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Certificato di rispondenza e SCIA DUE: criticità e responsabilità dei professionisti

Criticità del c.d. “certificato di rispondenza” nell’attuale paradigma come novellato dal c.d. “SCIA DUE”

Nella stesura attuale del d.P.R. n. 380 del 2001 (anche TUED) vi sono articoli in materia che, a parere di chi scrive, necessitano di un approfondimento soprattutto per non ingenerare nei Colleghi, a tutti i livelli, procedure che potrebbero prestarsi a essere inficiate per illegittimità se non poi anche per falso ideologico anche falso per induzione, trattandosi di asseverare cioè giurare.

Il certificato di rispondenza e la sua origine

Il certificato di rispondenza e la sua origineNel seguito per “certificato di rispondenza” si considera la derivazione di cui al previgente articolo 28 - utilizzazione di edifici - della legge 64/1974, denominato al tempo, tra i tecnici operanti ante art 20 della legge 741/1981 (quella che istituì i “depositi”), anche “certificato di conformità sismica”.

Occorre una breve disamina della “ratio” che era alla base dell’art. 28 L.64/1974.

Cosa accadeva prima del deposito al Genio Civile

Prima della norma (art 20 L. 741/’81) che ha introdotto il c.d. “depositoal genio civile unificando per i siti anche sismici due normative distinte (legge 1086/1971 e L.64/1974) e sopprimendosi l’autorizzazione preventiva sismica, legge attuata nelle regioni con specifiche norme regionali locali, il progettista, per le fattispecie di legge, doveva presentare un progetto al genio civile ai fini c.d. “statici” (ex lege 1086/71 derivazione del RD 2229/1939) e se il Comune era anche sismico occorreva la richiesta di autorizzazione sismica, che veniva vagliata dal genio civile con prassi che di norma prevedeva un sopralluogo al fine di accertare che la costruzione non fosse stata ancora iniziata. Poi in ufficio il Capo genio civile analizzava il progetto e concedeva l’assenso preventivo, oppure rigettava la domanda di autorizzazione sismica specificandone i motivi.

Va osservato che la legge 1086/1971 riguardava solo alcune tipologie di costruzioni, mentre la normativa sismica afferiva ad ogni tipo di intervento.

Tale situazione è diventata allo stato odierno “seria e preoccupante”, per i nuovi fabbricati al tempo costruiti in muratura portante, solai in laterocemento e fondazioni in c.c.a., edifici del tipo pluripiano in quei Comuni prima non sismici ed in genere (dal 1983) diventati sismici.

L'assenza del progetto strutturale degli edifici pluripiano in muratura portante

Per una serie di motivi inspiegabili, se non con alcun “deposito” strutturale ex legge 1086/’1971, al genio civile non si reperisce alcun progetto strutturale relativo a quella data costruzione ne quindi alcun collaudo statico, in quanto si riteneva, erroneamente, da parte dei Comuni che detti fabbricati pluripiano in muratura portante fossero esenti dalla legge 1086/1971. 

Sono edifici “fantasma” ai sensi di deposito presso un ente del progetto strutturale, in quanto spesso i progetti non si trovano neanche all’Archivio di Stato, dove li delegarono le Prefetture.

Senza voler criticare alcuno, spesso detti progetti di nuovi edifici in muratura venivano autorizzati solo dai Comuni su progettazione di tecnici non laureati ed abilitati, ed il certificato di abitabilità reso al termine della costruzione, ritiene chi scrive, veniva emesso solo ai fini igienico sanitari (RD 1265/1934).

Nell’immaginario collettivo, errato, però detto certificato di abitabilità (almeno fino al DPR 425/1994) avrebbe anche valenza di utilizzabilità strutturale.

Poi moltissimi di questi Comuni sono diventati sismici con edifici pluripiano in muratura di cui non esiste alcun progetto strutturale, con tutte le conseguenze derivate sui nuovi lavori eseguiti dopo la classificazione sismica su fabbricati c.d. “fantasma”.

I fabbricati "fantasma" e i pronunciamenti della Giustizia

Sulla questione se i nuovi fabbricati con struttura portante di muratura, solai in laterocemento e fondazioni in c.a. peggio se con pali, fossero obbligati o meno alla legge 1086/1971, dove molti sostengono la non doverosità di “depositare” alcun progetto (ovvio ante Comune dichiarato sismico) la Suprema Corte ha avuto un ripensamento non da poco (Cass. Pen. sez. III, n. 1959 del 17 gennaio 2017 da Lexambiente.it del 08 febbraio 2017) perché non rileva che sussista il “complesso di strutture” (come nei telai in c.c.a.) perché la stabilità va garantita in tutti i casi in cui si utilizza il cemento armato anche se non con strutture appunto intelaiate.

Le criticità per il progettista

In tale maniera viene meno il concetto (errato per chi scrive) che per fabbricati di nuova costruzione in muratura pluripiano non dovesse depositarsi nulla al genio civile, creando (Comuni poi classificati anche sismici) una rete appunto di “edifici fantasma” strutturalmente sui quali i nuovi interventi anche solo manutentivi profilano gravi illegittimità, senza un scrupoloso scrutinio dello stato ante nuovi lavori, eseguito dal nuovo progettista.

Pacifico che in questi casi diventa arduo “certificare” da parte del professionista una data “rispondenza”.

Fortunatamente invece in alcuni Archivi di Stato ancora si trovano i progetti strutturali (non molti purtroppo) redatti ai sensi del RDL 2105/1937 (sostitutivo di precedenti RDL nn 640 e 1445 del 1935) che afferiva sia ai territori sismici, ma anche alle norme tecniche di buona costruzione per i Comuni non “colpiti da terremoti” (artt. 3-6 del RDL 2105/1937).

La norma sismica pregressa, ante legge L.64/’74, era stata la legge 1684/1962 che ripercorreva i dettami del RDL 2105/1937.

Si può dire che tra le norme dal 1937 al D.p.r. 380/’01 vi sia una certa continuità, sia per il profilo statico che per quello sismico.

Il tecnico che operava anche in zona sismica, questa poi dal 1983 ampliata a quasi tutto il territorio Italiano anche con successiva Opcm 3274/2003 (per cui anche la zona classificata III non sfugge alla doverosità del permesso sismico preventivo), ben sapeva che alla fine dei lavori, completato l’iter di cui all’art. 7 della previgente L. 1086/1971 (collaudo statico), doveva ottemperare sia all’art 8 della 1086/’71 (licenza d’uso da parte dei prefetti) che quindi all’art 28 L. 64/74, per far dichiarare abitabile l’immobile.

Notorio quindi che ai sensi art 28 L. 64/1974 si dovesse portare il tecnico del genio civile a verificare i lavori ultimati e loro conformità alla autorizzazione sismica preventiva ottenuta ed eventuali varianti, dato per scontato che la conformità alla normativa tecnica era insita nella previa autorizzazione sismica rilasciata dal genio civile prima dell’avvio dei lavori. 

Di un certo ausilio, sempre però da verificarsi in concreto quanto ad attendibilità, il collaudo in corso d’opera affidato dal prefetto ai sensi del RD 2229/1939 ad un ulteriore terzo professionista ingegnere estraneo alla progettazione e D.L., collaudo poi eliso nel testo della legge 1086/’71.

Il sopralluogo del pubblico ufficiale del genio civile si concludeva poi in ufficio con il rilascio appunto denominato “certificato di conformità” anche “certificato di rispondenza”.

Dopo di che susseguiva la procedura per il certificato di abitabilità che quindi era anche di utilizzabilità strutturale.

La situazione attuale

Gli scenari attuali di contro sono variegati e non semplici da inquadrare.

Le innovazioni avute dal TUED, (cui rinvio) fino all’agosto 2017 (con la conversione del DL 50/2017) con vari strumenti legislativi presentano l’attuale scenario normativo che non si può neglettere.

1) Art 5- Sportello Unico per l’edilizia: (In seguito anche SUE). Di particolare attenzione l’art.5 comma 3 lett. c) in quanto il SUE acquisisce “le autorizzazioni e le certificazioni del competente ufficio tecnico della regione, per le costruzioni in zone sismiche di cui agli articoli 61, 62 e 94. (confronta sul punto del certificato di rispondenza articolo di Massimo Grisanti da Lexambiente.it del 05 maggio 2014 e per gli effetti della novella legge 134/2012 sull’art 5 del TUED, vedi cassazione penale sez. III n. 44294 del 31/10/2013 punto 3.7 ed Antonio Verderosa articolo su Lexambiente.it del 01 ottobre 2013). 

Non dubitabile che le situazioni sono diverse in caso di nuova costruzione da eseguirsi da quella di ristrutturazione o anche demo ricostruzione di edifico esistente, perché nel primo caso ovvio non sussiste il certificato di rispondenza, mentre nel secondo caso il tecnico era ed è tenuto, tramite intervento del SUE, a far depositare anche il certificato di rispondenza dell’edificio preesistente, con tutte le conseguenze derivate, palese per i Comuni anche sismici. Quindi si ritiene che “il certificato di rispondenza” non sia stato cancellato dall’ordinamento e sia stato inserito all’art 62 creando non pochi dubbi.

2) Art 24-Agibilità: Come noto l’art 3 del d.lgs n. 222/2016 (c.d. “SCIA DUE”) ha introdotto la “segnalazione certificata di agibilità” (anche SCA) previa consegna di alcune documentazioni da parte dell’asseverante che giuri la SCA. All’art 24 comma 5 punto b) è scritto che tra i documenti si necessiti del “certificato di collaudo statico di cui all’articolo 67 ovvero, per gli interventi di cui al comma 8-bis del medesimo articolo, dichiarazione di regolare esecuzione resa dal direttore dei lavori”. La norma poi prevede che al deposito della SCA di agibilità si possa utilizzare “ictu oculi” la costruzione o parte di essa.

Per quanto concerne il collaudo statico si ritiene non ci si possa esimere dall’ignorare il parere reso dal Consiglio Superiore Ministero ex LL.PP. in data 14/12/2010 sez. prima protocollo n. 155/2010 sul quesito due, cui si rinvia in modo più ampio, anche con cognizione del D.M. 20/11/1987.

3) Art 62-Utilizzazione di edifici: Il normatore non ha mutato l’articolo “de quo” che quindi prevede che il rilascio della licenza d’uso per gli edifici costruiti in cemento armato da parte dei comuni e l’attestazione di cui all’articolo 24 comma 1 (“id est” la SCA) “sono condizionati all’esibizione di un certificato da rilasciarsi dall’ufficio tecnico della regione, che attesti la perfetta rispondenza dell’opera eseguita alle norme del capo quarto” (appunto provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizione per le zone sismiche). La norma è rimasta, non è certo riferibile ai soli fabbricati in c.a. costruiti dai Comuni, perché il richiamo con “e” all’art. 24 comma 1 estende la sua portata a tutti gli interventi di cui all’art 24 comma 1, e non si attenua, prevedendo l’eliminazione del certificato di rispondenza, per quanto infra. 

Ove si sostenesse che la nuova norma attiene solo ad edifici o interventi eseguiti in zona non sismica, ne deriva che gli interventi in zona sismica sarebbero privi dell’art 24 del TUED.

Ne consegue come logica deduttiva che il certificato di rispondenza deve rilasciarlo il genio civile ora tornato da provinciale a regionale.

4) Art 67. Collaudo statico: il Legislatore ha introdotto il comma 7 aggiungendo, nella seconda parte, “Il deposito del certificato di collaudo statico equivale al certificato di rispondenza dell’opera alle norme tecniche per le costruzioni previsto dall’art 62”.

Al comma 8 è scritto che la segnalazione certificata (che altro non può essere che la SCA) è corredata da una copia del certificato di collaudo.

Da quanto descritto, in continuità con la “ratio” delle normative pregresse, appare quindi dubbioso se per l’asseverazione (cioè giuramento che se falso comporta l’integrazione di reati) di segnalazione certificata di agibilità ex art 24 comma 1 TUED , prevalga la disposizione di cui all’ art. 67 comma 7 e quindi non si necessiti più del rilascio da parte del genio civile del certificato di rispondenza sismica, oppure se comunque detto certificato debba essere rilasciato a cura del genio civile ( il normatore afferma all’art 62 TUED “ ..esibizione di un certificato da rilasciarsi…” essendo peraltro pacifico che non è stato corretto o mutato l’art 62 del TUED ne elisa la “licenza d’uso” di carattere al tempo prefettizio. Ne peraltro esistono molti Comuni che non siano anche sismici e comunque il normatore deve non ignorare che il territorio è quasi prevalentemente stato classificato come sismico.

Non assume, a parere di chi scrive, neanche come fatto dirimente, l’art. 67 comma 8 dove per “segnalazione certificata”, il normatore dovrebbe fa riferimento solo alla segnalazione certificata di agibilità, perché l’allegazione ad essa della copia del collaudo non modifica il disposto dell’art 62.

Più complessa poi la disposizione di cui all’art 67 comma 8-bis perché redigere una “dichiarazione di regolare esecuzione resa dal direttore dei lavori”, significa, per edifici preesistenti ante legge sismica dei quali non esiste alcuna giacenza al genio civile e quindi alcun collaudo del tempo, edifici poi diventati costruiti in Comune classificato sismico nel quale l’intervento nuovo è stato previamente autorizzato dal Genio Civile (o Comuni per le regioni di cui recenti leggi sismiche regionali), un adempimento gravoso, oneroso e non certo agevole per qualsiasi direttore dei lavori o tecnico abilitato anche non D.L.o di collaudo statico.

Quindi, ritiene chi scrive, che le varie circolari regionali emanate semplificanti la “vexata quaestio de qua”, nei termini che gli uffici del genio civile non rilasciano più il certificato di rispondenza, dovrebbero essere rivisitate o almeno i colleghi dovrebbero usare una acuta e profonda attenzione nel giurare la SCA per il profilo statico-sismico o almeno inserendo una specifica motivazione aggiuntiva rafforzata, derivante dall’assenza del certificato di rispondenza “emesso” dal locale genio civile.

Tanto rileverebbe per la buona fede del giuramento, diversamente opinabile .

Di recente la giurisprudenza amministrativa (Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo sezione staccata di Pescara-sezione Prima- sentenza n. 256/2018 del 06/08/2018) ha trattato la materia de qua, in modo non certo convincente.

Fatti ante “SCIA DUE”, ma con applicazione della novella

Il Genio Civile di Chieti contestava che i certificati di agibilità rilasciati nel 2010 dal Comune e da questo annullati in autotutela, non contenevano al loro interno (pag 3 della sentenza) “atti inerenti la visita di sopralluogo propedeutica al rilascio della certificazione di cui all’art 62 DPR 380/01 e richiamata nel certificato in oggetto…”.

Dopo il riepilogo delle posizioni delle Parti (pag. 4) il TAR dal punto 3.1 (pag. 5) passa in rassegna la materia come novellata nel 2016.

Al punto 3.1 il TAR afferma che la nuova disposizione (D.lgs 222/2016) inserendosi nella Parte II, Capo II, del TUED, consente l’eliminazione dell’obbligo del certificato di rispondenza (art 62) ai fini dell’agibilità, per le costruzioni in conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica. Tale eliminazione deriva dalla nuova formulazione dell’art 67 comma 7. Fin qui però edifici in zone non sismiche.

Al punto 3.2 la sentenza passa ad esaminare poi la fattispecie della collaterale vigenza di zona sismica. Si pone l’accento solo sull’attività di controllo sia ai sensi dell’art art 103 comma 2 del TUED che dell’art 24 comma 7 sempre del TUED. 

In base a detta attività di controllo, l’opera controllata ove fosse stata certificata in agibilità, ma senza averne i presupposti, porta a precludere ogni tipo di utilizzabilità conseguenza della SCA.

Quindi, senza seguire la sentenza che attiene poi ad altri profili, pare di comprendere che il TAR affermi la soppressione del certificato di rispondenza ex art 62, ma limitatamente a fabbricati di cui alla Parte II Capo II del TUED, mentre per il correlato (ove esiste) profilo sismico permarrebbe solo il potere di controllo e quindi di repressione, da parte del Genio Civile.

Tutto sarebbe riferibile alla numerazione art 62 che sta nel capitolo del TUED non avente ad oggetto la normativa sismica, questa riportata dall’art 83 in poi.

Peccato però che nella stesura del TUED sotto art 62 vi sia ascritto (Legge 2 febbraio 1974, n. 64, art 28), che appunto è articolo di cui alla legge sismica. 

Ecco perché, soprattutto per l’operatività dei Colleghi non esiste alcuna chiarezza.

In conclusione allo stato ritiene chi scrive che se il tecnico redige il collaudo in zona non sismica non esista alcun problema sulla disposizione di cui art 67 comma 5 lett. b), con l’accortezza di certificare la equivalenza del detto certificato di collaudo statico anche come sostitutivo del "certificato di rispondenza”.

Se il collaudo afferisce a immobile o intervento in zona anche sismica, mi sento di consigliare che “apertis verbis” il giurante affermi che si tratta anche di certificazione di rispondenza alla normativa sismica, con tutti i dovuti pevi controlli di verità dell’asseverazione. Ovvio che stessa identica certificazione dovrebbe esistere nella relazione a struttura ultimata resa dal D.L. strutturista.

Senza alcuna esaustività, ma solo per fini deontologici ed informativi.

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