Urbanistica
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Pergolato o tettoia? Non importa: niente conformità urbanistica se l'opera è in contrasto con le regole locali

Consiglio di Stato: il pergolato, per sua natura, è una struttura aperta su almeno tre lati e nella parte superiore e normalmente non necessita di titoli abilitativi edilizi

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Siamo sempre lì, a cercare di non 'cadere' nel tranello di confondere un pergolato con una tettoia, una pergotenda con una tettoia, una struttura 'libera' da una che richiede il permesso di costruire. Le sentenze sul tema, insomma, 'si sprecano', continuando a dimostrare - se ce ne fosse bisogno - che non è proprio così chiaro il confine tra un'opera edilizia (o manufatto) e l'altro, così come non è chiara la regolamentazione in materia di accertamento di conformità urbanistica.

Il problema è che questi 'dubbi', spesso, sfociano in un abuso edilizio con conseguente ingiunzione a demolire l'opera priva di corretto titolo abilitativo. E allora?

Allora andiamo a verificare cosa dice il Consiglio di Stato nella recente pronuncia 984/2020, riferita al rigetto, da parte di un comune, della richiesta di accertamento di conformità ex art.36 del dpr 380/2001 avanzata dai ricorrenti con conseguente ordinanza di demolizione d’ufficio delle opere consistenti nella demolizione di un tetto e contestuale realizzazione di un pergolato in legno.

Il Tar Campania aveva, in prima istanza, rigettato il ricorso evidenziando che la richiesta sanatoria era stata negata dal comune perché:

  • l’intervento è consistito nella demolizione della falda esistente e nella costruzione di una nuova struttura a falde con diversa inclinazione. Tale intervento non è sanabile a norma dell’art. 92, comma 5 della variante generale che non consente la modifica delle quote di gronda del preesistente manufatto, come nel caso in esame”;
  • la sanatoria è possibile solo quando l’opera realizzata in assenza del preventivo titolo abilitativo risulti conforme agli strumenti urbanistici generali e di attuazione approvati e non in contrasto con quelli adottati sia al momento della realizzazione dell’opera sia al momento della presentazione della domanda;
  • le opere per le quali era stata chiesta la sanatoria, che vengono definite “pergolato in legno” ma in realtà consistono in una tettoia con palizzata di legno e tegole sul terrazzo di copertura in sostituzione di un precedente sottotetto, hanno determinato la modifica delle quote di gronda del preesistente manufatto;
  • tali opere risultano quindi in contrasto con l’art. 92, comma 5, della variante generale del PRG, che non consente la modifica della posizione e delle quote degli elementi strutturali interessati, salvo che ai fini di recupero di assetti preesistenti residui e in tal caso a condizione che ne conseguano esiti coerenti, e non risultano quindi sanabili;
  • la stessa perizia giurata in atti asserisce che le opere svolte hanno comportato “l’aumento dell’altezza di gronda prospiciente l’interno del terrazzo di proprietà” e che “la falda della tettoia ... è leggermente differente da quella esistente per la sola altezza di gronda, verso il lato interno della terrazza”;
  • avendo l’innalzamento della quota di gronda della tettoia determinato la realizzazione di nuovi volumi, per tale opera era necessario sia il permesso di costruire che il nulla osta paesaggistico e la mancanza di tali titoli comporta la conseguente applicazione della sanzione demolitoria.
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Pergolato di legno o tettoia 'composita'? Non importa

Palazzo Spada conferma la tesi del TAR, attesa la non sanabilità dell’opera abusiva per contrasto con le disposizioni vincolistiche del centro storico del Comune di Napoli, e atteso che l’intervento aveva comportato un sia pur contenuto innalzamento della quota di gronda del tetto, il che era espressamente vietato, in specifico, dall’art.92, comma 5, della variante generale al PRG, che non consente la modifica delle quote di gronda del preesistente manufatto.

Il manufatto non poteva nemmeno qualificarsi come “pergolato ligneo, atteso che il pergolato, per sua natura, è una struttura aperta su almeno tre lati e nella parte superiore e, infatti, normalmente non necessita di titoli abilitativi edilizi.

Il pergolato, che non comporta aumento di volumetria o superficie utile, è un manufatto realizzato in struttura leggera di legno che funge da sostegno per piante rampicanti o per teli, il quale realizza in tal modo una ombreggiatura di superfici di modeste dimensioni, destinate ad un uso del tutto momentaneo; tale ipotesi non ricorre nel caso di specie.

Infatti, quando il pergolato viene coperto nella parte superiore, anche per una sola porzione, come nel caso di specie, con una struttura non facilmente amovibile, realizzata con qualsiasi materiale, è assoggettato alle regole dettate per la realizzazione delle tettoie (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 25 gennaio 2017, n. 306)

Ma attenzione: le opere in contestazione hanno costituito un intervento non di ricostruzione e/o ripristino del preesistente manufatto, bensì la realizzazione di una struttura con nuove e diverse dimensioni planivolumetriche. Pertanto, la qualificazione di quanto realizzato, in termini di “pergolato” ovvero di “tettoia”, è altresì insignificante, rilevando invece che le suindicate modalità realizzative sono in contrasto con le prescrizioni di zona.

Niente accertamento di conformità. Perché?

Il diniego di rilascio della concessione di costruzione in sanatoria, implicando un accertamento di carattere vincolato circa la così detta doppia conformità delle opere abusivamente realizzate, è congruamente motivato con il puntuale richiamo delle disposizioni urbanistiche rispetto alle quali l’opera si pone in contrasto.

Peraltro, l’accertamento della non conformità delle realizzande opere edilizie con la normativa urbanistica vigente è condizione sufficiente a sorreggere il diniego del permesso di costruire senza che l’Amministrazione abbia l’onere di fornire ulteriori spiegazioni; infatti, il potere esercitato in tema di rilascio di titoli autorizzativi dello jus aedificandi comporta unicamente un’attività di verifica della conformità urbanistico-edilizia dell’istanza.

Nel provvedimento impugnato, infatti, sono state congruamente esplicitate le ragioni che hanno indotto l’Amministrazione a ravvisare il contrasto delle opere abusivamente eseguite con le norme urbanistiche.

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