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Inarsind riconferma Salvo Garofalo alla carica di Presidente per il triennio 2013-2016

Una riconferma dovuta all’unanime riconoscimento del lavoro svolto fino a oggi da presidente e Comitato e ad una visione unitaria dei problemi della categoria in questo travagliato periodo. Abbiamo voluto tracciare con l’ing. Garofalo un bilancio del triennio appena concluso ed affrontare le priorità che il sindacato si porrà nei prossimi tre anni sotto la sua guida.

Presidente, lo scorso maggio, il rinnovo delle cariche di Inarsind ha confermato la sua rielezione. Il triennio appena concluso è stato contrassegnato da numerosi cambiamenti e novità per la nostra categoria professionale. Può tracciare un breve bilancio?

Effettivamente l’ultimo triennio ha portato diversi cambiamenti per lo più legati alla riforma delle professioni come l’assicurazione professionale e la formazione obbligatoria, i consigli di disciplina territoriali e la pubblicità. Inoltre è stata varata la riforma di Inarcassa che ci ha visto passare dal contributivo al retributivo e di recente il varo operativo delle società tra professionisti. Tutto questo è stato reso ancora più complicato da una crisi economica impressionante che ancora oggi non ha finito di manifestare i suoi effetti. Inarsind ha seguito costantemente questi temi ma non sempre i risultati sono stati all’altezza delle aspettative e delle energie spese. Mi riferisco soprattutto alla riforma delle professioni che, dopo quasi trent’anni di attesa, ha inserito solo nuovi obblighi mentre non ha fatto chiarezza su molti punti essenziali come ad esempio sul tema della rappresentanza che a mio avviso doveva essere una volta per tutte affidata in esclusiva alle organizzazioni di categoria a iscrizione volontaria (sindacati e associazioni professionali) lasciando ai soli consigli nazionali la tenuta dell’albo e l’organizzazione dei consigli di disciplina. Si è preferito invece lasciare, depotenziandoli, i consigli territoriali che si dovrebbero occupare ormai solo di formazione fra l’altro, secondo quanto appare dai regolamenti presentati da CNI e CNA, con il doppio ruolo di controllori e controllati situazione che riteniamo inaccettabile.

Quali sono gli aspetti che necessitano ancora di chiarezza?

Purtroppo tutti i temi affrontati negli ultimi tre anni sono rimasti ancora indefiniti e contengono diverse criticità che vengono ampliate dalla crisi economica a partire dall’assicurazione obbligatoria che pesa troppo soprattutto per i giovani che a detta delle assicurazioni hanno un coefficiente di rischio elevato o come la formazione che a nostro avviso deve essere uguale per ingegneri ed architetti e non dovrebbe essere obbligatoria. I liberi professionisti da sempre sentono la necessità, per operare sul mercato ma soprattutto per forma mentis, di aggiornarsi efficacemente e costantemente guardando all’aggiornamento professionale come ad una opportunità piuttosto che ad un obbligo da assolvere ben sapendo che le proprie competenze vengono valutate e certificate giorno per giorno dai propri committenti (pubblici o privati) che scelgono a chi affidare le prestazioni di cui abbisognano. Lo stesso non può dirsi di chi esercita la professione alle dipendenze di enti pubblici, università o scuole di ogni ordine e grado che una volta assunti non sono più tenuti a nessuna forma di aggiornamento e verifica pur erogando servizi essenziali alla collettività nonostante questo sembra che i Consigli nazionali stiano tentando di esentare tutti gli iscritti all’albo ad eccezione dei soli liberi professionisti cosa che riteniamo inammissibile perché almeno su formazione e assicurazione la riforma prevede omogeneità degli iscritti. Vanno chiariti poi alcuni punti relativi alle società tra professionisti che, con il solito aggravio di burocrazia, devono essere iscritti ad un ordine e poi va chiarita la destinazione del contributo previdenziale integrativo che con la nuova riforma copre in parte le spese di gestione e per il resto viene destinato all’iscritto in particolar modo se giovane. Vanno in qualche accorpate le voci, spesso dissonanti, della categoria attualmente sono ben quattro i sindacati che si occupano di ingegneri ed architetti liberi professionisti inseriti in due confederazioni (Confedertecnica Conprofessioni) e da ultimo, in maniera assolutamente impropria (assistiamo al tentativo della fondazione di Inarcassa di inserirsi nel dibattito. Troppi protagonisti non rafforzano le posizioni dei liberi professionisti ma al contrario le indeboliscono. Bisognerebbe iniziare a fare qualche semplificazione… io, ad esempio, pur di rafforzare la categoria sarei disponibilissimo a fare non uno ma due passi indietro.

I dati diffusi da INARCASSA sui redditi professionali dei liberi professionisti, peraltro non coerenti con quelli diffusi dal Ministero delle Finanze, denunciano un quadro preoccupante soprattutto per i professionisti al di sotto dei 40 anni. Come il sindacato è vicino alla categoria?

Noi abbiamo elaborato i dati che Inarcassa ci ha fornito per inviarli alla SOSE (società per azioni creata dal Ministero dell'Economia e delle Finanze e dalla Banca d'Italia) che elabora gli studi di settore per chiedere una sostanziale modifica che tenga conto della crisi economica. Purtroppo la situazione che abbiamo verificato, numeri alla mano, è davvero preoccupante soprattutto se pensiamo che ad oggi gli ultimi dati disponibili sono quelli della dichiarazione del 2012 che riguarda i redditi del 2011. È sotto gli occhi di tutti che l’anno scorso la situazione si aggravata e per il 2013 sta diventando disperata. A soffrire di più ovviamente sono i giovani che o non riescono ad entrare o sono i primi ad essere espulsi dal mondo del lavoro e della libera professione.
Noi cerchiamo di fare il possibile per aiutarli o mettendoli in contatto con altri colleghi in condizioni migliori, o magari creando delle condizioni per ridurre i costi fissi dei primi anni con diverse azioni, come, ad esempio, abbiamo fatto di recente con la stipula di una convenzione che consente al giovane iscritto Inarsind di avere la copertura assicurativa obbligatoria per circa 120 euro l’anno per un fatturato non superiore a 25.000 euro l’anno. Inoltre nel congresso di quest’anno ad ottobre affronteremo le nuove forme di aggregazioni professionali legate anche alla possibilità di lavorare per l’estero che sono particolarmente interessanti per chi inizia la professione ed ha quella elasticità che un cinquantenne non può avere più.

Quali sono le proposte con cui affronterà il prossimo triennio?

Mentre il precedente triennio ha rappresentato una fase di assestamento il prossimo deve essere necessariamente un periodo di svolta perché ormai certe situazioni sono diventate insostenibili. Dobbiamo fare in modo di non fare espellere dal mercato i nostri giovani innanzi tutto chiedendo a gran voce l’applicazione del principio “una testa un lavoro” perché in un mercato professionale così difficile è impensabile che ci siano colleghi con due/tre lavori e altri che non riescono a pagare il minimo dei contributi previdenziali. Dobbiamo fare definitivamente chiarezza nei ruoli di ordini, casse, sindacati e associazione, sostenere la modernizzazione della professione riducendo, per quanto possibile, la burocrazia che spesso serve solo a giustificare l’esistenza di un ente. Abbiamo la necessità di rafforzare la nostra identità separando nettamente le prestazioni professionali dai servizi di architettura e ingegneria in modo da avere dei riferimenti tariffari che non rappresentino dei minimi ma che traccino la strada per ricavi equi che impediscano il lavoro nero e/o sottopagato sia dei collaboratori che dei professionisti stessi. Dobbiamo chiedere ed ottenere per i nostri iscritti, al pari delle imprese, strumenti di finanziamento per le nostre attività, di sostegno del reddito e un welfare specifico per il supporto della professione tecnica.