Antincendio
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Rischio di incendio nelle discariche di rifiuti solidi

Il presente lavoro intende analizzare il rischio di incendio nelle discariche controllate di rifiuti solidi urbani, discutendo gli aspetti normativi e tecnici della tipologia di impianto in parola e proponendo criteri utili per determinare la presenza di possibili incendi.

incendio in un depositirifiuti

 

Gli incendi negli impianti di gestione dei rifiuti rappresentano una problematica particolarmente sentita nel mondo politico e sociale, anche in relazione agli impatti connessi con tali eventi incidentali.
In particolare, la cronaca offre diversi approfondimenti in merito ad incendi presso discariche di rifiuti, i cui effetti, come presumibile, possono essere estremamente negativi.

A titolo esemplificativo, si segnala che alcuni studi hanno evidenziato la produzione in concentrazioni significative di diossine e furani da incendi in discarica [7]. Analisi sui terreni e sabbie nei pressi di discariche interessate da incendi hanno attestato la presenza di IPA, PCB, diossine e furani (PCDD/PCDF) e metalli pesanti [8]

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La discarica, come noto, rappresenta l'elemento residuale nell'ambito dell'approccio integrato nella gestione dei rifiuti, ma non per questo meno pericoloso dal punto di vista della sicurezza antincendio; inoltre, permane la problematica della gestione di tali impianti per diversi anni anche dopo la chiusura, con evidente ripercussione anche sulle misure finalizzate alla prevenzione e controllo degli incendi.

Il presente lavoro intende analizzare il rischio di incendio nelle discariche controllate di rifiuti solidi urbani, discutendo gli aspetti normativi e tecnici della tipologia di impianto in parola e proponendo criteri utili per la determinazione della presenza di possibili incendi. 

 

La discarica controllata di rifiuti solidi

Il D.Lgs. 36/2003 “Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti” definisce la discarica come “area adibita a smaltimento dei rifiuti mediante operazioni di deposito sul suolo o nel suolo, compresa la zona interna al luogo di produzione dei rifiuti adibita allo smaltimento dei medesimi da parte del produttore degli stessi, nonché qualsiasi area ove i rifiuti sono sottoposti a deposito temporaneo per più di un anno. Sono esclusi da tale definizione gli impianti in cui i rifiuti sono scaricati al fine di essere preparati per il successivo trasporto in un impianto di recupero, trattamento o smaltimento, e lo stoccaggio di rifiuti in attesa di recupero o trattamento per un periodo inferiore a tre anni come norma generale, o lo stoccaggio di rifiuti in attesa di smaltimento per un periodo inferiore ad un anno”. 

Ai sensi del D.Lgs. 152/2006 “Norme in materia ambientale”, la discarica è inclusa tra le attività di smaltimento di cui all'allegato B parte IV del predetto Decreto, segnatamente al punto D1 “Deposito sul o nel suolo”.

Le discariche sono classificate in (art. 4 D.Lgs. 36/2003):

- discarica per rifiuti inerti;

- discarica per rifiuti non pericolosi;

- discarica per rifiuti pericolosi.

La disciplina dei suddetti impianti è contenuta nel succitato D.Lgs. 36/2003.

La discarica (controllata) rappresenta il metodo di smaltimento dei rifiuti più comune e costituisce l'elemento terminale del sistema integrato di gestione dei rifiuti, ponendosi a valle delle misure e degli interventi di prevenzione della produzione, di riutilizzo, di recupero di materia e di energia.

La gestione dell'impianto comprende le fasi di pianificazione, progettazione, conduzione, chiusura, monitoraggio post-chiusura.

All'interno della discarica i rifiuti sono sistemati in strati sovrapposti, ognuno dei quali articolato in celle, e subiscono processi di trasformazione di natura fisica, chimica e biologica, con produzione di prodotti liquidi (il percolato) e gassosi (biogas) e generazione di fenomeni di assestamento dell'ammasso abbancato [1].
Il percolato viene collettato dalla rete di drenaggio della discarica e viene raccolto in loco per essere trattato o trasportato negli impianti di trattamento. Spesso si effettua il ricircolo del percolato in discarica per favorire la stabilizzazione dei rifiuti  [1].
Il biogas è costituito principalmente da metano (45-60%) e anidride carbonica (40-60%), con presenza di componenti minori quali, ad esempio, azoto, idrogeno solforato, ammoniaca [1].

Al di là di una inziale fase di degradazione aerobica connessa alla presenza di ossigeno intrappolato tra i rifiuti abbancati, la trasformazione della sostanza organica presente in discarica avviene per via anaerobica, con formazione appunto di biogas [1].

Il biogas viene raccolto con sistemi passivi (in modo naturale) o attivi (in depressione per mezzo di impianti di ventilazione). I condotti per il collettamento del biogas possono essere orizzontali (trincee drenanti) o verticali (pozzi) ed ubicati sia perimetralmente che internamente alla discarica [1].

Considerato il potere calorifico del biogas, che è nel range 4.000-5.000 kcal/Nm3, tale prodotto viene impiegato, previo pretrattamento, per la produzione di energia (ad esempio in motori a gas per la produzione di energia elettrica).

Una volta colma, la discarica viene coperta dapprima con una copertura temporanea per tener conto dei fenomeni di subsidenza, e, successivamente, con sistemi di capping contenenti argilla e/o materiale geosintetico (geomembrane). La copertura deve assolvere a diverse funzioni, quali, ad esempio, ridurre l'infiltrazione dell'acqua meteorica, impedire la fuoriuscita di biogas, adeguarsi agli assestamenti, favorire il corretto e regolare funzionamento degli impianti di raccolta del biogas e del percolato, consentire il recupero ambientale del sito attraverso interventi di sistemazione a verde [1]. 

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Classificazione degli incendi in discarica controllata

La Federal Emergency Management Agency tende a classificare gli incendi in discarica in due categorie [3]:

- incendi superficiali (fino a circa 1,5 m. di profondità);

- incendi profondi.

La Environment Agency non fa riferimento al termine “incendio” ma bensì ai cosiddetti hot spots, per tenere in considerazione anche le aree caratterizzate da anomali incrementi di temperatura o fenomeni covanti; inoltre, suddivide gli hot spots in poco-profondi (fino a 5 m. dalla superficie) e profondi, tralasciando quindi gli eventi di natura meramente superficiale [4].

La ISWA (International Solid Waste Association) invece classifica gli incendi in discarica a seconda dell'entità degli stessi e del livello di allarme corrispondente [2]:

- livello 1: piccoli incendi nell'impianto di discarica che non interessano i rifiuti (es. incendi di mezzi, contenitori, uffici, ecc.);

- livello 2: piccoli incendi di rifiuti che possono essere gestiti con risorse interne nell'arco di 24 ore e pienamente estinti nell'arco di 48 ore. Sono tipicamente interessati volumi inferiori a 200 m3 di materiale;

- livello 3: incendi di medie proporzioni che possono essere contenuti in meno di una settimana e pienamente estinti in meno di due settimane. Di solito, si parla di un volume di rifiuti interessato variabile da 200 m3 a 5.000 m3;

- livello 4: incendi estesi o profondi che richiedono più di due settimane per il contenimento. Sono solitamente coinvolti più di 5.000 m3 di rifiuti. 

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