RESTAURO e RIPARAZIONE del PONTE MORANDI: le motivazioni tecniche di una scelta razionale
Gabriele Camomilla spiega le motivazioni tecniche di una scelta razionale
Vorrei precisare innanzitutto che quanto qui mi accingo a scrivere è condiviso da un nutrito gruppo di tecnici ed esperti, che di recente hanno firmato una petizione sulla conservazione e il riuso della parte esistente del viadotto polcevera.
Per questo spesso parlerò al plurale, a sottolineare il valore corale di ciò che mi accingo a scrivere.
Ponte Morandi, si parla solo di demolizione
La considerazione di partenza è che, attualmente, purtroppo, si parla soltanto della demolizione di ciò che resta del Ponte Morandi e della sua ricostruzione integrale. Lo si fa in modo spesso superficiale e si ipotizzano tempi del processo non congrui con la realtà delle azioni necessarie, che sono sicuramente sottostimate, anche non considerando i tempi non tecnici connessi alle azioni.
Sorprende quindi che non si stia valutando, invece, quella che è la soluzione più ragionevole: procedere con una verifica dell’esistente, seguita da una ricostruzione della parte crollata, utilizzando la sua fondazione. Questa scelta potrebbe dar luogo ad una struttura funzionale e durevole nel tempo, rispettando il vincolo spesso indicato di un anno.
Ci rendiamo conto che un ostacolo da affrontare sia soprattutto il timore dei residenti ed, in generale, della opinione pubblica, sulla stabilità nel tempo della struttura morandiana: ma tale preoccupazione, se ha un significato per le tre pile strallate, è completamente inesatta per i 700 metri ancora in piedi del tratto con le pile a V verso la galleria Coronata.
Questa opinione però è dovuta a nostro parere all’approccio al problema fino ad oggi seguito che ha generato un timore diffuso non solo per l’opera genovese, ma per tutti i ponti italiani.
Una revisione tecnica del problema potrebbe servire anche a ridimensionare questa percezione.
SPIEGAZIONI TECNICHE DELLE RICHIESTE
Le strutture da demolire secondo l’attuale giudizio dei periti sono:
- 8 campate da 75 metri con pile a V (circa 600 metri di ponte); si tratta però di strutture restaurabili rapidamente data l’assenza di traffico nelle loro parti di maggior consumo, che sono gli appoggi delle campate portate, il cui stato però non dovrebbe essere particolarmente degradato.
- La pila 11. Ma ricordiamo che per questa pila gli stralli sono stati sostituiti nel 1993/94 (vedi articolo "Ing. Camomilla: come e perché intervenimmo sugli stralli della pila 11 del Ponte Morandi nel 1992") e, o sono in buone condizioni (verificabili facilmente), o sono facilmente sostituibili visto che hanno cavi sfilabili e sostituibili uno ad uno. Ricordiamo che essi hanno sostituito i 4 stralli “unici” con 48 stralli esterni, separati trattati con nuovi criteri (per l’epoca) anti corrosione e, come detto, sfilabili e sostituibili uno alla volta, anche in presenza di traffico. Il moncherino costituito dal vecchio strallo serve solo alla loro rigidezza ma non ha capacità portante.
- La pila 10 sovrastante 150 appartamenti attualmente evacuati, che in caso di demolizione dovrebbero essere anch’essi demoliti. Questa pila dovrebbe poter essere trattata con gli stessi criteri della pila 11, dopo aver esperito le indagini di stabilità in corso. Essa ha rispetto la 11 il vantaggio dell’assenza di traffico e di diminuzione, pur sbilanciata, del carico portato, pari al peso della campata caduta. In effetti i cavi portanti degli stralli sono stati protetti nella costruzione con un rivestimento precompresso per evitare che si fessurasse nel tempo data anche la sua mobilità sotto traffico dovuta all’interscambio continuo di sollecitazioni legate al passaggio del traffico ed agli altri agenti come il vento e le dilatazioni termiche di antenna, stralli ed impalcato a cassone dei quali solo gli stralli interni erano sempre in trazione mentre antenna e cassone erano sempre compressi per come è stata concepita la struttura. La camicia protettiva in cls, che difende l’anima di acciaio interna (main cables) con i sui spessori non fessurabili ben superiori a quelli dei normali copriferro, ne ha però di fatto impedito l’ispezione diretta ed ha richiesto sistemi di controllo più sofisticati. Ciò che sembra sia stato rilevato dalle misure è comunque una possibile degradazione di alcuni dei soli cavi secondari, che hanno il solo compito di precomprimere la camicia protettiva e che vengono resi inutili da un intervento come quello della pila 11.
I vantaggi della conservazione dell'esistente
Il mantenimento e la trasformazione delle parti restanti opportunamente restaurate darebbe i seguenti vantaggi:
- Si potrebbe utilizzare il tratto residuo delle pile a V per alimentare il cantiere di ricostruzione del tratto crollato, trasportando su di esso i nuovi elementi di ponte prefabbricati in acciaio senza intasare le strade della città. Ricordiamo che lo stato dei calcestruzzi ritenuto insufficiente dai periti per la presenza di placcature in guaina bituminosa nera è probabilmente più legato alla protezione della caduta di piccoli elementi di copriferro che di una sofferenza strutturale, tali difetti superficiali sono eliminabili da interventi del tipo mostrato per le pile e che forse sono già previsti come normale manutenzione. Ricordiamo ancora che la demolizione comporterebbe gravi disagi alle fabbriche sottostanti oltre alla moltiplicazione dei tempi.
- La pila 10 doveva ricevere un trattamento analogo a quello della pila 11 e non è stata ancora verificata nel suo stato in essere; qualora risulti stabile, può essere trattata con il vincitore della gara indetta dalla concessionaria a questo fine e che potrebbe essere immediatamente assegnata. Non occorrerebbe la demolizione delle case sottostanti.
- Ricostruendo solo il tratto caduto si ripristinerebbe la viabilità in un tempo minimo: il rifacimento del tratto di tangenziale di Bologna crollato per lo scoppio di inizio estate è già stato riparato in meno di 30 gg, una società esperta per la costruzione di ponti in acciaio potrebbe operare a Genova nell’area di Cornigliano o portare i conci prefabbricati dall’autostrada , passando dalla Voltri Alessandria ed usando il tratto intatto.
- Il ponte vecchio dovrebbe essere più sicuro di quello nuovo perché comunque noto in tutti i suoi difetti avrebbe una affidabilità misurata e misurabile nel tempo, anche con l’aggiunta di sistemi di misura moderni, adeguati e gestibili; il ponte nuovo integrale, da questo punto di vista sarebbe una incognita, dato che ancora non sono definiti progettista esecutivo, materiali ed esecutore, né i punti deboli che anch’esso avrà. Il tempo per le fondazioni sono un'altra incognita per i tempi.
Una ipotesi d’intervento con questi criteri è stata preparata da un gruppo di progettisti costituito dal Prof. Enzo Siviero, noto progettista di ponti, emerito dell’IUAV di Venezia.
Anche questa soluzione, raddoppiabile nel caso di non riparabilità della pila 10, prevede una attenzione accurata e sentita per le vittime del crollo, realizzabile sulla pila sostitutiva della pila 9 tramite una serie di cerchi bianchi che migrano verso il cielo e sono visibili da chilometri di distanza a monte ed a valle del ponte, che manterrebbe così anche la sua connotazione monumentale.
nota dell'Editore
La petizione dei tecnici per la conservazione del Ponte Morandi
Nei giorni scorsi l'ing. Gabriele Camomilla e alcuni tecnici hanno lanciato una petizione a cui hanno già aderito oltre 700 persone. Per chi volesse verificarne la proposta e quindi - eventualmente - firmarla ecco il LINK.
SPECIALE PONTE MORANDI
Restauro e Conservazione
Con il topic "Restauro e Conservazione" vengono raccolti tutti gli articoli pubblicati che esemplificano il corretto approccio a quel sistema di attività coerenti, coordinate e programmate, dal cui concorso si ottiene la conservazione del patrimonio culturale.