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Proteggere le strutture in calcestruzzo esposte al rischio di corrosione per cloruri con inibitori di corrosione

Questo articolo tratta della protezione dei manufatti in calcestruzzo mediante inibitori di corrosione migranti di natura silanica

Uno dei requisiti più importanti in relazione alla durabilità di strutture situate in ambiente marino o in contatto con i sali disgelanti esposte alla potenziale corrosione promossa dal cloruro è senza dubbio rappresentato dalla resistenza della matrice cementizia alla diffusione di questi ioni. Questo articolo tratta della protezione dei manufatti in calcestruzzo mediante inibitori di corrosione migranti di natura silanica.


I risultati della ricerca sperimentale evidenziano come l'inibitore di corrosione applicato sulla superficie del calcestruzzo consente di ridurre significativamente la penetrazione dei cloruri rispetto ai conglomerati cementizi non trattati, indipendentemente dal rapporto acqua/cemento, dal tipo e dal dosaggio di cemento.
La riduzione del coefficiente di diffusione non stazionario (Dnssm) misurato mediante un test accelerato tra calcestruzzi trattati e non trattati risulta compresa tra il 30 e il 60%. I risultati del test di diffusione naturale del cloruro indicano una forte riduzione del coefficiente di diffusione apparente (Dapp) pari a circa il 75%. Il rallentamento della penetrazione dei cloruri nei calcestruzzi trattati con l’inibitore di corrosione è sostanzialmente dovuto all'effetto idrorepellente, come confermato dai dati della resistività elettrica del conglomerato cementizio. I risultati ottenuti sono di grande interesse per la progettazione strutturale in quanto consentono di ritardare l'inizio del processo di corrosione prolungando la durata della vita di servizio delle strutture in calcestruzzo armato.

Il fenomeno della corrosione delle armature indotta dalla penetrazione dei cloruri

L'alcalinità del calcestruzzo favorisce la formazione di uno strato protettivo in grado di prevenire la corrosione delle armature in acciaio [1]. La rottura di questo film protettivo e, conseguentemente la corrosione dell’acciaio, può aver luogo per molte ragioni, tra cui la più diffusa è legata alla penetrazione dei cloruri nella matrice cementizia. Le soluzioni contenenti cloruro in contatto con le strutture in calcestruzzo (come avviene per le strutture marine o per quelle sottoposte al trattamento con sali disgelanti) penetrano all'interno della matrice per diffusione [2] e dopo aver raggiunto una concentrazione critica all'interfaccia calcestruzzo/armatura, promuovono la distruzione del film passivo determinando la formazione di una microcella elettrica in cui le aree depassivate fungono da anodo mentre quelle adiacenti, dove il film è ancora intatto, si comportano da catodo. Inoltre, si genera un circuito elettrico che coinvolge un trasferimento di cariche sia attraverso le armature che nel copriferro. La circolazione di corrente nel copriferro attrae i cloruri (essendo anioni) verso l'area anodica che, pertanto, subisce una corrosione molto intensa anche a seguito dell’idrolisi dei prodotti di corrosione che genera una diminuzione dell'alcalinità [3].

La corrosione indotta dalla penetrazione dei cloruri è uno dei fenomeni più pericolosi e diffusi per le strutture in cemento armato in ambiente marino o esposte a sali disgelanti [4,5].

In un'ottica di sostenibilità nel settore delle costruzioni e per prevenire collassi strutturali prematuri determinati dalla corrosione promossa dal cloruro, è importante adottare possibili strategie per contrastare il fenomeno [6].

In accordo con il diagramma di Tuuti, uno degli obiettivi principali consiste nel rallentare la diffusione del cloruro all'interno della matrice con il fine di ritardare l'innesco del processo di corrosione [7]. Diverse altre strategie sono state proposte al fine di aumentare la durata della vita di servizio delle strutture in cemento armato esposte ad ambienti ricchi di cloruro.

Prima di approfondire questi aspetti, è importante sottolineare come la scelta corretta della miscela di calcestruzzo (sia in termini di rapporto a/c che di tipo di cemento) abbia un ruolo chiave nell’ostacolare il processo di diffusione dei cloruri all'interno della matrice cementizia [8,9].

Strategie per contrastare il fenomeno della corrosione

Una delle strategie più interessanti per contrastare la penetrazione dei cloruri è rappresentata dall'utilizzo di inibitori di corrosione [10].

Sono disponibili diversi tipi di inibitori di corrosione; essi differiscono per natura chimica, utilizzo e meccanismo d'azione.

Una distinzione preliminare tra questi prodotti potrebbe riguardare le modalità di utilizzo: gli inibitori di corrosioni “in massa” vengono aggiunti direttamente durante la procedura di miscelazione del calcestruzzo, mentre quelli definiti “migranti” vengono applicati sulla superficie della struttura in c.a. [11-15]. Ormellese et al. hanno analizzato diversi tipi di inibitori di corrosione “in massa” dimostrando che le migliori prestazioni sono fornite dai carbossilati e policarbossilati [11]. Tittarelli et al. hanno evidenziato come la protezione delle superfici di strutture in c.a. con inibitori di corrosione migranti consente di aumentare in maniera significativa il tempo di innesco del processo di corrosione [12]. Gli inibitori di corrosione migranti presentano, inoltre, il vantaggio di poter essere applicati sia su strutture appena realizzate che esistenti ove si vuole aumentare il grado di protezione nei confronti della corrosione [16,17].

Un'ulteriore strategia in grado di far fronte alla penetrazione dei cloruri è quella di proteggere la superficie degli elementi in calcestruzzo con rivestimenti a base di malte polimero-cemento oppure con rivestimenti poliuretanici [18]. Infine, sempre a riguardo della prevenzione dei fenomeni di corrosione, è opportuno citare la protezione catodica [19]; quest’ultima risulta essere particolarmente efficace, ma data la complessità dell’intervento su opere già esistenti viene prevista soltanto per le nuove realizzazioni.

Lo scopo di questo memoria è valutare le prestazioni di un inibitore di corrosione migrante idrorepellente a base di silani applicato sulla superficie delle strutture in calcestruzzo armato al fine di rallentare la diffusione dei cloruri all’interno matrice cementizia e, di conseguenza, ritardare l'inizio del processo di corrosione. Il programma sperimentale è stato condotto sia mediante una prova di diffusione accelerata sia mediante una prova di diffusione naturale su diverse miscele di calcestruzzo confezionate al fine di valutare, oltre all'efficienza del trattamento, l'influenza del rapporto acqua/cemento, del tipo e del dosaggio di cemento sul meccanismo di penetrazione dei cloruri. In base ai risultati sperimentali è stato quantificato il ritardo sul tempo di innesco della corrosione a seguito del trattamento con l’inibitore migrante [20,21].

Valutazione delle prestazioni di un inibitore di corrosione applicato sulla superficie del calcestruzzo: materiali e metodi

Al fine di valutare l'efficacia dell’inibitore di corrosione migrante sono state prese in considerazione tre diverse variabili: il rapporto acqua/cemento (a/c), il dosaggio del cemento e il tipo di cemento. Allo scopo sono stati confezionati sette diversi tipi di calcestruzzo (Tabella 1). Il rapporto a/c e il dosaggio cemento sono stati selezionati al fine di soddisfare i requisiti per le classi di esposizione XD e XS secondo EN 206 [22]. La denominazione dei diversi calcestruzzi è stata adottata prendendo in considerazione le diverse variabili analizzate: tipo di cemento (cemento pozzolanico naturale: CEM IV/A-P 42.5R, cemento Portland al calcare: CEM II/A-L 42.5R e cemento di altoforno: CEM III/A 42,5 R - Tabella 2), rapporto a/c (0,55, 0,50 e 0,45) e dosaggio di cemento (320, 340 e 360 ​​kg / m3). Infine, per il confezionamento degli impasti sono stati impiegati aggregati naturali in tre diverse pezzature, con una dimensione massima pari a 22 mm, combinati per soddisfare la curva di Bolomey (Figura 1).

basf_inibitore-corrosione-armatura-cls-armato.JPG 

Fig.1 - Curve granulometriche degli aggregati (sinistra) - Curva di Bolomey e curva combinata (destra)

Al termine della procedura di miscelazione, la lavorabilità è stata misurata attraverso il metodo della tavola a scosse secondo EN 12350-5 [23]. Inoltre, la massa volumica e l'aria intrappolata sono state valutate su calcestruzzi freschi secondo le norme EN 12350-6 [24] e EN 12350-7 [25]. I campioni sono stati rimossi dagli stampi in acciaio dopo 24 ore e successivamente sono stati sottoposti a diverse procedure di maturazione prima di essere sottoposti alle prove di resistenza a compressione e di diffusione del cloruro secondo lo schema riportato in Tabella 3. Per ogni miscela di calcestruzzo sono stati confezionati 30 campioni cubici (150x150 mm) e 8 campioni cilindrici (d = 100mm e h = 300mm). La massa volumica allo stato indurito e la resistenza meccanica a compressione sono state determinate a stagionature variabili da 1 a 210 giorni (EN 12390-3 [26]).

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