Calcestruzzo Armato | Patologie Edili
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La vita utile delle strutture in calcestruzzo armato e le nuove nanotecnologie

Nell’articolo si analizzano i fattori che influenzano la vita utile delle opere in calcestruzzo, intesa come il periodo di tempo durante il quale esse conservano i livelli prestazionali evidenziando come l'innovazione tecnologica (a livello di nanoscala) stia facendo passi da gigante nella direzione di una maggior durabilità di questo materiale.

L’interesse verso il  tema della vita utile di una struttura in calcestruzzo armato è motivato dal fatto che dalla seconda metà del ventesimo secolo si è molto costruito ma vi è stata una totale mancanza di manutenzione.

La promozione del capitale naturale e del paesaggio, l’edilizia di qualità, la riqualificazione e la rigenerazione urbana, il recupero dell’esistente oltre al riuso delle aree contaminate o dismesse devono diventare una priorità per la nostra esistenza e per l’ambiente in cui viviamo con l’obiettivo di far comprendere come attraverso la manutenzione del patrimonio edilizio esistente si possa perseguire lo sviluppo economico della società, il benessere sociale degli individui e la salvaguardia dell’ambiente e del costruito sia realizzata che futuro.


Vita utile e durabilità

Formalmente la normativa definisce il concetto di durabilità di un conglomerato come il superamento dello stato limite di esercizio, ma la funzionalità dipende anche da altri fattori come:

  • il degrado del materiale in funzione dell'ambiente di esposizione;
  • le lesioni, soprattutto micro del calcestruzzo, che possono ridurre la durabilità della struttura, la sua efficienza o il suo aspetto. Ci si riferisce in particolare al fenomeno del ritiro che può manifestarsi fin dal primo tempo di vita del getto.

La vita utile deve essere stabilita in fase progettuale, con riferimento alla durabilità del dimensionamento delle sezioni resistenti in conglomerato cementizio armato e riportata negli elaborati strutturali impostando la classe di esposizione prescelta e di norma è maggiore di quella nominale se esiste manutenzione.

In generale, per le strutture in calcestruzzo armato, possiamo dire che la durabilità è legata sia alla capacità del conglomerato di proteggere le armature metalliche dai processi di corrosione provocati dall’attacco degli agenti aggressivi presenti nell’aria, nell’acqua e nei terreni, che all'esposizione ambientale della struttura.

Statisticamente il 42% del degrado è da attribuire ad un calcestruzzo non adeguatamente confezionato, il 22% per deficienza nella messa in opera del materiale, il 12% per errori di progettazione, l'8% per sovraccarichi non adeguati all'uso, il 7% per fondazione non adeguate, il 4% per incendi, e il rimanente 5% per motivi vari. In particolare, poco considerato nel mix-design il degrado dovuto a cause interne quali errori di confezionamento, di trasporto, di posa in opera, di compattazione, di stagionatura del calcestruzzo, posizionamento non corretto delle armature metalliche, mancato rispetto del copriferro minimo. Ma non è da scartare la scelta degli inerti.

Questi fattori provocano fenomeni forti di permeabilità del calcestruzzo sia per aumento della porosità della matrice cementizia che per formazione di lesioni che agevolano la penetrazione di sostanze aggressive nell'interno del calcestruzzo e il conseguente degrado del materiale.

Gli elementi che influenzano la porosità del calcestruzzo sono in modo specifico il dosaggio di cemento e il rapporto a/c che intervengono in funzione del grado di idratazione raggiunto al momento dell'esposizione all'ambiente aggressivo, l’essiccazione del manufatto e l'omogeneità del calcestruzzo. In particolare la permeabilità diminuisce all'aumentare del dosaggio di cemento, aumenta con l’incremento del valore del rapporto a/c, aumenta con l'essiccamento della pasta cementizia poiché aumenta il ritiro.

Altro elemento che può diminuire la vita utile di un conglomerato cementizio è il fenomeno della carbonatazione che è relativo alla presenza nei terreni fondali di falde acquifere che causano l’azione aggressiva dell’ossigeno e dell’umidità ambientale penetrati nella massa del calcestruzzo insieme all’anidride carbonica.

L’avanzamento del fenomeno della carbonatazione nella massa strutturale, con conseguente corrosione delle armature, avviene secondo la relazione:

X √(K) N T

  • X: è lo spessore di calcestruzzo interessato dalla carbonatazione in mm;
  • T: è il tempo, in anni;
  • N: è un coefficiente che dipende dalla porosità del conglomerato: n=2 per calcestruzzi porosi, n>2 per quelli compatti;
  • K: è un coefficiente complesso funzione del rapporto A/C, del titolo del cemento e dell’umidità relativa dell’aria.

In calcestruzzi porosi l’andamento è spesso parabolico per cui il valore di N è 2. In calcestruzzi compatti la velocità di penetrazione tende, però, a ridursi più velocemente (N>2). In ogni caso K, e quindi la velocità con cui il processo di carbonatazione avanza all’interno del calcestruzzo, dipende da fattori relativi al calcestruzzo stesso e da fattori ambientali. In pratica una previsione sufficientemente esatta di K e quindi dello spessore carbonatato è complessa. Comunque indicativamente si può ritenere che k di un calcestruzzo impervio sia pari a 1, quindi con penetrazioni della carbonatazione pari a 8 mm in 50 anni, mentre k di calcestruzzi porosi possono avere valori anche di 10, ovvero con penetrazioni anche maggiori di 40 mm in 15 anni.

Avanzamento del fronte di carbonatazione

È opportuno notare come nelle condizioni in cui la velocità di penetrazione della carbonatazione è massima (50-70% UR) la velocità di corrosione è trascurabile (almeno in climi temperati). Per questo motivo in calcestruzzi poco umidi (ad esempio all’interno di un edificio) anche se la carbonatazione raggiunge le armature in tempi relativamente brevi, non si producono apprezzabili attacchi corrosivi. In calcestruzzi più umidi, o soggetti all’azione della pioggia, succede esattamente il contrario: la penetrazione della carbonatazione avviene più lentamente, ma una volta raggiunte le armature provoca un attacco che si produce con velocità elevata.

Velocità di propagazione della carbonatazione rispetto alla % di umidità relativa


Facendo più determinazioni del valore di X a tempi T diversi si può calcolare K dalla pendenza della retta X rispetto alla T.

Valori sperimentali di k per la carbonatazione in funzione del rapporto a/c.


Occorre precisare che la carbonatazione del calcestruzzo e la conseguente depassivazione delle armature non provocano, invece, corrosione se l’acqua e l’ossigeno non sono presenti sulla superficie delle armature o lo sono in tenori molto bassi. Ad esempio, in un calcestruzzo carbonatato, la corrosione risulta trascurabile sia quando si trova a contatto con una atmosfera di umidità relativa < 70% (per mancanza d’acqua) sia quando è immerso in acqua (per scarso apporto di ossigeno alla superficie delle armature).

Pertanto le condizioni di umidità ambientale più critiche per il prodursi della corrosione (una volta che la carbonatazione è avvenuta) sono quelle con umidità relativa compresa tra 80 e 98% oppure quelle caratterizzate da condizioni di alternanza asciutto - bagnato (che di fatto mantengono a lungo alla superficie delle armature tenori di acqua e di ossigeno analoghi a quelli presenti nel calcestruzzo in equilibrio con umidità comprese nell’intervallo critico 80¸98%).


L’innovazione tecnologica nel calcestruzzo

In questo ultimo decennio la tecnologia dei calcestruzzi ha compiuto decisivi passi in avanti riguardo l’aumento della vita utile dei conglomerati cementizi. In particolare, il calcestruzzo 3SC rappresenta un’evoluzione degli autocompattanti che non necessitano di essere vibrati per raggiungere proprietà meccaniche ottimali, permettendo al conglomerato di fluire anche all’interno di armature particolarmente complesse o in condizioni ambientali disagevoli.

Tale tecnologia consente oggi di ridurre l’energia necessaria alla realizzazione di strutture in c.a. e di abbattere i costi e i tempi di realizzazione rispettivamente del 50% e dell’80%.

Le proprietà caratteristiche dei calcestruzzi 3SC sono ottenute integrando additivi superfluidificanti, viscosizzanti, antiritiro e agenti espansivi. Questo fa in modo che il conglomerato risulti più lavorabile anche con bassi rapporti acqua/cemento e non riduca la resistenza del calcestruzzo nel breve periodo, permettendo una rapida rimozione delle casseforme e incrementando inoltre di gran lunga la vita utile. Si migliora inoltre l’aderenza alle barre di armatura e il modulo elastico, mentre si riducono le principali cause di degrado del calcestruzzo quale il ritiro igrometrico, la deformazione viscosa e la permeabilità all’acqua.

Allo stesso modo, le nanotecnologie permettono di analizzare, modificare e controllare l’idratazione del cemento presente in malte e calcestruzzi, migliorando le prestazioni globali in relazione alla massa, così da ottenere eccellenti proprietà meccaniche e chimico-fisiche con minore qualità del materiale. Inoltre, la struttura di calcio-silicato-idrato (C-S-H), responsabile delle proprietà fisiche e meccaniche inclusi ritiro, creep, porosità, permeabilità ed elasticità, può essere modificata per ottenere una durabilità più elevata o per realizzare impasti caratterizzati da una migliore lavorabilità nel tempo.

Come si può dedurre da quanto scritto precedentemente, la ricerca nanotecnologica legata al cemento sta contribuendo da alcuni anni allo sviluppo di materiali cementizi tradizionali. Attualmente la ricerca è orientata verso una “seconda generazione” di nanocementi e nanocalcestruzzi in grado di ridurre i consumi energetici (minori temperature di fusione, minore impiego di combustibile) e le emissioni di CO2 degli stabilimenti produttivi.

In linea con tali obiettivi, la tendenza in atto è quella di spingere sempre di più verso l’ingegnerizzazione del cemento, dei calcestruzzi e delle malte, cercando di comprendere le relazioni esistenti tra la struttura chimico-fisica e le proprietà espresse dal materiale finale.

L’impiego di inerti finissimi o additivi nanostrutturati, consente di coniugare un miglioramento delle prestazioni meccaniche, delle proprietà reologiche e della lavorabilità, con un incremento della durabilità del materiale, grazie a una struttura più compatta che impedisce l’attacco degli agenti chimici e atmosferici.

Infine, l’applicazione di NEMS alle strutture in calcestruzzo armato costituisce un’innovazione interessante finalizzata ad una migliore comprensione del comportamento del calcestruzzo.

I NEMS sono dispositivi che integrano funzionalità elettriche e meccaniche nell’ambito della nanoscala, in grado di misurare nel tempo le caratteristiche fondamentali del materiale (densità, viscosità, ritiro, ecc.) e monitorare gli sforzi di sollecitazione, la corrosione delle armature o altri danni alla struttura. Attualmente sono sperimentati come additivi nel conglomerato, ma l’obiettivo è di applicarli a posteriori tramite vernici o spray per ottenere una migliore distribuzione sulle superfici da monitorare.

Bibliografia
Porcari V.D. Tesi di dottorato: Uno strumento di supporto decisionale per il progresso di manutenzione del patrimonio costruito
• Atti III Congresso Internazionale Concrete 2014 – Progetto e tecnologia per il costruito tra XX secolo e XXI secolo
• Atti II Congresso Internazionale ‘Concrete 2012’ – Il calcestruzzo per l’edilizia del nuovo Millennio. Progetto e tecnologia per il costruito
• Atti I Congresso Internazionale ‘Concrete2009’ – Evoluzione tecnologica del calcestruzzo: Tradizione, Attualità, Prospettive - a cura di Agostino Catalano
• Renato Iovino, Flavia Fascia, Emanuele La Mantia - Il degrado delle strutture in cemento armato: tra teoria e sperimentazione. La corrosione delle armature per carbonatazione del calcestruzzo.

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