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La pianificazione delle indagini geologiche e geotecniche, tra le buone pratiche e la norma

Approfondimento sulla pianificazione delle indagini geologiche e geotecniche, tra le buone pratiche e la norma

Come programmare una corretta campagna di indagini geologiche e geotecniche

indagine-geologica-macchinario.jpgNella pianificazione delle indagini geologiche e geotecniche si compie la prima contestualizzazione dell’opera progettata nell’ambito geologico nel quale essa andrà ad inserirsi e con il quale dovrà interagire. La pianificazione delle indagini costituisce infatti una importante fase di riflessione sui risvolti che l’opera progettata potrebbe avere sul contesto territoriale, che comprende anche quelli che, a sua volta, sarà il contesto territoriale ad imporre sull’opera stessa.

I fattori che influenzano la programmazione delle indagini geologiche e geotecniche

Presupposto per una buona programmazione delle indagini è da una parte la preliminare conoscenza dell’assetto geologico ad ampia scala, dall’altra la conoscenza della singolarità dell’opera da realizzare, dunque la consapevolezza delle sue peculiarità; nel loro sovrapporsi entrambe forniscono al gruppo di progettazione i criteri per l’individuazione dei punti di indagine e delle modalità di esplorazione, ossia delle attrezzature, delle tecniche e delle metodologie necessarie per investigare.

Un programma di indagini redatto sulla sola conoscenza generale del contesto geologico non potrebbe rispondere alle specifiche esigenze di conoscenza imposte dal progetto dell’opera, che, nelle sue forme, volumi e dimensioni, nella sua distribuzione dei carichi, nelle sue altezze degli scavi e in tanto altro ancora, richiede una conoscenza di particolare dettaglio del contesto fisico in cui si inserisce, che si traduce nell’esecuzione di mirate indagini di campo e di laboratorio.

Non può pensarsi che la definizione del modello geologico e geotecnico sia astrattamente attribuibile a qualsiasi tipologia di opera.

Equivarrebbe a chiedere al geologo e al geotecnico di programmare le indagini su una data porzione di territorio, senza che essi sappiano quale opera vi debba essere inserita. E’ vero che esiste una scuola di pensiero, molto minoritaria, ma sinora particolarmente influente, che ha irragionevolmente ritenuto che debba essere il modello geotecnico l’unico raccordo tra l’opera e i terreni, ma resta tuttavia il fatto che non si può programmare in maniera rigorosa e tecnicamente corretta una campagna di indagini senza la conoscenza preventiva del progetto.

Specularmente,

un programma di indagini redatto sulla sola conoscenza del progetto non risponderebbe alle esigenze specifiche di conoscenza imposte dal contesto geologico,

che, nella presenza di una faglia, di spessori variabili delle coperture recenti, di un paleoalveo, di acque superficiali e/o sotterranee e di tante altre peculiarità geologiche, richiede allo stesso tempo una precisa conoscenza dell’opera progettata, che deve tradursi in una precisa ubicazione dei sondaggi e in una attenta scelta dei parametri geotecnici da misurare.

La redazione di un programma di indagini si sviluppa concretamente, dunque necessariamente, nell’incontro tra progettista, geologo, geotecnico e tutte le altre figure professionali coinvolte, non potendosi trascurare che tra le altre esigenze di una moderna progettazione vi sia la conoscenza di tutti i contesti ambientali e territoriali, biotici e abiotici; non è un caso che una coerente pianificazione delle indagini ha visto negli ultimi anni un’esigenza di conoscenza del contesto squisitamente ambientale talvolta persino più rilevante rispetto a quello tipicamente geologico e geotecnico. E’ innegabile che sia compito del gruppo di progettazione, riunito intorno al tavolo di lavoro, quello di individuare le attività di campo e di laboratorio propedeutiche alla definizione dei rispettivi modelli del sottosuolo afferenti ad una determinata opera e solo a quella.

Buone pratiche e non

Nella pratica professionale, ben lungi da quello che prevedono le norme tecniche al riguardo, progettista, geologo, geotecnico e gli altri consulenti in genere si incontrano per porre sul tavolo le esigenze conoscitive di ciascuno, attraverso cui giungere ad un programma condiviso delle indagini, che tenga conto delle stesse esigenze, dei problemi logistici legati all’esecuzione, dei permessi e di quanto altro necessario, non ultimo dei limiti economici imposti dalla committenza.

Questa buona pratica vale quanto più l’opera progettata sia importante e dunque quanto più rilevante sia la sua interazione con i terreni e con il territorio in generale. Non è raro che il progettista, valutando semplicisticamente che le indagini attengano alla sfera di competenza del geologo e del geotecnico, spesso del solo geologo, ne delega loro integralmente la pianificazione, senza porre alcuna istanza di conoscenza rispetto alla fattispecie dell’opera che egli stesso ha progettato, per la quale magari dovrà ancora procedere per i successivi e più dettagliati livelli di progettazione, per i quali gli saranno necessari altre e più dettagliate informazioni. Questo avviene soprattutto per le opere minori, percepite come opere semplici, seppure anche in questi casi sussistano quasi sempre esigenze di conoscenza geologica e geotecnica connesse allo specifico progetto. In genere in questi casi, quelli in cui non si conoscono le peculiarità del progetto, qualora ricorrano condizioni di complessiva uniformità geologica, si assiste ad una pianificazione delle indagini che vede i sondaggi distribuiti secondo una maglia che asseconda geometricamente l’ingombro dell’opera progettata o la distribuzione planimetrica dei diversi manufatti. 

La tendenza che tuttavia si è andata affermando col tempo è quella del confronto tra progettista e suoi consulenti, nella consapevolezza che da una buona campagna di indagini, pur con i limiti troppo spesso stringenti delle ridotte esigenze economiche, è possibile redigere un progetto che risponda realmente alle esigenze per le quali è stato richiesto. La consapevolezza si estende alla considerazione che non è più possibile demandare al cantiere la modifica di progetti inadeguati o inesatti, che non soddisfino a requisiti di compatibilità, produttività, prevenzione dei rischi, sostenibilità, soddisfazione del cliente, immagine.

Una corretta campagna di indagini è la base di partenza per raggiungere questi obiettivi e il non raggiungerli espone i professionisti in termini di responsabilità quanto meno civile.

Di nessun aiuto le NTC 2018

Di nessun aiuto in questo senso sono i capitoli 6.2.1 e 6.2.2. delle norme tecniche vigenti di cui alle NTC 2018, che definiscono rispettivamente il modello geologico e quello geotecnico, come lo erano quelli, pressoché identici, di cui alle NTC 2008, su cui tanto si è detto e scritto, evidenziando l’assurdità della previsione di una campagna di indagini distinta in due fasi, la prima per la definizione del modello geologico, seguita da un’altra per la definizione del modello geotecnico. Non ritengo di dover tornare sull’argomento, se non con un’ultima considerazione, dettata dal fatto che siano ormai passati più di 10 anni da quando il legislatore volle inserire questa sciocca dicotomia rispetto ad una logica delle cose che va dalla parte opposta, identificata nella buona pratica, che ha sempre visto l’esecuzione di una sola campagna di indagini a supporto di tutte le istanze di conoscenza di cui si è detto. Se dopo oltre 10 anni le procedure di pianificazione e progettazione delle indagini continuano a seguire la logica consolidata di una sola e più ampia campagna di indagini, non può che prendersi atto che, come sempre, la logica supera la norma, la quale dunque è profondamente sbagliata. Che la norma si cambi è auspicabile, riprendendo quel basilare concetto di reciprocità dei modelli geologico e geotecnico e magari inserendovi qualche spunto sulle buone pratiche; ma se così non fosse si continuerà a pianificare le indagini come si è sempre fatto, sperando che sia sempre la ragione a prevalere sulla norma.