarda al caso britannico, essi si limitano principalmente alla nuova costruzione.

A questo proposito, si pone un primo, sostanziale, interrogativo, poiché le modalità di trasferimento da altri settori manifatturieri dei processi di produzione industriali riflettono una nozione di industrialesimo assai letterale.

Si tratta, in effetti, di un fenomeno che il settore ha conosciuto a più riprese nel Nostro Paese (e in Europa), a partire dagli Anni Venti del secolo scorso, senza che esso abbia mai potuto costituire un fattore significativamente sostitutivo delle prassi tradizionali, molto più labour intensive che non capital intensive, come si evince anche da suggestive, ma rarefatte, ipotesi ispirate alla automazione o alla robotica nei cantieri.

Tra l'altro, l'evoluzione, più tecnologica che non processuale, del comparto e del mercato, è, nel corso dei decenni, avvenuta incrementalmente, parzialmente, eterogeneamente, in presenza, tuttavia, di un costante ri-dimensionamento delle organizzazioni committenti, professionali e imprenditoriali, le cui implicazioni sono piuttosto significative.

L'ipotesi di riproporre forme manifatturiere in quanto tali, legate, del resto, a ingenti investimenti in luoghi produttivi fissi è stata oggi declinata anche in termini di manifattura additiva e di fabbriche volanti, ma la vicenda di Katerra, che probabilmente sta iniziando a raggiungere una propria maturità, potrebbe indurre a qualche perplessità.

Si osservi, peraltro, che un approccio di questa natura alla riconfigurazione del settore comporterebbe l'avvento di programmi sistematici di investimento basati sulle diverse tipologie di economie (di scala, di scopo, di conoscenza), mentre, ad esempio, l'impostazione del super bonus 110% (in cui un ruolo significativo è assunto da lavorazioni legate ai sistemi esterni di isolamento termico degli involucri, difficilmente pre-assemblabili) rispecchia una opzione bottom up lasciata alla spontanea iniziativa della proprietà immobiliare di edilizia residenziale, condivisa o meno, senza che vi sia un coordinamento col catasto energetico in materia di distretti urbani, anche se, a titolo esemplificativo, il programma cosiddetto Qualità dell'Abitare potrebbe contribuirvi.

In teoria, un differente quadro potrebbe essere contenuto all'interno del PNRR, nel quale si citano interventi di edilizia residenziale, scolastica, ospedaliera, in  forma aggregata.

Ciò che, tuttavia, preme è ricordare come l'essenza della cultura industriale, specie all'interno della quarta rivoluzione, non debba necessariamente risolversi nelle analogie tra processi produttivi nei diversi settori economici.

In merito alla definizione di una tassonomia dei modelli organizzativi relativi alla industrializzazione edilizia, Daniel Hall, presso il Politecnico Federale di Zurigo, ha proposto una articolazione che distingue, anzitutto, sulla focalizzazione tra commessa e piattaforma (di prodotto), citando, ad esempio, diversi soggetti, come BoKlok, Project Frog o DPR.

É, in effetti, corretto ricordare che, anche nel corso della prima era della industrializzazione edilizia, vi fosse una distinzione tra il singolo intervento e l'attuazione di un vasto programma di investimenti che tendesse a capitalizzare le conoscenze e ad abbattere i costi fissi.

Si tratta di un approccio che attualmente è promosso, al di fuori della Unione Europea, dal governo britannico, attraverso il Construction Playbook e il National Digital Twin, abilitato, il primo, dai collaborative framework, come indica l'incarico ricevuto da David Mosey, studioso del King's College.

All'interno della soluzione per commesse, si delineano, anzitutto, le forme deboli di integrazione del sistema della filiera e della catena di fornitura, dapprima in maniera decentralizzata e, successivamente, in modo collaborativo.

Vi sono, infatti, ipotesi intermedie che, pur rientrando nella sfera della centralità della commessa, introducono accordi collaborativi e contratti multilaterali.

É questa, appunto, una posizione intermedia che costituisce il transito verso le piattaforme (produttive) che vedono il soggetto principale di coordinamento e di integrazione giunge sino a una radicale verticalizzazione della supply chain.

É evidente, perciò, che sia la struttura frammentata della Domanda e dell'Offerta sia la prevalenza degli interventi sul patrimonio fisico edificato ostacolino una versione forte di industrializzazione per programmi che, del resto, nel secolo scorso, a partire dai noti repertori di edilizia residenziale e scolastica, non aveva sortito esiti soddisfacenti, tanto da essere potenzialmente oggi, nell'ambito dei programmi di rigenerazione urbana, oggetto di interventi di sostituzione.

É, tuttavia, plausibile che una impostazione versatile per piccoli componenti, nell'ottica flessibile, ad esempio, delle flying factory e della manifattura additiva, possa avere luogo, salvaguardando, come detto, un tessuto parcellizzato della committenza, della professione e della imprenditorialità che necessita di essere supportato in processi relazionali, senza essere soggetto a forzature che sancirebbero il rigetto della riconfigurazione del settore: dell'ambiente costruito.

 

L’Ambiente Costruito per Next Generation EU: un Decalogo

Per contibuire a riparare i danni economici e sociali causati dalla pandemia da Coronavirus la Commissione europea propone programmi e strumenti per il rilancio dell'Europa. Tra questi Next Generation EU, il nuovo strumento di ripresa da 750 miliardi. Anche gli investimenti sull'ambiente costruito rientrano in Next Generation EU.

Su questo argomento, il prof. Angelo Ciribini propone un decalogo di riferimento.  

>>> VAI AL DECALOGO

 

La questione di fondo che riguarda il mercato domestico, facendo riferimento anche ai contenuti del PNRR, concerne, vale la pena di ribadirlo, la natura degli interventi, relativi sia all'edilizia residenziale sia a quella non residenziale, che, in assenza di una vasta componente di sostituzione edilizia all'interno degli interventi di rigenerazione urbana, non possono che vertere sui cespiti immobiliari esistenti, da riqualificare, da recuperare, da riabilitare, spesso come brown field problematici, già a partire dalla struttura proprietaria e dalla composizione sociale.

In realtà, l'ipotesi verte, appunto, sulla transizione dalla commessa alla piattaforma, dal singolo intervento al programma e al portafoglio di investimenti, laddove sistemi aperti di configurazione di componenti normalizzati e ripetitivi (digitalizzati) diano vita a soluzioni sartoriali secondo logiche combinatoriali tra modelli comportamentali, tipologie spaziali e articolazioni tecnologiche, anche se, invero, tale ipotesi stenta a confrontarsi con il costruito esistente.

Se si risale alla letteratura scientifica degli Anni della prima era della industrializzazione edilizia, tra Anni Cinquanta e Anni Settanta, si osserva facilmente come alla base delle teorie esigenziali e prestazionali vi fossero i requisiti, ambientali e tecnologici espressi dalla committenza pubblica, sia pure in maniera deterministica, requisiti che oggi è possibile affinare, probabilisticamente, attraverso simulazioni comportamentali sofisticate.

Esse, di fatto, si riferivano alla messa in atto di programmi di investimento che, entro un tempo breve, fossero in grado di soddisfare una ampia richiesta, forse non dissimilmente da quanto previsto dal PNRR.

É, infatti, attualmente possibile immaginare di formalizzare configurazione comportamentali associabili a disposizioni spaziali e a soluzioni tecnologiche.

La digitalizzazione permette attualmente di immaginare di realizzare piattaforme di prodotto in cui i singoli componenti elementari modulari prefabbricati possano essere configurati in maniera sartoriale attraverso una logica combinatoria di natura computazionale.

Questa ipotesi riguarda, tuttavia, scenari internazionali che si riferiscono al fabbisogno di nuove costruzioni, mentre, come detto, a parte una eventuale ripresa della sostituzione edilizia, il parco immobiliare riguarda gli edifici esistenti, per i quali non è semplice dimostrare di poter conseguire gli obiettivi inerenti alla gestione temporale, economica e produttiva, nell'ottica della qualità del prodotto e della sua sostenibilità.

Il che comporta il fatto che debba darsi una forte integrazione tra soggetti professionali e soggetti imprenditoriali nella fase della progettazione, allorché la cosiddetta mass customization dovrebbe garantire una flessibilità nella concezione, in una latente contraddizione tra normalizzazione e sartorialità.

La dialettica che intercorre tra la normalizzazione dei prodotti e la contestualizzazione delle commesse, attraverso algoritmi di semi-automazione delle soluzioni generabili, si deve, però, confrontare con le peculiarità dei cespiti esistenti e la specificità delle esigenze comportamentali degli utenti.

E' chiaro, infatti, che, entro il PNRR, la riqualificazione energetica degli edifici pubblici, passibili di una programmazione verticistica (benché distribuita localmente), e quella degli edifici privati (attraverso le iniziative individuali stimolate dal super bonus 110%), deve dipendere da un sistema informativo esaustivo e attendibile (anche se improbabile oggi in termini di Building Information Modeling, al di fuori di casi come quelli promossi sistematicamente dalla Agenzia del Demanio e dalla Banca di Italia) che sia destinato, sul medio e lungo termine, a evolvere in Digital Twin.

Non si dimentichi, però, che la bozza del nuovo Testo Unico dell'Edilizia contempla di istituire un sistema informativo immobiliare e infrastrutturale fondato sull'AINOP, per la parte infrastrutturale, e sui fascicoli digitali degli edifici, per quella edilizia: ispirati al Digital Building Logbook comunitario, uno dei pilastri, assieme al Digital Building Permit, della politica promossa da DG GROW e da DG CONNECT della European Commission, così come presente anche nel Reference Architecture Framework di DigiPLACE.

Di conseguenza, il processo, avviato già prima del PNRR, di investimento in cespiti immobiliari e infrastrutturali, destinato a subire una accelerazione con la RRF, sollecita, sino a stressarle, sia la Domanda Pubblica sia l'Offerta Privata, non solo quanto a volumi in gioco in un ristretto periodo temporale, ma pure rispetto alla capacità di integrazione tra culture e convenienze distinte e antagoniste.