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Stima dei volumi di acque di prima pioggia e modalità di accumulo

Articolo pubblicato in data: 21/03/2013

La necessità di trattamento delle acque di prima pioggia rappresenta una sfida importante e nello stesso tempo un problema nuovo, dal momento che le acque bianche sono state ritenute tradizionalmente “pulite” in quanto non derivanti dal consumo umano, ed in tal senso direttamente scaricabili senza oneri di trattamento che non si limitassero solo ad un intervento meccanico di tipo preliminare.
In realtà, come descritto in questo lavoro di tesi, i processi di formazione, accumulo e rimozione degli inquinanti nel bacino e nella rete di drenaggio sono governati da fattori caratterizzati da elevata aleatorietà e ciò determina una forte variabilità, da evento a evento, delle caratteristiche qualitative delle acque di drenaggio urbane.
Le acque meteoriche di dilavamento, sono molto contaminate e, in assenza di interventi di mitigazione, producono un impatto molto negativo sulla qualità del ricettore. A tale proposito, la progettazione deve prevedere infrastrutture idrauliche e manufatti atti sia alla difesa idraulica, sia alla tutela dell’ambiente e delle risorse idriche; va sottolineata la necessità di aggiornamenti normativi in merito ai presidi di intercettazione e controllo qualitativo delle acque di dilavamento. Ad esempio, dovrebbero essere individuati i valori di soglia dei volumi di traffico oltre i quali occorre intervenire con specifici sistemi di controllo, dovrebbe essere precisata la gamma di tali impianti in funzione della tipologia di area di pertinenza, dovrebbe essere condotto il censimento delle aree sensibili ecc.
La scelta del sistema di controllo più idoneo a una specifica realtà deve seguire un percorso logico basato su due fasi procedurali: un’analisi oggettiva riguardante l’opportunità di intervento, la localizzazione dell’opera, la compatibilità con il territorio, l’efficienza nella rimozione degli inquinanti, gli aspetti gestionali e un’analisi multiobiettivo che sviluppi un’analisi costi-benefici, valuti l’impatto paesaggistico-ambientale e il rischio di sversamenti accidentali di liquidi inquinanti.
Qualsiasi sistema di controllo si scelga per mitigare l’impatto delle acque di dilavamento di un sito, è necessario effettuare frequenti operazioni di ispezione e di manutenzione al fine di garantire nel tempo una buona efficienza nella rimozione degli inquinanti.
La corretta gestione delle acque meteoriche di dilavamento è fondamentale sia per la limitazione dei fenomeni di esondazione, sia per la riduzione degli impatti inquinanti sui corpi idrici ricettori. Tale problematica deve, quindi, essere attentamente considerata nella pianificazione urbanistica e nella progettazione dei sistemi fognari e degli impianti di depurazione delle acque reflue urbane.
In sede di pianificazione urbanistica bisognerebbe privilegiare, ove possibile, le soluzioni atte a ridurre a monte le portate meteoriche circolanti nelle reti di drenaggio, prevedendo una raccolta separata delle acque meteoriche non suscettibili di apprezzabile contaminazione e il loro smaltimento in loco tramite sistemi di infiltrazione nel suolo.
Di rilevante importanza sono inoltre le ricerche che studiano nuovi sistemi alternativi per ridurre l’impatto delle acque di prima pioggia (BMP - Best Management Practices), come ad esempio il sistema analizzato, atto all’accumulo e riutilizzo delle acque piovane su di un’area di 15,22 ha del comune di Ruvo di Puglia (Ba).
La precipitazione media nel nostro paese è di circa 1000 mm/anno, con zone che presentano una piovosità molto elevata (oltre 2500 mm/anno), e zone in cui la precipitazione non raggiunge neanche i 500 mm/anno (http://idro.net/newsletter/acqua1005.pdf); appare dunque sensato non generalizzare riguardo l’utilizzo di questo sistema, ma valutare una sua installazione dove ci può essere un concreto risparmio idrico, ovvero nelle zone caratterizzate da piovosità molto elevata, e non in zone che presentano scarsa piovosità come il sito analizzato con un’altezza di pioggia media di 550 mm/anno. Tale sistema non vedrebbe molte applicazioni, sia per lo scarso risparmio idrico e sia per la mancanza di una normativa nazionale che disciplini e incentivi il recupero e il riutilizzo dell’acqua piovana.
In sede di progettazione di sistemi fognari in aree di ampliamento ed espansione bisogna garantire la compatibilità idraulica nei ricettori (sistema fognario pubblico o corpo idrico). Il raggiungimento e/o il mantenimento degli obiettivi di qualità ambientale dei corpi idrici, previsti dal Decreto Legislativo 152/2006, richiedono l’invio alla depurazione di un’aliquota delle acque meteoriche di dilavamento.
L’attività di ricerca, sviluppata da alcuni autori con particolare riferimento alla situazione pluviografica italiana, consente oggi di trarre alcune conclusioni che possono utilmente informare la progettazione dei sistemi fognari e dei loro manufatti. La frazione delle acque meteoriche di dilavamento da inviare alla depurazione, a parità di obiettivo ambientale da conseguire, è in pratica indipendente dalla tipologia del sistema fognario. La scelta fra sistema fognario unitario e separato (con gli stessi manufatti di controllo qualitativo come scaricatori di piena e vasche di prima pioggia) non implica una differente efficacia di controllo dell’inquinamento dei ricettori, quindi, deve derivare da considerazioni di natura funzionale ed economico-gestionale proprie di ciascuna area urbana. Il sistema unitario, se dotato di scaricatori di piena e vasche di prima pioggia correttamente progettati, offre normalmente una protezione ambientale dei corpi idrici ricettori analoga a quella conseguibile con un sistema separato ben progettato, cioè munito di scaricatori di piena e vasche di prima pioggia sulla rete delle acque pluviali e con convogliamento alla depurazione delle acque di prima pioggia. [A. Paletti, Dipartimento di Ingegneria Idraulica del Politecnico di Milano]
Il sistema unitario è normalmente molto più economico del sistema separato in termini di costi di investimento e ancor più in termini di costi gestionali. La separazione completa ed effettiva di reti attualmente unitarie comporta costi assai ingenti e presenta pesanti difficoltà tecniche e amministrative, anche per l’inevitabile contenzioso che può derivarne. La decisione di separare reti attualmente unitarie dovrebbe quindi essere presa solo in presenza di vantaggi decisivi, preponderanti e imprescindibili; si ritiene che i casi siano rarissimi. Dovendosi comunque, in genere, convogliare alla depurazione le prime acque meteoriche di dilavamento, la separazione delle reti non modifica l’entità delle portate e neppure dei volumi da trattare e quindi i costi di investimento e di gestione degli impianti di trattamento.
L'impiego di vasche di prima pioggia di cattura accoppiate agli scaricatori consente un buon rendimento in termini di riduzione della massa inquinante scaricata. Le vasche di prima pioggia, ubicate in testa agli impianti, consentono di limitare la portata inviata al trattamento e nel contempo di trattare la frazione più inquinata del deflusso connesso a un evento di pioggia. Il rendimento di una vasca di prima pioggia non dipende solo dal suo volume utile, ma anche dalla modalità di svuotamento e questo aspetto va tenuto in conto in fase di progettazione.
Il governo delle acque di pioggia richiede un approccio multidisciplinare che integri le molteplici competenze coinvolte (urbanisti, ricercatori idraulici, sanitari e chimici, progettisti e gestori di reti fognarie e impianti di depurazione) nel rispetto delle imposizioni normative. Inoltre la gestione delle acque meteoriche di dilavamento è indissolubile da quella delle acque reflue e la tutela dei corpi idrici richiede un approccio integrato nella progettazione e gestione del sistema fognario e dell’impianto di trattamento associato al fine di minimizzare l’impatto globale degli scarichi nel corpo idrico ricettore.
A partire dal febbraio 2004, il Dipartimento di Ingegneria Ambientale di Genova ha avviato una campagna di monitoraggio per la caratterizzazione delle acque meteoriche di dilavamento di superfici esterne di siti produttivi sul territorio della provincia di Genova, proprio per verificare come la concentrazione degli inquinanti nelle acque di dilavamento dipenda soprattutto dalla destinazione d’uso del sito di interesse. L’indagine ha interessato due tipologie di siti produttivi: una stazione autostradale di rifornimento carburante e un autodemolitore.
Da un confronto tra la serie di dati quali-quantitativi registrati presso tali siti e i dati ottenuti da un’area residenziale sempre nel territorio genovese, si evince l’importanza di una corretta gestione delle acque meteoriche di dilavamento, e l’influenza che dette acque rivestono nell’alterazione della qualità dei corpi idrici ricettori. Nel caso di siti produttivi (in particolare nel caso dell’autodemolitore), la percentuale di inquinanti risulta notevolmente eccedente le concentrazioni limite degli scarichi in acque superficiali imposte dal D.Lgs. 152/06.
L’analisi della natura dei processi che coinvolgono le acque di prima pioggia, evidenzia l’impossibilità di descrivere il fenomeno attraverso leggi generali e di individuare una serie di parametri opportuni per la caratterizzazione della qualità delle acque di scolo.
Dalla grande variabilità dei risultati ottenuti negli studi, si evince l’influenza che i fattori climatici e idrologici, nonché le caratteristiche del bacino e della rete fognaria, rivestono nei meccanismi di dilavamento degli inquinanti.
Non va tuttavia sottovalutata la rilevanza delle differenti strategie di campionamento utilizzate (luogo d’installazione, tempi di campionamento, etc.), nonché della varietà nelle metodologie di gestione ed elaborazione dei dati, che hanno causato difficoltà nel confrontare i risultati per trarne conclusioni più generali. Tale disomogeneità negli approcci sperimentali è a sua volta un ulteriore indice della complessità di inquadramento del fenomeno. Per descrivere in maniera soddisfacente il fenomeno del first flush risulta sempre opportuno ricorrere ad un approccio che tenga in considerazione la specificità del sito in esame.
La salvaguardia dei corpi idrici ricettori nei territori fortemente urbanizzati ha imposto la ricerca di nuove strategie di controllo dei deflussi urbani con l’intento di contenere le portate e i volumi scaricati nel corso degli eventi meteorici più critici e di limitare lo scarico di sostanze indesiderabili (in termini sia di massa che di concentrazioni) per l’equilibrio ecologico dei ricettori.


Estratto dalla tesi di laurea in Costruzioni Idrauliche di Antimo Adriano Carrieri, Politecnico di Bari, I Facoltà di Ingegneria, Corso di Laurea in Ingegneria Civile, 2010-2011.