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Pavimentazioni in calcestruzzo e CAM 2022: quali requisiti di sostenibilità?

Anche nel settore delle pavimentazioni industriali si assiste sempre più alla ricerca di soluzioni sostenibili, attraverso il miglioramento della durabilità e mediante l’uso di prodotti che contengano una parte di componenti ecologicamente compatibili.

La riduzione nell’uso di materia vergine per la produzione di nuovi prodotti è uno degli obiettivi che il settore delle costruzioni sta perseguendo con maggiore determinazione negli ultimi anni, ed il suo impatto si è esteso via via in un crescente numero di ambiti, anche all'interno del settore delle pavimentazioni industriali.

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Sostenibilità delle opere da costruzione

L’interesse alla sostenibilità trova riscontro nella diffusione dei diversi protocolli di sostenibilità degli edifici (ad es. LEED, ITACA, ecc.) e nelle recenti disposizioni di legge nazionale ai fini dell’attuazione dei Green Public Procurement (GPP), con particolare riferimento a quanto riportato nei Criteri Ambientali Minimi (CAM) emanati dal Ministero dell’Ambiente della Tutela del Territorio e del Mare per il contenimento dei consumi nel settore della Pubblica amministrazione.

Riprendendo quanto enunciato dal Regolamento dei prodotti da costruzione, vi sono tre ambiti preferenziali per la sostenibilità delle opere da costruzione, che viene perseguita attraverso il riutilizzo o la riciclabilità delle opere di costruzione stesse, l’aumento della loro durabilità e la loro realizzazione fatta attraverso materie prime e secondarie ecologicamente compatibili.

Pavimentazioni industriali in calcestruzzo e Sostenibilità

Considerato che il riutilizzo è difficilmente attuabile, per le pavimentazioni industriali si assiste alla ricerca di soluzioni sostenibili, attraverso il miglioramento della durabilità e soprattutto mediante l’impiego di prodotti che contengano una parte di componenti ecologicamente compatibili, ovvero provenienti dal riciclaggio.

La norma UNI 11146 attualmente in uso per la progettazione, la costruzione ed il collaudo dei pavimenti di calcestruzzo ad uso industriale non riporta alcuna indicazione relativa all’utilizzo di prodotti riciclati, né definisce requisiti specifici relativi alla sostenibilità. Ciò non di meno, richiama norme di prodotto e definisce criteri compatibili con gli obiettivi di riduzione nell’uso di materia vergine oggi perseguiti.

Calcestruzzo e CAM

Per le opere che ricadono nell’attuazione dei Green Public Procurement, i Criteri Ambientali Minimi (CAM) emanati dal Ministero dell’Ambiente della Tutela del Territorio e del Mare hanno previsto dei requisiti relativi il calcestruzzo, stabilendo che il contenuto minimo di riciclato debba essere del 5%.

Secondo quanto riportato nella Gazzetta Ufficiale del 6 novembre 2017, infatti, i calcestruzzi devono essere prodotti con un contenuto di materiale riciclato (sul secco) di almeno il 5% sul peso del prodotto. Nello stesso documento, è precisato che al fine del calcolo della massa di materiale riciclato, sia da considerare la quantità che rimane effettivamente nel prodotto finale.

Per le opere che non ricadono nell’ambito pubblico, non è definito un criterio univoco, ma committenza e imprese hanno dimostrato un crescente interesse per soluzioni sostenibili, ed è sempre più frequente l’utilizzo di calcestruzzi per usi strutturali con percentuali di aggregati grossi riciclati sempre più vicine ai valori soglia riportati nella Tab. 11.2.III delle NTC2018.

Requisiti di verifica del contenuto di riciclato nel calcestruzzo: la prassi di riferimento UNI

La verifica del contenuto di riciclato può avvenire attraverso diverse modalità, tra cui una certificazione di prodotto rilasciata da un organismo di valutazione della conformità che attesti il contenuto di riciclato.

In riferimento a questa certificazione, lo scorso 6 luglio è stata pubblicata la prassi di riferimento UNI/PdR 88:2020, dal titolo: Requisiti di verifica del contenuto di riciclato e/o recuperato e/o sottoprodotto, presente nei prodotti. La prassi illustra la modalità con cui deve operare un organismo di certificazione che verifica il contenuto di materiale riciclato e/o recuperato e/o sottoprodotto dichiarato da un’organizzazione per un proprio prodotto, e riporta anche i compiti di chi immette tale prodotto sul mercato.

La prassi pone particolare attenzione nella tracciabilità dei vari componenti il prodotto, attraverso cui deve essere possibile dimostrare la provenienza dei componenti di ogni prodotto realizzato ed anche la corretta applicazione del mix di componenti.

L’implementazione pratica della rintracciabilità è oggetto di verifica da parte dell’organismo di certificazione, che controlla come sia stata definita una procedura che la regola e che la sua applicazione sia sistematica ed efficace.

Facendo un esempio riferito alle pavimentazioni industriali, il requisito di sostenibilità può essere applicato al calcestruzzo, tra i cui componenti riciclati è frequente utilizzare aggregati di recupero.

La gestione di tali aggregati deve prevedere la loro identificazione di origine, che richiede che siano anche eseguite le prove previste dal D. Lgs. 152/2006 e dalle norme di prodotto applicabili. Le informazioni relative all’identificazione devono permanere nelle diverse fasi del ciclo produttivo, ovvero le registrazioni della tracciabilità devono consentire di conoscere, prendendo ad esempio il carico di una autobetoniera, quali aggregati siano stati utilizzati e la quantità di ogni componente utilizzato.

La disponibilità di aggregati riciclati che abbiano prestazioni omogenee è un elemento critico per le realizzazioni a livello industriale. È difficile determinare i volumi di macerie che vengono conferite alle aziende che eseguono le lavorazioni di riciclaggio, ed è altrettanto arduo sapere a priori quali saranno le prestazioni del prodotto riciclato.

I volumi di materiale “pre-consumer” sono legati ai volumi di produzione del processo in cui sono generati, e pertanto stimabili con un discreto livello di precisione.

I volumi di materiale “post-consumer” sono invece normalmente legati alle demolizioni, e pertanto stimabili con un maggiore difficoltà sia in termini quantitativi che in termini di prestazioni

(da ricordare, in tale ambito, il contenzioso James Elliott Construction Limited vs Irish Asphalt Limited per la fornitura di aggregati ‘siderurgici’).

In fase di progettazione della pavimentazione, è pertanto necessario verificare la disponibilità di un certo tipo di prodotto ‘sostenibile’, per evitare il paradosso di creare un oneroso impatto ambientale facendo lunghi trasporti di prodotti di recupero non disponibili nel luogo in cui si realizza l’opera pur di potere affermare che questa è sostenibile.


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