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A Bologna il progetto dell'ex caserma Perotti: parola d’ordine 'Integrazione'

Da tempo abbandonata a Bologna, l'ex caserma è stata oggetto di un concorso di progettazione bandito dall’Agenzia del Demanio. A vincere il concorso è stata ArchLivIng insieme a una cordata di partner che hanno presentato un progetto dal carattere innovativo.

La ex caserma Perotti, da tempo abbandonata a Bologna, è stata l’oggetto di un concorso di progettazione bandito dall’Agenzia del Demanio. A vincere il concorso è stata ArchLivIng insieme a una cordata di partner che hanno presentato un progetto dal carattere innovativo soprattutto in termini di integrazione, non solo tra le forme ma anche e soprattutto dal punto di vista sociale.

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Intervista a Irene Ferroni e Giuseppe Mastrangelo, gli architetti protagonisti del progetto ex Perotti

Abbiamo intervistato due dei protagonisti di questo lavoro: il capoprogetto Irene Ferroni architetto di ArchLiving e Giuseppe Mastrangelo architetto di BTT studio.

Integrazione come valore sociale e strutturale

Iniziamo questa intervista con il chiedere all’architetto Ferroni come mai è stata scelta la parola Integrazione come parola chiave del progetto.

"Credo che rappresenti, più di ogni altra, la vera peculiarità di questo lavoro. L’integrazione, infatti, è nata ancora prima del progetto stesso: tra le persone e i partner che vi hanno partecipato. 

Da noi, in ArchLivIng, la contaminazione e la collaborazione tra diverse discipline è la normalità, con BTT è nato un sodalizio virtuoso poiché sin sa subito ha funzionato la comunicazione e lavorare è diventato fluido."

Dal verticale all’orizzontale: la visione sistemica il metodo di lavoro

Architetto Mastrangelo, in BTT lavorate allo stesso modo?

"Siamo uno studio giovane, che sta crescendo velocemente negli ultimi anni, occasioni come questa per noi sono molto importanti. In BTT intendiamo il lavoro dell’architetto come una professione di mestiere, dove questo mestiere è caratterizzato dalla capacità di integrare le diverse “maestranze” in un processo dinamico che muove dall’ascolto, in una posizione non demiurgica, l’architetto è dentro le cose. È stato quindi organico lavorare con ArchLivIng che ha la nostra stessa visione di integrazione tra le diverse conoscenze. Basti pensare che i professionisti che lavorano in BTT vengono da esperienze molto diverse, anche molto lontane, esperienze e contesti diversi che però convogliano tutte in un’idea di progettazione che ha nel think tank la sua modalità e la sua pratica." 

Think tank significa letteralmente “laboratorio di pensiero” ed è un nome coniato proprio per dare indentità ad un orgnanismo che muta perché è costituito da tante parti diverse che si contamino in un continuum creativo. Qualcosa di molto simile alla struttura di ArchLivIng - conclude Ferroni.

Scegliere una gara di appalto rispetto un'altra: cosa fa la differenza?

Come viene scelta una gara tra le tante? E perché è stata scelta proprio questa?

"Mi piace dire che siamo un po’ tutti figli di Bologna - risponde Ferroni – è una città che negli ultimi 15/20 anni ha lavorato molto bene ed è al centro dei riflettori per rigenerazione e fermento sul rinnovamento del tessuto urbano, quindi direi che sicuramente Bologna è stato uno dei motivi. Un secondo criterio di selezione è rappresentato dalla stazione appaltante, poiché il Demanio ha l’autorevolezza giusta per garantire qualità del processo e del risultato. 

"Devo ammettere – aggiunge Mastrangelo - che un altro criterio importante è stata la giuria internazionale, che ha garantito una lettura dei progetti con un respiro più ampio nel quale ci sentiamo rappresentati. Un ultimo imprescindibile criterio – prosegue Mastrangelo – è stato il tema della rigenerazione urbana, un trend che nel nostro studio è molto caro, sul quale stiamo investendo molto anche in termini di formazione dedicata."

Come nasce e si sviluppa l'idea di un progetto di rigenerazione urbana

Il progetto prevede un parco urbano che voi avete pensato collinare, da dove nasce l’idea della collina?

"Tutto è nato dal sopralluogo – ammette Irene Ferroni - è in quella occasione che abbiamo individuato dei punti cardine dal punto di vista del territorio, del tessuto urbano esistente e della relativa percezione del luogo. Abbiamo capito subito che in quell’area c’era grande sensibilità per il problema relativo all’inquinamento acustico causato dalla ferrovia; così abbiamo immaginato che l’elemento naturale potesse costituire la migliore forma di mitigazione del rumore. È con questo pensiero che abbiamo inserito la collina verde, che ha preso forma plasmandosi sul territorio in una visione d’insieme e diventando un unicum dove il costruito e il verde si fondono continuamente. Abbiamo destrutturato i confini, tolto le recinzioni e la suddivisione, che pareva richiesta essenziale durante il sopralluogo, è stata rivista in favore di un’armonia tra i due spazi: pubblico e privato. Non solo a livello teorico ma, anche e soprattutto, pratico; un continuum tra fuori e dentro."

Mastrangelo aggiunge: "al centro dell’idea c’è la progettazione di quello che definiamo “paesaggio del lavoro”. Stiamo assistendo, in questo particolare momento storico, a un radicale cambiamento del paesaggio del lavoro, e quello che abbiamo ideato nel progetto è strettamente legato al contesto locale in cui è collegato, dove il rapporto con l‘esterno, sia pubblico che privato, permette di vivere gli spazi in maniera mista e diversa. Paesaggio del lavoro che ha nuove forme e che permette quell’integrazione tra le diverse spazialità esterno/interno e pubblico/privato."

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Vista notturna (al di sopra dell’archivio il tetto giardino accoglie alcune funzioni del parco pubblico, dal quale si accede attraverso la collina verde. Sullo sfondo la parte della torre ad uso ufficio. In primo piano i lucernari che danno luce all’archivio e di sera illuminati)

Integrazione: esterno e interno, pubblico e privato

L’integrazione, tra esterno e interno, tra pubblico e privato, sembra essere davvero la cifra di questo progetto. Gli edifici come si inseriscono in questi rapporti?

"Ogni forma, per esempio anche quella della torre degli uffici, non è fine a se stessa, non si tratta di un landmark scenografico, seppur a scala locale, che si esaurisce nella fruizione visiva da lontano. Questo segno verticale si sviluppa nel suo contesto attraverso l’area pubblica del lotto e l’edificio fronte strada, in sostanza si ribalta sul piano orizzontale – spiega Mastrangelo -  tale piano è caratterizzato da strati, pieghe e intervalli differenti all’interno di un disegno unitario leggibile, che rappresenta un forte segno di riconoscibilità a scala locale, interconnesso però con il resto della città. Con questa tecnica abbiamo dato importanza agli usi che gli utenti avranno di questi intervalli, con particolare attenzione alle diverse generazioni: ci sono percorsi a velocità maggiore in prossimità degli uffici mentre ci sono aree a velocità lenta adibite allo sport e al mercato di quartiere. Esiste un forte rapporto con la strada ed il contesto, proprio per la funzione che ha lo spazio pubblico, muovendoci così abbiamo prodotto più spazio pubblico rispetto a quello previsto nel bando di gara. Gli edifici sono perfettamente inseriti nel contesto senza esserne elementi aggiuntivi."

Dare una nuova collazione a degli uffici direzionali della Pubblica Amministrazione

Approfondiamo ulteriormente, oltre al parco, la richiesta del Demanio era quella di dare nuova collocazione agli uffici della direzione “Bologna 2” dell’Agenzia delle Entrate e del relativo archivio. 

Irene Ferroni non ha dubbi: "Quello che siamo riusciti a fare è un’articolazione armonica dei volumi con un basso effetto sul contesto, l’impatto dell’archivio, volumetricamente importante è stato destrutturato diventando in copertura spazio verde calpestabile e vivibile. Percorrere l’edificio liberamente da ogni dimensione ci pare sia il miglior modo di proseguire con il tema dell’integrazione. Anche la trasparenza del complesso va in questa direzione: di apertura totale verso il pubblico.

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L’archivio con la sua seconda pelle

Attingere un'ispirazione da altre architetture per il progetto

Ci sono stati lavori o architetti a cui vi siete ispirati durante la progettazione?

"Come BTTstudio abbiamo come faro di riferimento la cultura nord europea. A partire da Henning Larsen, Ralph Erskine, Jan Gehl, fino ai più recenti Snohetta, Harrov Frick, Dorte Mandrup, Lacaton&Vassal per noi l’approccio all’accessibilità e alla qualità dello spazio pubblico è una priorità."

"Anche noi - prosegue Irene Ferroni – siamo molto affini alla filosofia nordeuropea “Trygghet”, ovvero un sentimento di sicurezza non dettata dai limiti fisici, dai recinti e dai cancelli ma una progettazione della sicurezza intesa come un luogo sicuro e accessibile proprio perché apertoPer quanto riguarda invece l’ispirazione della struttura, il riferimento è senza dubbio Luigi Nervi, il primo ad avere l’idea che la parte strutturale sia effettivamente integrata e un’applicazione."

Un progetto di rigenerazione urbana sostenibile

Uno degli aspetti che vi ha premiato è stato quello della sostenibilità.

Risponde Mastrangelo: "Assolutamente sì. A partire per esempio dalle strutture fotovoltaiche che diventano la copertura del mercato rionale, oltre all’aspetto energetico assumono un’importanza sociale: l’aspetto formale non prescinde dall’uso pubblico dell’area."

L’architetto Ferroni prosegue: "In linea con questo pensiero si è progettata la doppia pelle degli edifici: combina la parte strutturale con quella energetica in maniera efficace e allo stesso tempo iconica. Una simbiosi di tutti i principali aspetti della progettazione uniti in un unico elemento, un’interfaccia che è riconoscibile, strutturale e bio-climatica. Il terzo elemento che mi viene in mente seguendo questa logica è rappresentato dai pannelli fotovoltaici calpestabili, si tratta di impianti integrati con minima dispersione e con sistemi di accumulo per la gestione dei picchi."

Come si mantiene la coesione di tutti questi elementi che singolarmente hanno una forte autonomia anche visiva?

"Ogni elemento è inserito in una visione sistemica, - spiega Mastrangelo- l’intero progetto, e più attentamente l’edificio, è stato pensato come tutt’uno con il resto. Basta pensare al rapporto tra la forma architettonica e le superfici, gli involucri, il sistema di massa dell’archivio che accumula e serve energicamente gli altri. Ogni elemento è sinergicamente collegato agli altri: dalla serra bioclimatica posta in cima alla torre, alla struttura generale prefabbricata a secco, tutto è progettato in vista di un futuro ciclo di vita dei materiali per mantenere una sostenibilità elevata. Sostenibilità del progetto nella forma, ovvero in termini di impronta a terra, in termini di involucro e di stereometria, di materiali e di considerazione del ciclo di vita. Energia zero significa che questo edificio consuma ma produce nello stesso tempo: tanto consuma tanto produce."

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Curve energetiche

Gli attori del progetto ex caserme Perotti

Architetto Ferroni, per chiudere il cerchio e tornare all’inizio, vogliamo citare gli attori principali del progetto?

Molto volentieri cito il team di progetto:

ARCHLIVING

BTTstudio

SIT & SERVICE

Settanta7 Studio Associato

TOMASONE ASSOCIATI

GREENCURE

Dott. Gabriele De Leo

GEOL. DIMITRI MAZZA

DOTT.SSA ANNA MARIA ROTELLA