La porosità di tipo capillare all’interno del calcestruzzo genera stress significativi in caso di cicli di gelo e disgelo a causa del passaggio da acqua a ghiaccio. Tali tensioni risultano molto inferiori in presenza di bolle d’aria se queste sono convenientemente piccole e vicine fra loro.
La UNI 11104:2004 che contiene istruzioni complementari per l’applicazione della UNI EN 206-1:2000 (di recente superata dalla UNI EN 206:2014) al prospetto 1, definisce nell’ambito delle classi d’esposizione:
· XF2Moderata saturazione d’acqua in presenza di agente disgelante (p.es. elementi come parti di ponti che in altro modo sarebbero classificati come XF1 ma che sono esposti direttamente o indirettamente agli agenti disgelanti )
· XF3 Elevata saturazione d’acqua in assenza di agente disgelante (p.es. superfici orizzontali in edifici dove l’acqua può accumularsi e che possono essere soggetti ai fenomeni di gelo, elementi soggetti a frequenti bagnature ed esposti al gelo)
· XF4 Elevata saturazione d’acqua con presenza di agente antigelo oppure acqua di mare (p.es.superfici orizzontali quali strade o pavimentazioni esposte al gelo ed ai sali disgelanti in modo diretto o indiretto, elementi esposti al gelo e soggetti a frequenti bagnature in presenza di agenti disgelanti o di acqua di mare)
Per tali contesti viene prescritto un contenuto minimo in aria del 3%; una nota recita poi che quando il calcestruzzo non contiene aria aggiunta le sue prestazioni devono essere verificate rispetto ad un calcestruzzo aerato per il quale è provata la resistenza al gelo-disgelo da determinarsi secondo la UNI 7087 per la relativa classe d’esposizione.
Tale prova è assai complessa e poco pratica.
Esistono differenze fra quanto previsto dalla UNI EN 206 e la UNI 11104: la prima prevede il requisito di una percentuale minima di aria del 4% e diversi contenuti di cemento e resistenze minime.
Dove la problematica è più significativa (strade e ponti in calcestruzzo in USA e Nord Europa) il requisito relativo all’aria inglobata indica dal 5% al 6%.
Per aggiungere aria si utilizzano additivi più o meno affidabili la cui efficacia è condizionata dal tipo di miscela e da altri parametri (in particolare le tecnologie di mescolazione e posa).
Senza premescolatore è molto difficile ottenere una buona distribuzione dell’additivo e risultati accettabili ed il pompaggio riduce l’aria aggiunta.
L’aria all’interno del calcestruzzo ne riduce la resistenza per cui la verifica dell’efficacia dell’aria inglobata è indispensabile altrimenti si ha un danno anziché un vantaggio.
Le cavità all’interno del calcestruzzo possono essere classificate secondo tre tipologie:
1) Aria intrappolata (entrapped air voids)
2) Aria aggiunta (entrained air voids)
3) Sacche d’acqua (water voids )
La 1 e la 3 sono deleterie mentre la 2 è efficace solo se di dimensioni fra i 100 e 300 micron e spacing tra 100 e 200 micron.
La sola prova secondo la UNI EN 12350-7 (con porosimetro) non fornisce indicazioni sufficienti dal momento che non distingue le varie tipologie d’aria.
Solo l’esame al microscopio di sezioni sottili di calcestruzzo (di cui alla norma americana ASTM C 457) fornisce riscontri utili ma è molto costoso e soprattutto non consente l’accettazione del calcestruzzo fresco: le tre tipologie di aria di cui sopra risultano comunque ardue da distinguere anche con questa metodologia perché si possono confondere fra loro.
L’aria intrappolata si può presentare con cavità di dimensioni superiori ad 1 mm almeno in una direzione e/o forma irregolare, mentre le sacche d’acqua derivano da eccesso d’acqua nella miscela o pronunciati bleeding e assestamenti.
Di recente è stata sviluppata un’apparecchiatura sufficientemente affidabile, Air Void Analyzer (AVA), per valutare l’efficacia dell’aria inglobata nel calcestruzzo fresco che comunque in Italia è stata utilizzata fino ad oggi solo marginalmente.
Le considerazioni fin qui svolte inducono a prescrivere in Italia calcestruzzi aerati solo in casi particolari, in presenza di premescolatore, di dati di qualifica assolutamente inequivocabili e di un controllo qualità specifico.
La UNI 11417-1:2012 Durabilità delle opere di calcestruzzo e degli elementi prefabbricati di calcestruzzo: Parte 1 Istruzioni per ottenere la resistenza alle azioni aggressive, fornisce ulteriori utili indicazioni al Par.7.3:
· prevedere nel progetto gli opportuni drenaggi e impermeabilizzazioni per limitare il contatto del calcestruzzo con l’acqua e mantenerlo il più asciutto possibile
· realizzare un calcestruzzo compatto, poco permeabile ed eventualmente con aria inglobata
· scegliere una corretta combinazione dei seguenti fattori: ridotto rapporto a/c, dosaggio di cemento, tipo, granulometria e caratteristiche degli aggregati, eventuali additivi ed aggiunte, elevata lavorabilità in relazione ai mezzi di compattazione
· ricorrere se necessario all’impiego di adeguate protezioni superficiali.
In conclusione il progettista strutturale quando prevede azioni del gelo/disgelo (come ben descritte al Par 7.1 della UNI 11417-1:2012 ) dovrebbe prescrivere un calcestruzzo XF2 , XF3 e XF4 areato solo associato a stringenti specifiche relative a progettazione, qualifica, produzione, messa in opera e controllo.
Quando valuta (specie se assume anche il ruolo di D.L.) di non potere garantire il rispetto di tali specifiche e il contesto in cui opera è caratterizzato da cicli di gelo e disgelo significativi è opportuno che prescriva un calcestruzzo coerente con i requisiti di cui alla UNI 11417-1:2012 associato ad efficaci soluzioni progettuali che eliminino il ristagno d’acqua sul calcestruzzo e quindi la sua saturazione: per esempio un efficace rapido smaltimento delle precipitazioni atmosferiche e l’utilizzo di protettivi/impermeabilizzanti.
Se si evita la saturazione del calcestruzzo e la sua esposizione diretta ai sali disgelanti un buon XF1 è sicuramente consigliabile.