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La Sanatoria edilizia su edifici storici senza doppia conformità è un’illusione

La sanatoria edilizia ex art. 36 TUE non è un condono: richiede la doppia conformità alle norme tecniche e urbanistiche. La sentenza TAR Campania 3598/2025 evidenzia i limiti della regolarizzazione, respingendo un’istanza per mancata prova della conformità urbanistica.

La sanatoria edilizia, prevista dall’art. 36 del Testo Unico dell’Edilizia, non è un condono e non può essere usata per legittimare abusi senza presupposti normativi. A fondamento della sanatoria vi è il principio di doppia conformità, secondo cui le opere abusive debbano risultare conformi alla normativa tecnica vigente al momento della realizzazione e a quella urbanistica attuale.

Attraverso l’esame della sentenza del TAR Campania n. 3598/2025, si evidenziano i limiti sostanziali della procedura di regolarizzazione, mostrando come il rigetto di un’istanza di sanatoria sia stato motivato dalla mancata dimostrazione dell'effettiva conformità urbanistica.

  

Sanatoria edilizia e doppia conformità

La sanatoria edilizia è disciplinata dall'art. 36 del Testo Unico dell'Edilizia (TUE) e consente teoricamente di regolarizzare opere realizzate senza i necessari titoli autorizzativi o in difformità rispetto a quelli ottenuti. Tuttavia è importante chiarire che, contrariamente a quanto spesso si crede, la sanatoria non costituisce un condono mascherato o una scorciatoia per legittimare qualsiasi tipo di abuso edilizio.

Con la sanatoria il normatore vuole permettere la regolarizzazione solo degli abusi formali di interventi però ritenuti fattibili se fosse stata avanzata regolare istanza.

Infatti, la norma è particolarmente rigorosa nel richiedere la cosiddetta doppia conformità in quanto, a seguito delle modifiche introdotte dal DL 69/2024 (Decreto Salva Casa), le opere sanabili devono rispettare la normativa tecnica vigente al momento della loro realizzazione e le disposizioni in materia urbanistica all’atto della presentazione dell’istanza stessa.

A conferma di ciò, il TUE prevede due articoli di fondamentale importanza:

  • l’art. 36 (L) relativamente all’accertamento di conformità nelle ipotesi di assenza di titolo o totale difformità;
  • l’art. 36-bis (L) riguardante l’accertamento di conformità nelle ipotesi di parziali difformità e di variazioni essenziali.

Quindi l’art. 36 (L) non è un condono, ma uno strumento di regolarizzazione subordinato alla doppia conformità.


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Ma quando un opera è in totale difformità?

Anche in questo caso il TUE è chiaro evidenziando al comma 1 dell’ art. 31, che sono interventi in totale difformità dal titolo abilitativo “(…) quelli che comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, planovolumetriche o di utilizzazione da quello oggetto del permesso stesso, ovvero l'esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile.”

Quindi, la sanatoria è vincolata al rispetto di precisi parametri normativi e non è sufficiente dimostrare la buona fede o il possesso formale del titolo di proprietà per ottenere automaticamente la regolarizzazione delle opere abusive.

In tale contesto si colloca la recente sentenza del TAR Campania, che sottolinea come ogni tentativo di semplificare o aggirare le procedure previste dalla legge sia destinato al fallimento. La sentenza rileva che bisogna rispettare scrupolosamente i titoli edilizi, comunicare tempestivamente ogni variazione durante i lavori e mantenere un dialogo costante con gli uffici comunali competenti, i quali rappresentano gli unici interlocutori capaci di dare indicazioni e garanzie utili ad evitare situazioni di irregolarità difficilmente sanabili.

    

I limiti indotti dalla doppia conformità

Con la sentenza del TAR della Campania n. 3598/2025 si pone l’attenzione su un ricorso in cui viene contestato il rigetto di una richiesta di sanatoria edilizia relativa a interventi realizzati su un immobile situato in un centro storico in una zona classificata come A dal piano urbanistico comunale.

La storia inizia nel 2020, quando il ricorrente presenta una SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) per lavori di manutenzione straordinaria su un immobile di sua proprietà. La particolarità del caso riguarda la posizione dell’immobile, il quale risulta situato in zona A del centro storico, e all’epoca di costruzione (l’immobile risulta catalogato come costruzione antecedente al 1942). Lo stabile risulta agli atti comprendere diversi appartamenti distribuiti su tre piani.

Tuttavia, durante l'esecuzione dei lavori, il Comune emette nel 2021 un'ordinanza sindacale che impone al proprietario e ad altri condomini di eseguire lavori di messa in sicurezza per garantire l'incolumità pubblica e privata. Situazione, questa, che complica ulteriormente i tempi di realizzazione dell'intervento.

Nel gennaio 2024, i vigili urbani e il personale tecnico comunale effettuano un sopralluogo, dal quale emerge uno stato dei luoghi ben diverso da quella autorizzata. Sono per l’appunto evidenziate una serie di opere considerate abusive dalle autorità, tra cui:

  • la realizzazione di un piccolo vano su un ballatoio;
  • la creazione di un balcone sul sottotetto;
  • la realizzazione di porte-finestra;
  • l’installazione di parapetti sul solaio di copertura condominiale.

Queste modifiche hanno trasformato l'immobile, creando nuovi spazi abitabili e cambiando la destinazione d'uso di alcune aree da lastrico solare a terrazzo praticabile. Inoltre molti di questi interventi hanno interessato parti comuni dell'edificio senza il necessario consenso degli altri condomini.

Il ricorrente decide così di percorrere la strada della sanatoria, presentando nel marzo 2024 un'istanza di accertamento di conformità secondo l'art. 36 del Testo Unico dell'Edilizia. Questo strumento permette di regolarizzare opere abusive purché rispettino la cosiddetta doppia conformità, la quale prima dell'entrata in vigore del decreto Salva Casa prevedeva che le opere dovessero essere conformi sia alla normativa urbanistica vigente al momento della loro realizzazione e sia a quella attuale (ossia all’atto della richiesta di sanatoria).

Il Comune dal suo canto, dopo aver richiesto alcune integrazioni documentali, comunica nel dicembre 2024 un preavviso di diniego elencando una serie di problemi tecnici e amministrativi. Il ricorrente di contro sosteneva che il Comune avrebbe implicitamente riconosciuto la conformità tecnica delle opere, respingendo la richiesta solo per questioni legate alla titolarità delle aree. Inoltre, lo stesso sosteneva che la motivazione del diniego si basasse esclusivamente sulla mancata dimostrazione della proprietà esclusiva di ballatoi, solaio di copertura e locali sottotetto.

Il TAR ha rigettato il ricorso, rilevando che “(…) l’Ufficio abbia prospettato la totale assenza di qualsiasi doppia conformità tra stato iniziale dell’immobile e situazione finale, proprio perché dal preavviso di rigetto emerge in tutta evidenza che quello che si contesta è una situazione di abusività data da molteplici violazioni della normativa edilizia senza che il ricorrente, con le successive osservazioni, sia stato in grado di fornire prove a sostegno. La tesi della difesa *** *** si basa su una presunta sinteticità del provvedimento finale, che di fatto motiva il diniego facendo riferimento alla circostanza che le osservazioni nulla aggiungono rispetto alla mancanza di titolarità delle aree di intervento dove sono stati riscontrati gli abusi. In realtà, per quanto estremamente sintetico, la motivazione del diniego richiama espressamente per relationem le motivazioni di cui al preavviso di rigetto, con ciò smentendo la censura del ricorrente che vorrebbe data per non contestata la conformità dello stato dei luoghi rispetto alla normativa edilizia esistente. In realtà, la motivazione per relationem consente di ritenere che il provvedimento impugnato sia motivato in ordine alle ragioni sostanziali che hanno indotto l’Amministrazione a negare il rilascio del permesso di costruire in sanatoria e che il ricorrente, nel ricorso, non confuta minimamente, in quanto l’intera tesi difensiva è incentrata sulla legittimazione del responsabile dell’abuso (quale lui è) e presentare l’istanza ex art. 36 TUED anche in luogo degli altri proprietari nonché sulla dimostrazione di un consenso alla realizzazione dei lavori dato dall’assenso degli altri comproprietari.

Così facendo, tuttavia, il *** *** ha perso di vista la sostanza del diniego, che è la complessiva inattuabilità dell’intervento per ragioni che prescindono dal regime dominicale dei beni e che hanno riguardo alla incapacità dell’istanza di provare, attraverso documenti di cui il Comune lamenta la mancanza (es planimetrie originarie) la correttezza del suo operato; il Comune, invece, ha contestato gli aumenti di volumetria e le costruzioni ex novo attraverso una serie di documenti probatori che non sono stati oggetto di contestazione nell’ambito del ricorso.”

Il TAR quindi respinge completamente la tesi del ricorrente, chiarendo che il diniego non debba basarsi solo su questioni di titolarità immobiliare, ma su problemi autorizzativi sostanziali molto più importanti. I giudici sottolineano che il Comune ha giustamente contestato gli interventi inerenti l'aumento della volumetria, la presenza di corpi realizzati ex novo, nonché la generale non conformità dell'intervento rispetto a quanto autorizzato. Inoltre viene precisato come la motivazione per relationem (cioè il richiamo al preavviso di diniego) sia perfettamente legittima, purché gli atti richiamati siano resi disponibili all'interessato.

In conclusione, il sistema della sanatoria non può essere considerato una soluzione universale agli abusi, in quanto esistono limiti tecnici e normativi precisi che devono essere rispettati perché l’autorizzazione in sanatoria del titolo abilitativo sia concessa.

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Allegati

Abuso Edilizio

L'abuso edilizio rappresenta la realizzazione di opere senza permessi o in contrasto con le concessioni esistenti, spaziando da costruzioni non autorizzate ad ampliamenti e modifiche illegali. Questo comporta rischi di sanzioni e demolizioni, oltre a compromettere la sicurezza e l’ordine urbano. Regolarizzare tali abusi richiede conformità alle normative urbanistiche, essenziale per la legalità e il valore immobiliare.

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