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Da chiesa sconsacrata a banca: è ristrutturazione edilizia? Basta la SCIA o serve il permesso di costruire?

Tar Veneto: la modificazione di destinazione di un immobile, attuata mediante opere, da edificio di culto sconsacrato a sede di un’attività privata con funzione direzionale-bancaria, rientra nella categoria della ristrutturazione edilizia necessitante del permesso di costruire

Se, oltre ad alcune opere di vero e proprio restauro (come per le vetrate e le porte), l’intervento contempla la realizzazione di una serie di lavori strettamente finalizzati ad un mutamento di destinazione dell’immobile, si configura la riustrutturazione edilizia e serve il permesso di costruire

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Per modificare la destinazione d'uso e trasformare, di fatto, una chiesa sconsacrata in una banca, con precisi lavori edilizi a corredo, non può bastare una normale SCIA (ex DIA) ma serve il permesso di costruire (o la SCIA alternativa al permesso di costruire) in quanto non si tratta di restauro o risanamento conservativo ma di vera e propria ristrutturazione edilizia.

Lo ha chiarito il Tar Veneto nella sentenza 40/2020 dello scorso 15 gennaio - disponibile in allegato - dove si mettono ancora una volta dei paletti specifici sul tema:

  • ai sensi dell'art. 10, comma 1, lett. c), T.U. Edilizia, le opere di ristrutturazione edilizia necessitano di permesso di costruire se consistenti in interventi che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino modifiche del volume, dei prospetti ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d'uso (ristrutturazione edilizia), anche se di dimensioni modeste. In via residuale, la SCIA assiste, invece, i restanti interventi di ristrutturazione c.d. leggera (compresi gli interventi di demolizione e ricostruzione che non rispettino la sagoma dell'edificio preesistente);
  • gli interventi edilizi che alterino l'originaria consistenza fisica di un immobile e comportino l'inserimento di nuovi impianti o la modifica e ridistribuzione dei volumi, non possono configurarsi né come manutenzione straordinaria né come restauro o risanamento conservativo, ma rientrano nell'ambito della ristrutturazione edilizia. Non può essere ascritto, pertanto, al restauro o risanamento conservativo un intervento edilizio implicante un incremento di superficie o un mutamento di sagome o di destinazione d'uso che devono essere, in ogni caso, preceduti dall'acquisizione del relativo titolo edilizio, ravvisabile nel c.d. permesso di costruire;
  • le opere interne e gli interventi di ristrutturazione urbanistica, come pure quelli di manutenzione straordinaria, di restauro e di risanamento conservativo, necessitano del preventivo rilascio del permesso di costruire ogni qualvolta comportino mutamento di destinazione d’uso tra due categorie funzionalmente autonome.

Da chiesa sconsacrata a banca

Applicando i principi giurisprudenziali predetti alla fattispecie in esame, l’intervento edilizio per il quale è causa rientra certamente tra le ipotesi di cui all’art. 10, comma 1, lett. c), trattandosi di modificazione di destinazione dell’immobile sito in zona A (centro storico), attuata mediante opere che, per vero, non possono nemmeno qualificarsi “minime”, non essendo tali né la realizzazione di un servizio igienico per disabili prima inesistente, né l’installazione degli impianti, opere queste assolutamente necessarie per consentire l’utile modificazione della destinazione dell’immobile che in tal modo è venuto ad assumere una “struttura funzionale” del tutto diversa, determinando, peraltro, come si dirà più avanti, un evidente aumento del carico urbanistico.

Con riferimento, in particolare, alla modificazione della destinazione d’uso, nel caso di specie tale presupposto di fatto è evidente se solo si considera che l’immobile in esame era un edificio di culto e che solo in seguito alla “sconsacrazione” è divenuto suscettibile di diverso utilizzo: si tratta di un caso estremo di passaggio di categoria funzionale, ricorrendo l’ipotesi di un edificio che, prima della sconsacrazione, aveva una funzione “pubblica”, quale luogo di culto, divenuto, ora, sede di un’attività privata con funzione direzionale-bancaria.

In definitiva, si tratta senza dubbio di ristrutturazione edilizia ex art. 10, comma 1, lett. c), del dpr 380/2001 nel caso di modificazione di destinazione di un immobile sito in zona A (centro storico), attuata mediante opere, da edificio di culto sconsacrato a sede di un’attività privata con funzione direzionale-bancaria, eseguibile con permesso di costruire o DIA/SCIA alternativa al permesso di costruire.

LA SENTENZA INTEGRALE E' DISPONIBILE IN FORMATO PDF

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