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Ma cosa è il CANTIERE DIGITALE ?

Alcune riflessioni sul Cantiere Digitale e la sua reale attuazione ...

La digitalizzazione, a cui ormai obbligatoriamente si deve anteporre, pour cause, il sempre più indefinito acronimo «BIM», che forse, per ciò stesso, meriterebbe una vera e propria damnatio memoriae, si sta gradualmente avvicinando al cantiere edile o infrastrutturale, ma il rischio è che gli scenari più volte adombrati, a base di droni, scanner, digital camera, wearable, tablet, sensori, esoscheletri, robot, stampanti, e quant’altro, si risolva in molta aspettativa (ingenti investimenti) e in poca sostanza (esiti non commisurati): un insieme di meraviglie senza sistema di connessione e di discernimento.

angelo-ciribimi-bim-digitalizzazione.jpgIl che accadrebbe sia in virtù del fatto che gli attesi benefici non possano avere pienamente luogo in assenza di una impegnativa ridefinizione delle condizioni strutturali al contorno (dall’integrazione tra ideazione, costruzione e gestione alla rivisitazione della catena di fornitura e dei corrispondenti apporti di valore), sia in considerazione della confusione tra mezzi (strumentali) e fini (gestionali).

Tutte le iconografie legate al cantiere digitale rappresentano, infatti, i dispositivi senza visualizzare adeguatamente l’intelligenza che li muove, se non in maniera involontaria, laddove, ad esempio, si mostrano vedute aeree da droni di lavori di scavo inerenti a opere lineari, che magnificamente enfatizzano i caratteri della «sorveglianza» a cui, infine, si accennerà.

Paul Wilkinson, con grande acume, sottolineava, a proposito di un prestigioso evento organizzato a Londra dal Financial Times sul futuro del settore della costruzione, come il resoconto delle esperienze, non solo degli esperimenti, di automazione e di robotizzazione dei cantieri effettuati in Giappone, in particolare da Shimizu, ne dimostrassero, fattualmente, la praticabilità.

Non si tratta, naturalmente, di una constatazione di poco conto, a prescindere dalla contestualizzazione di tali opzioni.

Contemporaneamente, Antoine Picon, a proposito delle sperimentazioni europee di robotica applicata alla fabbricazione digitale, ne enfatizzava la dimensione «nostalgica» accanto a quella «futuribile»: la prima certamente più inaspettata della seconda.

Il che ben indica come gli scenari «progressivi» possano presentare implicazioni «regressive»: nel senso migliore dell’attributo.

Ma cosa è il CANTIERE DIGITALE ?

Entrambe queste citazioni ci indicano come l’espressione «cantiere digitale», già utilizzata diversi anni fa in una storica pubblicazione edita da Springer a cura di André Borrmann e da un altro studioso, soffra, lo si è scritto in diverse altre occasioni, di confusioni e di ambiguità.

Una prima ipotesi, già riscontrata in alcuni cantieri e in alcune imprese di costruzioni in Italia, riguarda il coinvolgimento del «BIM» nella progettazione costruttiva e, persino, ancor prima, nella formulazione dell’offerta.

Per quanto riguarda il secondo aspetto, le potenziali applicazioni di Machine Learning alla messa a punto delle offerte tecniche ed economiche appaiono embrionali, non foss’altro per il fatto che le imprese di costruzioni raramente dispongono di serie storiche significative, tanto meno organizzate in modo semanticamente fruibile.

Semmai, vi è la convinzione di poter utilizzare modelli informativi forniti dalla committenza interpellante, per quanto «sommari» possano essere, per affinare le valutazioni nella configurazione dell’offerta tecnica e, soprattutto, economica.

Ovviamente, tale imprecisione da alcuni è considerata quale fattore ostativo, ma, in genere, da altri è considerata maggiormente auspicabile dell’assenza totale di riferimenti attendibili.

D’altra parte, sistemi di programmazione parametrica dei lavori, basati su analisi statistiche di serie storiche di dati, di stampo semi-automatico sono già in uso per calibrare le offerte.

In ogni caso, è questa è veramente una «rivoluzione», alcune imprese di costruzioni iniziano a temere di aggiudicarsi gare e contratti a condizioni sfavorevoli, anche perché la presenza dei modelli informativi potrebbe aggravare ulteriormente ribassi percentuali insostenibili di per sé, cercando di riorganizzare al meglio preziosi dati annidati e dispersi nei propri sistemi informativi.

Margini di profitto esigui ed erogazione limitata del credito rappresentano, infatti, ormai spade di Damocle che pendono sulle sorti delle imprese e che le motivano a recuperare da «scatoloni» e «ricordi» il fondamentale «combustibile» per allenare gli algoritmi previsionali.

Per quanto concerne la progettazione costruttiva, da un lato, si riscontra la necessità di porre mano radicalmente ai modelli informativi forniti dal committente: o meglio, di rifarli integralmente, poiché le logiche seguite dai progettisti appaiono quasi esclusivamente geometrico-dimensionali, anziché alfa-numeriche.

Si deve anche osservare come un saggio impiego delle entità presenti nei modelli al fine delle negoziazioni e delle transazioni tra main contractor, trade contractor, manufacturer, dealer e supplier, comporti una flessibilità adattiva dei singoli oggetti, tratti dalle Library, una rigorosa corrispondenza alle voci di computi metrici ed elenchi prezzi, e un loro aggiornamento rispetto a cataloghi e listini di produttori e di distributori, possibilmente nelle versioni conformi ai vincoli regolamentari del mercato locale.

Quel che è peggio, è che questi modelli, proprio sotto il profilo geometrico-dimensionale, non di rado difettino di strutture logiche di decomposizione (breakdown structure), come logico risultato di processi decisionali sequenziali e dis-integrati che pretendono che la progettazione unilateralmente svolta sia «eseguibile».

Oltre a ciò, la difficoltà principale risiede nella disponibilità reale di fornitori e di subappaltatori in grado di dialogare utilmente attraverso i modelli informativi.

D’altra parte, sollecitare la catena di fornitura ad adottare i metodi e gli strumenti della modellazione informativa richiederebbe programmi formativi che solo ora le scuole edili iniziano ad erogare sistematicamente, ma, soprattutto, vorrebbe dire ripensare i rapporti tra i livelli di fornitura e di subappalto.

Questo grado, elementare, di digitalizzazione appare, dunque, tuttora piuttosto critico e presenta evidenti diseconomie sanabili prevalentemente attraverso una azione di acculturamento dei progettisti rispetto alle logiche costruttive e di disseminazione della cultura del dato presso la catena di fornitura.

Si tratta di un tema che attiene alla mentalità, di carattere generazionale, ma anche che si riferisce all’entità degli investimenti richiesti.

CANTIERE DIGITALE: CI SONO LE RISORSE ECONOMICHE ?

Con i margini di profitto attualmente concepibili nella catena e con le relazioni tese tra tutti i contraenti e sub contraenti, sembra, in effetti, improbabile poter conseguire questo obiettivo.

Di fatto, le migliori imprese di costruzioni, che dovrebbero recepire i contenuti del capitolato informativo dal committente nel proprio piano di gestione informativo, sono costrette sovente a redigere ex novo il primo, per non parlare dell’ambiente di condivisione dei dati, generando clamorose asimmetrie a sfavore di uffici di direzione dei lavori che dovrebbero registrare controlli e redigere registri di contabilità e stati di avanzamento dei lavori su un impalcato logico concepito dalla controparte: in attesa, ci mancherebbe, degli accordi collaborativi.

È palese che la configurazione dei modelli 4D e 5D, traibili da tali modelli e strutture di dati, discenda dalla qualità (non solo) della modellazione informativa precedente: ragion per cui molto spesso, in sede di offerta, i modelli informativi di committenza, disciplinari e aggregati, vengon buoni per produrre, da parte dei candidati, «cartonati» esplicativi di soluzioni organizzative e logistiche proposte per il cantiere e suggestive animazioni ad usum Delphini, poiché si è consci che épater le bourgeois costituisca il fine.

Occorre, peraltro, osservare che la concezione banalizzata, in quanto «rappresentativa», del 4D trascuri le ragioni peculiari del metodo, che implica, prima di tutto, una attenzione spaziale che vincoli lo sviluppo temporale, un tema caratteristico dell’impiantistica industriale.

Di conseguenza, il modello 4D è, in primo luogo, frutto della concezione logistica del cantiere, cioè di una ingegnerizzazione del cantiere che non è sempre prerogativa diffusa delle imprese, ma che, oggi, in termini computazionali «generativi», permetterebbe classicamente di ottimizzare, ad esempio, scelta, posizionamento e interazione dei mezzi di sollevamento, così come di molti altri temi dedicati al lay out.

In merito all’evoluzione temporale, invece, di là da una comprensione e di una validazione generale del sequencing, solo sequenze molto dettagliate possono essere visualizzate con reale efficacia, tanto più se poste in un contesto di gamification, vale a dire di simulazione delle interazioni ta gli attori/agenti, possibilmente immersivo: una eventualità, peraltro, rarissima.

Si tratta di riconoscere che tutte queste applicazioni, relativamente ad altri Paesi, siano maggiormente diffuse, solo in imprese particolarmente avanzate, ma, indubbiamente, le modalità di visualizzazione più significative correlano gli oggetti del cantiere con l’andamento degli istogrammi e delle curve a S (in materia di Earned Value Management), così da immediatamente consentire una comprensione dei maggiori indicatori di gestione, i performance indicator.

La modellazione 4D, peraltro, a partire dai primi esperimenti condotti a Stanford University da Martin Fischer e a MIT da Sarah Slaughter (I cui applicativi erano già in uso agli studenti dell’Università degli Studi di Brescia nei primi Anni Duemila!), come già tempestivamente compreso nel Regno Unito agli albori del nuovo millennio, è principalmente una modalità di analisi di scenari tesa a individuare le migliori soluzioni di mitigazione del rischio.

Conta il protocollo, non il modello!!!

Analogamente, il 5D, più che una semplice preventivazione e consuntivazione contabile, sarebbe, al contrario, l’applicazione ai processi di approvvigionamento di criteri di Lean Construction, tesi ad assicurare la disponibilità reale delle risorse necessarie nelle location di cantiere al tempo previsto, nonché di affrontare tempestivamente le turbolenze sulla logistica di fornitura così da garantire una continuità di operatività delle risorse effettivamente disponibili: cosa anch’essa nota ai summenzionati studenti nel tempo coevo, grazie all’adozione di Dyna Project e di Dyna Road, precursori di Vico Control.

Se, perciò, la modellazione informativa nella progettazione costruttiva solleva il delicato tema, molto poco praticato, del ruolo attivo e partecipato dell’intera catena di fornitura ai processi decisionali, tipico, a titolo esemplificativo, del Last Planner System, le sue declinazioni 4D e 5D evidenziano una carenza della diffusione del sistema di controllo di gestione: come a dire che la causa principale del «ritardo digitale» stia al di fuori della digitalizzazione.

Per questa ragione, enfatizzare e comunicare ciò che non corrisponde alla realtà è, alla lunga, controproducente.

Se, pertanto, le applicazioni digitali al cantiere, prima di dare inizio ai lavori, in Italia, ma anche altrove, tranne eccezioni molto rilevanti e ben note (al netto delle verifiche sul campo), risultano piuttosto embrionali, è doveroso ammettere che le maggiori ambizioni si concentrano sul dominio delle alee e delle incertezze in remoto e in tempo reale nel corso dei lavori.

Esse si esplicitano, in un primo tempo, nella reazione tempestiva agli scostamenti e alle non conformità grazie a un sistema informativo in loco basato su rilevazioni soggettive supportate da tablet e oggettive attraverso la scansione e la sensoristica: altro argomento affrontato sul campo cogli studenti bresciani ai tempi di Vela System.

Non dando per scontate la strutturazione del dato e la fluidità dell’informazione (i flussi informativi sono, in effetti, spesso interrotti off line e molto poco interoperabili e interattivi tra loro: le API docent), l’eventualità di una reazione tempestiva all’accadimento rappresenta un elemento inedito che rende più credibile e cibernetica la pianificazione e la programmazione per mezzo di monitoraggio e di controllo.

D’altronde, la possibilità di gestire gli accadimenti e gli adempimenti inerenti a tempo, spazio, quantità, costo e ricavo, introito ed esborso, qualità, salute, sicurezza, ambiente, società, grazie ai dati numerici, implica che si crei una convergenza rispetto ai sistemi di gestione aziendale, a cominciare dal cost accounting e dall’ERP, passaggio, però, reso complicato dalla eterogeneità e dalla variabilità degli assetti nelle compagini di commessa.

È, infatti, determinante riuscire, per le imprese, a dar vita a sistemi di conversione che permettano alle strutture contabili di commessa (e, pertanto, alle strutture di scomposizione della programmazione delle attività) di trovare coerenza col sistema aziendale di contabilità industriale.

Tale contabilità, per le ragioni legate al tema della produttività e a quello della redditività, sono per le imprese il fattore primario che mostri significativi ritorno di investimento relativi alla digitalizzazione.

INTEROPERABILITA' IN TEMPO REALE ?

Del resto, se si pensa al fatto che i dati derivanti dai macchinari sensorizzati, dallo stile di guida al consumo di combustibile, nella loro interezza, siano di appannaggio dei soli produttori e che unicamente società di servizi offerenti rilevazioni, in tempo reale in cloud, tramite sensori, delle caratteristiche del calcestruzzo gettato in opera detengano le intere serie storiche utili al mix design e alla previsione dei tempi di disarmo, si può capire, non solo la difficoltà di interoperabilità per le imprese di costruzioni, ma anche la cessione forzata e gratuita, da parte di esse, di una conoscenza determinante ai fini competitivi.

Dal pedale che reagisce immediatamente al comportamento dell’escavatorista, già di per sé supportato da un macchinario che «legge digitalmente» il terreno e lo verifica con l’ausilio dei droni, alla guida autonoma, è una storia intera occupazionale che si consuma: qui soccorrono le importanti tesi di Marco Bentivogli, così come quelle di Michele Tiraboschi, sulle nuove skill digitali, da rammentare a una accademia attardata sui corsi di BIM Authoring.

La generazione di grandi moli di dati è oggi percepita dalle maggiori imprese come sensibile e critica per i processi di offerta e, almeno in parte, per quanto attiene alle registrazioni dei controlli nei sistemi (integrabili) di gestione, ma soffre di questa criticità.

La razionalità di tale approccio, che dipende, appunto, dalla detenzione delle serie storiche, strutturate e interrogabili, risiede nella possibilità di predire gli avvenimenti e, perciò, di scongiurarli, rimuovendone aprioristicamente le cause.

Sarebbe, perciò, necessario dare avvio a pratiche di Field BIM (non ci si privi dell’acronimo) sistematiche, possibilmente condivise tra più imprese contraenti principali, al fine di supportare le Predictive Analytics.

Tutto questo si prospetta come veramente futuribile nel cantiere italiano, a meno che, nonostante le difficoltà oggettive, si desideri procedere a una considerevole rivisitazione dei rapporti negoziali, da parte delle imprese affidatarie, nei confronti delle imprese esecutrici e si addivenga a una concertazione delle verifiche in contraddittorio colla controparte, che gli accordi collaborativi vorrebbe destituire della veste antagonista.

L’ingresso vero e proprio dei sistemi digitali per la conduzione giornaliera o quotidiana dei lavori (e delle forniture: si pensi ai processi di assemblaggio), così come per la gestione dei modelli informativi riferibili alla progettazione costruttiva, mette in gioco prepotentemente e ulteriormente la gestione strategica della catena di fornitura e, di conseguenza, i rapporti con progettisti d’impresa, produttori e sub appaltatori.

Del resto, la conduzione digitale dei migliori cantieri, sotto il profilo dell’aggiornamento, resta paradossalmente analogica, come si evince dal fatto che, ad esempio, il quadro o il dirigente in cantiere possa, dal proprio tablet consultare un «documento» (in realtà, un elaborato grafico) e discuterne in tempo reale in remoto col progettista di impresa.

Già diverso sarebbe avviare in tempo reale (come si può agevolmente fare) una contestazione tanto colla direzione dei lavori quanto col fornitore: potenza della «nuvola».

Oppure che, nel corso della riunione periodica, di fronte a un grande touch screen display, i diversi rappresentanti dei soggetti coinvolti possano «toccare» oggetti dotati di codici cromatici semaforici per discutere delle ragioni di uno scostamento, della variance. Un SPI da 0.6 non fa piacere ad alcuno, vederselo sotto gli occhi, men che meno.

Non dissimile è lo scenario dell’operatore che si reca a video all’edicola protetta in cui consulta il modello informativo e ne stampa un dettaglio.

Molto diversa sarebbe la possibilità di visualizzare, tramite realtà aumentata, il dato sul visore (per quanto ipotesi poco funzionale e potenzialmente patologica per le funzioni ottiche) o, meglio, sul tablet: classici sono gli esempi dei ferraioli che consultano le distinte dei ferri di armatura e dei carpentieri che collocano riservazioni sui casseri.

Parimenti, il sistema, ormai disponibile, di sovrapposizione tra scene digitali e nuvole di punti che restituisce automaticamente la stima percentuale dei progressed work appare emblematico.

In realtà, se si pensa ai componenti, non ancora «intelligenti», che giungono in cantiere quanto meno con QR Code o RFID Tag, si potrebbe immaginare una loro interazione vocale con gli operatori, assai più naturale e diretta.

È, poi, significativo che attualmente il maggior interesse delle imprese, più che a una riconfigurazione digitale delle relazioni nella propria catena di fornitura, siano, come ribadito, preoccupate di trovare una convergenza tra i modelli informativi prodotti per la progettazione costruttiva, le rilevazioni in tempo reale in sito e la generazione dei documenti contabili, a opera della direzione dei lavori o di esse stesse.

Sotto questo profilo, esoscheletri, impianti produttivi volanti automatizzati e robotica, per quanto praticabili realmente nel cantiere, non appaiono probabilmente altrettanto incisivi, dato che la natura «4.0» del cantiere, Off Site od On Site, pare, pensando a sincronizzazione e ad autonomazione, guardare ad altro.

È, tuttavia, pur veritiero il fatto che macchinari, apprestamenti, opere provvisionali, utensili e operatori, tutti sensorizzati e interconnessi, siano dipendenti da approcci Machine-To-Machine e Man-To-Machine, finalizzati a creare ritmi sincroni, anche con le entità dirette al o fuoriuscenti dal cantiere.

È un mondo di metriche che, dalla tracciabilità dei fattori produttivi giunge, appunto, alla misurazione della loro efficienza ed efficacia: in condizioni strettamente di sicurezza.

Che si parli di offerta, di mobilitazione o di realizzazione (e di completamento o collaudo: con As Built, Asset Information Model o Digital Twin), ciò che sembra, però, decisivo, nei confronti dei dispositivi materiali, è la definizione di una piattaforma di Intelligence che permetta processi immateriali decisionali supportati da algoritmi dedicati e, dunque, prime forme di autonomazione.

Qui la distinzione tra «collaborazione» e «sorveglianza» diviene sottile, qui le alert e i warning assumono il ruolo primario, per giungere da prevedere a predire.

I sistemi di riconoscimento automatico di non conformità relative all’uso dei dispositivi di protezione individuale danno una chiara dimostrazione del paradigma: la sua versione di intelligenza vocale la rafforza.

Nella concezione più avanzata, il cantiere digitale è predittivo nella misura in cui cognitivamente cerca di espungere da esso, simulandoli, i processi e gli attori che possano incrementare il rischio, ovvero esaltando gli elementi che rendano quest’ultimo opportunità.

Quanto si sia distanti da questi scenari può essere dimostrato da limiti tecnologici, evidenti, oltre che, ben più importanti, culturali, giuridici e organizzativi, ma occorre chiedersi se abbia senso parlare ancora di «BIM» e di «4D», quando «4.0» sta a dire quanto appena sottolineato.

È tempo per l’imprenditorialità di avviare un tavolo di lavoro con le rappresentanze sindacali e con le istituzioni finanziarie per affrontare risvolti critici che saranno la cifra dei cantieri nel prossimo avvenire.

L’Accademia seguirà ...