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Sulla normativa antisismica nessuna deroga: un breve riassunto storico-normativo delle varie sentenze

breve riassunto storico-normativo delle varie sentenze che hanno trattato la normativa antisismica

La sentenza della Corte di Cassazione 51683/2016, contro la Regione Calabria, stabilisce che una regione non può creare ex novo la categoria delle "opere minori" che non sarebbero soggette alla disciplina antisismica, in aperta violazione del disposto del d.P.R. n. 380 del 2001, art. 83, il quale prevede che tutte le costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità sono soggette alla normativa antisismica, senza consentire alle Regioni di adottare in via amministrativa deroghe per particolari categorie di opere.
 
Questa si inserisce in un percorso giurisprudenziale ormai consolidato, che ha avuto origine principalmente dalla sentenza della Corte Costituzionale 182/2006 contro la Regione Toscana. In essa veniva dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 105, comma 3, della legge della Regione Toscana n. 1 del 2005; questo disponeva che per gli interventi in zona sismica, si dovesse semplicemente dare preavviso scritto alla struttura regionale competente, allegando il progetto dell'opera, una relazione tecnica e una relazione sulla fondazione (commi 1 e 2), senza che, per iniziare i lavori, fosse necessaria l'autorizzazione della struttura regionale, salva la possibilità di controlli a campione da parte delle individuate strutture regionali.
 
Occorre qui fare un breve riassunto storico-normativo.
 
L'art. 20 della legge 10 dicembre 1981, n. 741 (Ulteriori norme per l'accelerazione delle procedure per l'esecuzione delle opere pubbliche) in materia di interventi in zona a rischio sismico abilitava le regioni a sostituire il sistema di monitoraggio connesso al regime autorizzatorio (art. 18 della legge 2 febbraio 1974, n. 64 - Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche), con modalità di controllo successivo.
Questo principio è però venuto meno a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 94 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), il quale prevede l'autorizzazione regionale esplicita.
Viene in sostanza sancito e dichiarato che l'intento unificatore della legislazione statale è palesemente orientato ad esigere una vigilanza assidua sulle costruzioni riguardo al rischio sismico, attesa la rilevanza del bene protetto, che trascende anche l'ambito della disciplina del territorio, per attingere a valori di tutela dell'incolumità pubblica che fanno capo alla materia della protezione civile, in cui ugualmente compete allo Stato la determinazione dei principi fondamentali.
Qui si motiva la sentenza del 2006 contro la Regione Toscana, in considerazione del mancato rispetto della norma statale di principio sul controllo delle costruzioni a rischio sismico, nella parte in cui non dispone che non si possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della Regione.
 
Troviamo poi la sentenza della Corte Costituzionale 254/2010 contro la Regione Friuli Venezia Giulia.
La legge regionale n. 16 del 11 agosto 2009, all’art. 9 prevedeva che la Regione potesse concedere deroghe all’osservanza delle norme tecniche per le costruzioni nelle zone sismiche. In base ad esso, nel caso in cui sussistano ragioni determinate dall’esigenza di salvaguardare le caratteristiche ambientali dei centri storici che impediscano, anche parzialmente, il rispetto delle norme tecniche per le costruzioni nelle zone sismiche, la Regione, su richiesta dei soggetti interessati o, nel caso di opera di competenza della Regione, su iniziativa della struttura regionale competente in materia, è autorizzata a concedere deroghe all’osservanza delle citate norme tecniche.
 
Anche l’art. 88 del d.P.R. n. 380 del 2001 prevede la possibilità di concedere deroghe all’osservanza delle norme tecniche per le costruzioni in zone sismiche quando sussistano ragioni particolari, che ne impediscano in tutto o in parte l’osservanza, dovute all’esigenza di salvaguardare le caratteristiche ambientali dei centri storici, ma rimette questo potere al Ministro per le infrastrutture ed i trasporti, previa apposita istruttoria dell’ufficio periferico competente e parere favorevole del Consiglio superiore dei lavori pubblici. Permettendo la deroga ma alle condizioni di cui sopra, il legislatore si è comunque uniformato alla disciplina unitaria a tutela dell’incolumità pubblica, mirando a garantire, per ragioni di sussidiarietà e di adeguatezza, una normativa unica, valida per tutto il territorio nazionale, in un settore nel quale entrano in gioco sia l’alta tecnicità dei provvedimenti in questione, sia l’esigenza di una valutazione uniforme dei casi di deroga.
Con l’affidare al Ministro per le infrastrutture ed i trasporti, e con il previo parere favorevole del Consiglio superiore dei lavori pubblici, il potere di riconoscere le ragioni particolari che impediscono, in nome della salvaguardia delle caratteristiche ambientali dei centri storici, il rispetto delle norme tecniche per le costruzioni nelle zone sismiche, il legislatore statale ha inteso dettare una disciplina unitaria a tutela dell’incolumità pubblica, mirando a garantire, per ragioni di sussidiarietà e di adeguatezza, una normativa unica, valida per tutto il territorio nazionale, in un settore nel quale entrano in gioco sia l’alta tecnicità dei provvedimenti in questione, sia l’esigenza di una valutazione uniforme dei casi di deroga.
Quindi, nonostante la regione abbia esercitato la propria competenza concorrente in materia di “opere di prevenzione e soccorso per calamità naturali” (art. 5, primo comma, numero 22, dello statuto speciale), ha comunque violato il principio fondamentale espresso dall’art. 88 del d.P.R. n. 380 del 2001.
 
Infine, citiamo la sentenza della Corte Costituzionale 64/2013 contro la Regione Veneto.
L’articolo 66, comma 6-ter della legge regionale 7 novembre 2003 n. 27, prevedeva che le autorizzazioni previste dalle disposizioni di cui ai commi 6 e 6-bis non si applicano ai progetti e alle opere di modesta complessità strutturale, privi di rilevanza per la pubblica incolumità, individuati dalla Giunta regionale, previo parere della Commissione sismica regionale di cui all’articolo 67.
 
La sentenza, dichiarando l’illegittimità costituzionale di tale articolo, cita sia la 254/2010, sia l’art. 3, comma 6, del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74 (Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici che hanno interessato il territorio delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo, il 20 e il 29 maggio 2012), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 1° agosto 2012, n. 122; quest’ultimo concede infatti, in relazione alle ricostruzioni e riparazioni delle abitazioni private, una deroga esplicita ad una serie di disposizioni, fra le quali l’art. 94 del d.P.R. n. 380 del 2001; risulta quindi essere lo Sato stesso a concedere la deroga, a conferma della necessità di quell’intervento unificatore più volte richiamato dalla giurisprudenza di questa Corte.
 
Queste sentenze ci portano a qualche considerazione.
 
La prima è che la frase sullo Stato che persegue la vigilanza assidua sulle costruzioni riguardo al rischio sismico è errata; in realtà dovrebbe essere: lo Stato persegue la vigilanza assidua sulle costruzioni riguardo alla vulnerabilità sismica.
 
La seconda considerazione, ormai conclamata, è che non è possibile autorizzare tutto. O meglio: non è possibile per ogni singola opera “minore” attivare presso le strutture competenti una pratica di autorizzazione sismica, con relativa istruttoria. Non è sostenibile con l’attuale disponibilità di personale in dotazione agli enti, né economicamente per il cittadino. Le Regioni lo sanno, per questo in barba al d.P.R.380 (e alle sentenze contro le regioni che sono state “colte in flagrante”) quasi tutte hanno istituito elenchi di opere minori con relative procedure semplificate. Non solo; alcune regioni se ne sono beatamente fregate della sentenza del 2006 contro la Toscana e continuano a utilizzare la procedura del deposito anche per le costruzioni in zona sismica 2.

La terza e ultima considerazione, ovvia, è che la revisione del d.P.R.380 è in corso dal 2010. Ogni altro commento è superfluo.