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La vigilanza del Coordinatore per l’Esecuzione cambia volto: le novità della Cassazione

L’importanza delle più recenti sentenze della Cassazione sull’obbligo di vigilanza del CSE non sta soltanto nell’avere riconosciuto che si tratta di gestire un rischio interferenziale, ma anche nell’avere riconosciuto che in passato non era stato sufficientemente distinto il ruolo del CSE da quello del datore di lavoro.

sicurezza_rspp.jpgLe recenti sentenze della Corte di Cassazione in merito al ruolo del CSE

Le più recenti pronunce della Corte di Cassazione sull’obbligo di vigilanza del CSE hanno ribadito che la vigilanza è “alta” e quindi «riguarda la generale configurazione delle lavorazioni e non la puntuale stringente vigilanza, momento per momento, demandata alle figure operative (datore di lavoro, dirigente, preposto)».

Questo tuttavia era già stato affermato molte volte in passato dopo la notissima sentenza 18149 del 2010; ma non aveva impedito che nelle stesse pronunce che lo affermavano venisse poi addebitata al CSE la responsabilità per mancanze in tutto e per tutto riconducibili a singole lavorazioni di competenza della singola impresa.

La grande novità delle pronunce che si sono succedute tra il 2016 e il 2017 è che esse hanno riconosciuto questa contraddizione, e ne hanno fatto il punto di partenza per una rilettura dell’alta vigilanza, riconfermata in pieno nei suoi contenuti ma attraverso un percorso interpretativo in parte nuovo e diverso.

«Questa Corte di legittimità, con una serie dì sentenze concordanti (17631/2009, 38002/2008, 24010/2004, 39869/2004) ha stabilito una responsabilità del coordinatore per l'esecuzione in quanto garante della sicurezza dei lavoratori nel cantiere” e cioè proprio il contrario del principio secondo cui “il coordinatore per l'esecuzione non è il controllore del datore di lavoro, ma il gestore del rischio interferenziale” (Cass.Pen. Sez. IV, 24 maggio 2016, n. 27165); “le concrete applicazioni – della giurisprudenza, nota degli Autori - mostrino sovente un cedimento, finendosi non di rado per il rimproverare al coordinatore in realtà proprio quel mancato controllo continuo che pure in premessa si afferma di non pretendere» (Cass. Pen., Sez. IV, 23 gennaio 2017 n. 3288), quando invece la naturale conseguenza del principio dell’alta vigilanza è che “il coordinatore ha solo un ruolo di vigilanza in merito allo svolgimento generale delle lavorazioni e non è obbligato ad effettuare quella stringente vigilanza, momento per momento, che compete al datore di lavoro e ai suoi collaboratori».  

L’ammissione di un “cedimento” porta con sé un cambio di prospettiva fondamentale, nello sviluppo dell’orientamento della Suprema Corte sugli obblighi di vigilanza del CSE.

La tesi dell’alta vigilanza non è più il frutto della reiterazione più o meno formale di affermazioni elaborate dalla sentenza 18149, ma passa attraverso la rigorosa analisi della normativa.

Sono norme di riferimento fondamentale, in questa analisi, la lettera f) dell’art. 92 del Decreto 81, l’art. 100, l’Allegato XV.

Secondo la sentenza 27165, «l'obbligo di cui alla lettera f) è particolarmente importante, perché è norma di chiusura che, eccezionalmente, individua la posizione di garanzia del CSE nel potere-dovere di intervenire direttamente sulle singole lavorazioni pericolose». L’eccezionalità di questo intervento diretto è un elemento decisivo, per distinguere il CSE dalle altre posizioni di garanzia: «Mentre le figure operative sono prossime al posto di lavoro ed hanno quindi poteri-doveri di intervento diretto ed immediato, il coordinatore opera attraverso procedure; tanto è vero che un potere-dovere di intervento diretto lo ha solo quando constati direttamente gravi pericoli (D. Lgs. n. 81 del 2008, art. 92, comma 1, lett. f)» 

Secondo la sentenza 3288, l’Allegato XV “mette in risalto l'inerenza di ciascun punto alla progettazione dell'opera e all'organizzazione del cantiere, alla tipologia delle lavorazioni e alle loro interferenze; si veda, ad esempio, il punto 2.1.2. c)» e insieme all’art. 100 consente di affermare che “il d.lgs. n. 81/2008 ha ancor più nettamente connesso l'opera del coordinatore per l'esecuzione alla sicura organizzazione complessiva del cantiere…con ciò intendendosi la conformazione dell'opera, dell'area di cantiere e della sequenza delle lavorazioni - tenuto conto anche, ma non esclusivamente, del rischio da interferenze - alle necessità della sicurezza dei lavoratori»; invece, «le singole lavorazioni, per contro, devono essere organizzate in modo sicuro dai datori di lavori chiamati alla loro esecuzione».

I singoli punti dei contenuti minimi del PSC elencati dal legislatore dell’Allegato XV consentono di individuare “l’area di rischio governata dal coordinatore”; questa area di rischio “è quella che attiene alla conformazione generale delle lavorazioni (che tiene conto dell'area e dell'organizzazione del cantiere, delle lavorazioni e delle loro interferenze)”; dai punti 2.2.1., 2.2.2. e 2.2.3 dell’Allegato XV si ricava che «compito del coordinatore è quindi quello di prendere in considerazione le fonti di pericolo rappresentate dall'ambiente di lavoro, dal modo in cui sono organizzate le attività in esso, dalle procedure lavorative, e dalla convergenza in esso di più imprese».

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