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Misure di contrasto agli incendi boschivi: il fuoco prescritto

Approfondimento della tecnica del “fuoco prescritto” (“prescribed fire”) quale misura efficace per prevenire gli incendi di bosco ed, in generale, quale strategia e tecnica per una mirata e proficua gestione del territorio.

Il presente lavoro intende approfondire la tecnica del “fuoco prescritto” (“prescribed fire”) quale misura efficace per prevenire gli incendi di bosco ed, in generale, quale strategia e tecnica per una mirata e proficua gestione del territorio.  

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La tecnica del "FUOCO PRESCRITTO": che cosa è e come si applica

Tra le attività di prevenzione degli incendi boschivi, una delle tecniche più interessanti è rappresentata dal “fuoco prescritto” (“prescribed fire”).

Essa si attua con l’applicazione esperta, consapevole ed autorizzata del fuoco su superfici pianificate, adottando precise prescrizioni e procedure, per l’ottenimento di specifici obiettivi.

Si tratta di una strategia di intervento che si concretizza, attraverso accensioni consapevoli, in realtà ambientali definite, in concomitanza di condizioni climatiche adeguate, allo scopo di consumare biomasse individuate sulla base di apposito progetto.

In una parola, si tende alla eliminazione, attraverso il fuoco, della vegetazione ingombrante, della lettiera e della necromassa accumulata che, oltre ad ostacolare la rinnovazione naturale del bosco, fanno da esca all’insorgenza dell’incendio [8].

Quindi, al di là di ogni raccomandabile scopo preventivo, la tecnica del “prescribed fire” è utile alla conservazione degli ecosistemi e degli habitat, alla selezione delle specie erbacee ad elevato valore silvo-pastorale, al ricaccio di germogli graditi agli animali pascolanti, alla rinnovazione naturale di alcune specie forestali (es. Pinus halepensis), ed, in più, è utile ed opportuna alla formazione del personale addetto alle operazioni di spegnimento [5].

Cosa dice la normativa di settore

In Italia, la tecnica del fuoco prescritto è stata sperimentata, dagli anni '80, su boschi di Pino d'Aleppo e su macchia mediterranea, per favorire la rinnovazione delle specie vegetali [10].

Purtroppo, malgrado i discreti risultati ottenuti, attualmente non vi è alcuna legge nazionale che disciplini l'argomento, contrariamente ai Paesi dell'area mediterranea (Spagna, Portogallo, Francia), che vantano esperienze molto più avanzate [1].

Qualche riferimento legislativo viene riscontrato unicamente in leggi regionali, al netto della sola Regione Campania che, con la Legge 13/6/2016 n. 20, istituisce le norme per l'applicazione del fuoco prescritto.

Non sono ancora del tutto chiari i motivi della scarsa attenzione al problema; eppure, dal punto di vista economico, il fuoco prescritto è abbastanza competitivo nei confronti di tutte le altre opere di prevenzione, per il fatto che esso non richiede attrezzature particolari, ed in più, sul piano formativo, tale attività accresce e migliora l'esperienza e la consapevolezza degli operatori sulla evoluzione del fuoco e sulle sue conseguenze, realizzando un percorso formativo permanente.

Fare training con fuoco reale non è solo buona pratica, ma è esigenza ineludibile per garantire professionalità ed elevati livelli di sicurezza, non solo agli operatori, ma anche ai territori interessati.

L'esercizio alla cooperazione e all'affiatamento della squadra, l'addestramento al controllo della fiamma, all'uso del G.P.S. e della cartografia, l'abitudine al briefing, sono esperienze che arricchiscono le peculiarità proprie degli addetti, in grado di assicurare qualità ed efficienza negli interventi di emergenza.

La consapevolezza di tutti questi aspetti potrebbe sicuramente rimuovere gli elementi di criticità del sistema, legati alla limitata conoscenza della problematica e quindi al timore di responsabilità connesse ai rischi che esso comporta.
Bisogna, perciò, fare uno sforzo in più perché il fuoco sia visto in termini positivi ed, in tal senso, la normativa nazionale servirebbe anche a rimuovere le incertezze che interventi simili comportano, specialmente in relazione alla responsabilità per eventuali danni derivanti dalle attività di gestione del fuoco [6].  

Il progetto e il piano di comunicazione

Zone si e Zone no

Naturalmente il fuoco prescritto non può rappresentare la panacea di tutti i mali, ma si è rivelato particolarmente efficace nelle zone agricole, nelle zone di interfaccia e nella realizzazione delle fasce parafuoco. Meno adatto risulta nei complessi silvani a sottoboschi alti, nei boschi giovani e composti da specie vegetazionali sensibili alle alte temperature.

Il progetto di fuoco prescritto e le varie fasi

Propedeutica all'attività di intervento, necessita la redazione di un adeguato progetto di fuoco prescritto, contenente l'analisi puntuale dei luoghi, dei modelli del combustibile, del tipo di fuoco, compatibile con le condizioni meteorologiche ed in linea con l'intervento predisposto e con i comportamenti attesi [2]. 

La parte che riguarda l'organizzazione del cantiere va analizzata sulla base delle risorse disponibili, prevedendo le aree interessate, stabilendo i ruoli dei vari operatori, le tecniche di accensione ed ogni manovra d'azione e di posizionamento dei mezzi.

A completamento del programma è previsto un piano di comunicazione, rivolta ai portatori di interesse. Esso deve contenere tutte le informazioni relative al luogo, alla data di esecuzione, ai numeri di emergenza, all'obiettivo dell'intervento, alle misure di sicurezza.

L'operazione va comunicata, con idoneo preavviso, al Sindaco del luogo, al Comando dei Vigili del Fuoco competente per territorio, ai Carabinieri ed alla Prefettura.

Il Sindaco, a sua volta, è tenuto ad inoltrare opportuno provvedimento di informazione alla cittadinanza e, se de caso, provvedere al controllo delle vie di comunicazione.

Le tecniche di attuazione del fuoco prescritto

Appare chiaro che gli elementi chiave della tecnica del fuoco prescritto sono, appunto, le “prescrizioni”, ovvero le indicazioni di carattere progettuale, riferite alla stazione di intervento, alla frequenza dello stesso, al contesto ambientale in cui si opera, alle tecniche di accensione da adottare, onde governare il fronte di fiamma sia per intensità che per velocità [3].

Le indicazioni definite in fase progettuale hanno il compito di evitare effetti indesiderati (scottatura delle chiome, erosione del suolo) e di fornire, contestualmente, agli operatori impegnati, ogni strumento decisionale per agire in sicurezza.

Il fuoco prescritto può essere attuato con differenti tecniche ma tutte rivolte al rispetto dei parametri legati al consumo di biomassa ed al trasferimento di calore al suolo. 

Vi è ampia possibilità di realizzare fronti di fiamma più o meno intensi, a seconda che si voglia ridurre la biomassa senza interessare lo strato organico del suolo, ovvero si voglia eliminare una elevata quantità di combustibile e contenere specie forestali invadenti [4].

Nella tecnica “a fuoco debole” la velocità di avanzamento è bassa, mentre è alto il tempo di residenza. L'emanazione termica è contenuta ma dura più a lungo rispetto alle tecniche “a fuoco intenso”, molto più veloci e ad elevata emanazione di calore, anche per la combinazione dell'effetto eolico e delle pendenze orografiche.

In fase di applicazione del fuoco prescritto, è possibile utilizzare diverse tecniche di accensione, a seconda della previsione del fronte di fiamma.

Tali tecniche si basano su tutte le possibili interazioni fra le diverse forze che influenzano il comportamento del fuoco (pendenze, direzione e velocità del vento, infiammabilità dei combustibili) e servono a guidare il fronte di fiamma verso la direzione interessata con la prevista intensità e lunghezza del fuoco.

L'operatore addetto all'uso della torcia deve essere in grado di prevedere l'andamento del fronte igneo, per dosare la tempistica e la frequenza delle accensioni in funzione delle caratteristiche del territorio, dei combustibili presenti e dello stato meteorologico.

Le varie tecniche di accensione

Sulla base delle pendenze, del vento e della umidità del suolo, ed in funzione della tempistica delle accensioni, vengono distinte le seguenti tecniche:

accensione lineare controvento e pendenza: consente di mantenere basse la velocità, l'intensità del fronte e la lunghezza delle fiamme. Viene usata, in genere, per creare una fascia di protezione sul lato sopravvento o a monte della zona di intervento. Richiede tempi lunghi di esecuzione per cui è opportuno realizzare linee d'appoggio all'interno del cantiere e lavorare su due o più fronti avanzanti controvento e pendenza. E' molto efficace sotto copertura vegetale;

accensione per punti a favore del vento e pendenza: consente di accelerare i tempi di lavoro, limitare l'intensità del fronte e la lunghezza della fiamma. Viene attenuata dopo aver creato una fascia di protezione sul lato sopravvento o a monte dell'intervento. La distanza tra i punti di accensione determina l'accelerazione del fronte di fiamma e l'aumento della intensità. Si usa nei terreni accidentati in formazioni erbose e arbustive o per eliminare residui di tagli selvicolturali;

accensione per strisce parallele a favore di vento e pendenza: questa tecnica accelera i tempi di lavoro aumentando l'intensità del fronte e la lunghezza della fiamma. Si ricorre a tale tecnica dopo aver realizzato una fascia di protezione sul lato sopravvento o a monte dell'area di intervento. La distanza tra le linee parallele influisce sull'accelerazione del fronte di fiamma e sulla sua intensità. A strisce ravvicinate (1-2 m), può essere applicata sotto copertura vegetale. E' particolarmente indicata per formazioni erbacee e arbustive, con buona accessibilità;

accensione perimetrale: questa tecnica comporta intensità e severità elevate (scottature, consumo di sostanza organica), oltre ad un'alta probabilità allo “spotting” (salto e proiezione di faville). Viene attuata dopo la bruciatura di un'ampia fascia di protezione sul lato sopravvento o a monte del luogo di intervento. Richiede l'applicazione di due operatori che chiudono il fronte lungo i due lati opposti di cantiere. È indicato per formazioni alto arbustive con scarsa accessibilità e richiede una elevata formazione e competenza del personale operante.

Ecco perchè usare il fuoco per salvarci dal fuoco

In tutti i Paesi del Mediterraneo è abbastanza evidente, da alcuni anni, che il problema degli incendi boschivi sia dovuto al cambiamento dell'uso del suolo, in cui i coltivi ed i boschi abbandonati hanno registrato un accumulo gigantesco di biomasse.

In queste condizioni, gli incendi innescati per cause diverse sono difficilmente controllabili. 

Per cui, al di là del potenziamento delle tecnologie e dei mezzi di lotta in emergenza, è più che mai opportuno dare impulso ad una drastica riduzione delle masse combustibili indesiderate, al fine di prevenire l'insorgenza degli incendi che, nel periodo di massima pericolosità, sovente mettono in crisi l'intero sistema organizzativo [7].

Potrebbe apparire anacronistico che, con il sempre più massiccio ricorso alle tecnologie più sofisticate ed all'impiego poderoso dei mezzi aerei e terrestri, attraverso il fuoco prescritto si ritorni ad una pratica antica, nota ai nostri progenitori, che vedeva non l'acqua, bensì il fuoco, come elemento naturale di contenimento degli incendi.

La tecnica del cosiddetto “fuoco tattico” è stata, nel tempo, messa da parte, per essere un'attività abbastanza pericolosa, richiedente elevata competenze tecniche e professionali.

Ma l'evoluzione della ricerca, per una sorta di nemesi storica, ha portato alla riscoperta di vecchi saperi, arricchendoli ed aggiornandoli di contenuti scientifici e di nuove esperienze.

Viene così recuperata, anche in campo ambientale, la dottrina del “similia similibus curantur”, in cui il fuoco, considerato elemento distruttivo, può, nel giusto contesto, divenire elemento salvifico [9]. 

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