Sismica | ANIDIS
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Soluzioni progettuali per interventi di miglioramento sismico di edifici prefabbricati in c.a.

Gli interventi presentati sono suddivisi in rinforzo dei pilastri, interventi sui tamponamenti e realizzazione di nuove strutture di controvento.

In precedenti edizioni del convegno è stato presentato il database contenente informazioni sugli edifici industriali danneggiati dalla sequenza sismica emiliana del 2012, realizzato a partire da dati forniti dalla Regione Emilia-Romagna. Da quel database sono state ricavate, in particolare, curve di fragilità su base empirica che evidenziano la notevole vulnerabilità degli edifici prefabbricati non concepiti con criteri antisismici. Quello stesso database è stato più recentemente utilizzato per un'estesa analisi critica degli interventi di miglioramento sismico sui capannoni, riportata in questa nota. Viene quindi proposta una carrellata di soluzioni progettuali, corredate dai relativi particolari costruttivi, inerenti interventi di rinforzo dei pilastri e la realizzazione di strutture o sistemi di controvento. Questi sono generalmente rappresentati da nuovi elementi costruttivi realizzati all'interno o all'esterno dell'edificio, ma possono anche scaturire dalla solidarizzazione, fra loro e ai pilastri, di pannelli di tamponamento in calcestruzzo esistenti.


La vulnerabilità degli edifici prefabbricati in c.a.

Recenti ricerche hanno dimostrato che fra le strutture in cemento armato (c.a.) non progettate con criteri antisismici quelle prefabbricate manifestano criticità intrinseche, che spesso conducono ad una vulnerabilità sensibilmente più elevata di quella degli edifici gettati in opera. Si vedano, a tal proposito, le valutazioni presentate da Minghini et al. (2015, 2016) e Buratti et al. (2017a, b). Come è noto, allo scopo di incrementare la sicurezza sismica dei clusters industriali dopo i terremoti emiliani del 2012, la Regione Emilia-Romagna ha previsto un sistema di finanziamenti per le imprese finalizzato ad incentivare gli interventi di miglioramento sismico dei capannoni. Tale sistema è stato disciplinato dall'Ordinanza n. 57/2012 per gli edifici che hanno riportato danni a seguito della sequenza sismica e dall'Ordinanza 91/2013 (bando INAIL) per quelli che, rientranti nel cratere ma sufficientemente distanti dagli epicentri, non hanno riportato danni. Sulla scorta delle prescrizioni del D.L. n. 74/2012, convertito con modificazioni dalla Legge n. 122/2012, il sistema di finanziamenti è stato commisurato alla distanza, in termini di punti percentuali, fra la sicurezza sismica valutata a seguito degli interventi di rimozione delle carenze dei collegamenti ed un livello di sicurezza pari al 60% di quella propria di edifici di nuova costruzione.

Nell'ambito delle Convenzioni DPC-ReLUIS 2014/2018, l'Università di Ferrara, in collaborazione con l'Università di Bologna, ha implementato un database (Minghini et al. 2015, 2016) che raccoglie informazioni su localizzazione, geometria, dettagli costruttivi, danni osservati e interventi ammessi a finanziamento per oltre 2000 edifici industriali colpiti dai terremoti emiliani. In un intorno degli epicentri di raggio 35 km, gli edifici schedati superano il 30% della popolazione di edifici a struttura prefabbricata presenti sul territorio.

In questa nota vengono presentate e commentate alcune proposte progettuali per interventi di miglioramento sismico di capannoni industriali facenti parte del citato database. Tali proposte nascono da una rivisitazione critica dei progetti raccolti, relativi ad interventi ammessi a finanziamento da parte della Regione Emilia-Romagna, e sono più estesamente descritte da Tullini et al. (2019).

Gli interventi presentati sono suddivisi in rinforzo dei pilastri, interventi sui tamponamenti e realizzazione di nuove strutture di controvento.
Per ogni intervento vengono riportati obiettivi, principali vantaggi e rappresentazioni grafiche di dettaglio.

Gli interventi di rinforzo dei pilastri

Gli interventi descritti di seguito mirano ad incrementare la resistenza e, in due casi su tre, la rigidezza dei pilastri.

Rinforzo dei pilastri mediante incamiciatura in c.a.

La proposta è illustrata in Fig. 1. Il pilastro originario ha dimensioni esterne di 600x450 mm e presenta, sui lati maggiori, due scanalature per l'inserimento di pannelli di calcestruzzo. La verifica di sicurezza indica una insufficiente resistenza del pilastro a pressoflessione, oltre ad una eccessiva deformabilità ed all'inefficacia del confinamento della sezione di base (staffe non adeguatamente chiuse attorno alle barre longitudinali). 

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Figura 1. Intervento di incamiciatura in c.a.: (a) demolizione parziale del collo del plinto a pozzetto; (b) posizionamento della gabbia d'armatura del controplinto; (c) ancoraggio dell'incamiciatura.

Si è optato quindi per un'incamiciatura dello spessore di 120 mm armata con 16 barre del diametro di 20 mm adeguatamente trattenute da legature trasversali.

Allo scopo di garantire un adeguato ancoraggio al rinforzo ed evitare rischi di spinta a vuoto, è stata prevista la demolizione parziale della fondazione esistente ed il getto di un controplinto, che di fatto ripristina per la fondazione il funzionamento a pozzetto.

Rinforzo dei pilastri mediante incamiciatura in acciaio

L'intervento è illustrato in Fig. 2. In questo caso l'incamiciatura è costituita da angolari e calastrelli metallici. Il pilastro, di sezione 500x400 mm, non necessita di un incremento di rigidezza, ma presenta ancora una volta carenze di resistenza a pressoflessione e di confinamento.

La proposta rielabora un progetto basato sul collegamento del rinforzo al collo della fondazione esistente tramite ancoranti chimici.

pilastri-incamiciatura-ca-1.jpg

                 pilastri-incamiciatura-acciaio-2.jpg

Figura 2. Intervento di incamiciatura in acciaio: sezioni (a) sezione verticale di pilastro e plinto; (b) sezione orizzontale della fondazione.

In quel caso, il trasferimento degli sforzi fra pilastro e plinto a seguito dell’intervento altera il funzionamento a pozzetto. Le resistenze dell’ancoraggio valutate ai sensi della EN 1992-4 (CEN 2018) risulterebbero largamente insufficienti per tutti i meccanismi di rottura che coinvolgono il solo calcestruzzo. Le verifiche rimarrebbero poi non soddisfatte anche affidando la trazione degli ancoranti alle armature verticali presenti nella fondazione. Ne deriva che, alla rottura del collegamento in fondazione, gli angolari vedrebbero mobilitata solo quota parte della loro resistenza allo snervamento e l’efficacia del rinforzo risulterebbe modesta. Si rende allora necessario un rinforzo della fondazione (Fig. 2) al quale affidare, tramite opportuni modelli strut&tie, la trazione degli ancoranti valutata in corrispondenza dello snervamento degli angolari.

Rinforzo dei pilastri mediante raddoppio del pilastro all’esterno

L’intervento è rappresentato graficamente in Fig. 3. Esso nasce dall’esigenza di garantire la continuità dell’attività produttiva operando unicamente dall’esterno. I nuovi pilastri sono progettati per la totalità dell’azione sismica, mentre gli spinotti di collegamento, che risultano efficaci in virtù della distanza dai bordi della sezione d > 6Φ, con Φ diametro degli spinotti, vengono dimensionati stimando il loro contributo a taglio pari, al massimo, a

VRd,d = Afyk/(30.5γs),       (1) 

essendo A l’area della loro sezione trasversale e fyd = fyk/(γs) il valore di progetto della loro resistenza allo snervamento. Se, come spesso accade nella pratica costruttiva italiana, il pilastro esistente ingloba un pluviale ad esso coassiale, l’intervento può realizzarsi previa saturazione del pluviale o, in alternativa, sfalsando gli spinotti ai lati del pluviale. In questo caso, tuttavia, per preservare il pilastro esistente dalla rottura prematura del copriferro soggetto all’azione degli spinotti potrebbe rendersi necessaria la realizzazione di un presidio delle facce del pilastro con lamiera metallica, lavorazione potenzialmente interferente con l’attività produttiva.

I nuovi pilastri sono fondati su una trave a sezione rettangolare realizzata demolendo parzialmente le fondazioni a pozzetto esistenti.

Per il getto dei nuovi pilastri può risultare vantaggioso l’uso di casseforme metalliche chiuse su tre lati.

Nel caso di tamponamenti in calcestruzzo a sviluppo orizzontale, l’intervento persegue anche la rimozione di eventuali carenze del collegamento fra pannelli e pilastri. 

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L'articolo continua con la descrizione degli interventi sui tamponamenti e realizzazione di nuove strutture di controvento.
Per ogni intervento vengono riportati obiettivi, principali vantaggi e rappresentazioni grafiche di dettaglio.

Articolo tratto dagli Atti del XVIII Convegno ANIDIS

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