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La Renovation Wave e il Super Bonus: Riflessioni sulla Digitalizzazione del Settore

Una riflessione del prof. Angelo Ciribini

Le misure nazionali di supporto alla riqualificazione energetica e al miglioramento sismico degli edifici, in particolar modo (ma non esclusivamente), residenziali privati, note comunemente come «super bonus» o «110%», costituiscono, a tutti gli effetti, in termini di percezione da parte dei cittadini e degli operatori del mercato, economici o meno, l’analogo, non letterale, di ciò che, in passato, per il settore, anzitutto, della manifattura fu denominato, dapprima, «Industria 4.0» e, successivamente, «Impresa 4.0».

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L'impressione è, infatti, quella che non solamente ci si attenda una leva per il rilancio quantitativo del mercato nel corso della pandemìa che ne ha accentuato le criticità, bensì pure anche che vi sia, in qualche modo, anche l'aspettativa di modernizzare soluzioni organizzative, ambiti contrattuali, processi organizzativi, tecnologie produttive.

Naturalmente, sussistono molti interrogativi relativamente alla durata effettiva di vigenza del provvedimento che, ad esempio, potrebbe porre in risalto, entro una finestra temporale ridotta, tempi insufficienti per risolvere positivamente le istruttorie ovvero un eccesso di Domanda nei confronti dell'Offerta, qualificata.

Super Bonus 110% e le catene di fornitura

Si tratta di un dispositivo legislativo che evoca un elevato livello di complessità, coinvolgendo, oltre all’Agenzia delle Entrate e all'ENEA, un vasto spettro di universi professionali e imprenditoriali, sollecitando l’efficienza degli enti locali, attraverso gli sportelli unici dell'edilizia privata, attivando complessi e differenziati sistemi di responsabilità civili e penali, creando, addirittura, un digital marketplace dedicato per la transazione dei crediti fiscali, attivando dinamiche incerte sulla sua proroga temporale, oltre il 2021.

In altri termini, di per se stessa, la messa in relazione o a sistema di privati cittadini proprietari immobiliari (sinanche eredi!), amministrazioni condominiali, organismi di progettazione e di direzione dei lavori, liberi professionisti attestatori delle prestazioni energetiche, produttori e distributori di materiali e di componenti edilizi e impiantistici, imprese di costruzione e di installazione, ESCO, Multi Utility, istituti di credito e compagnie assicurative, società di auditing, financial arranger e consulenti immobiliari, studi legali e notarili, commercialisti, centri di assistenza fiscale e consulenti del lavoro, e quant’altri, rappresenta una affascinante e intrigante sfida.

Quantunque le diverse categorie di attori, almeno, ad esempio, quelle rispondenti al mondo finanziario, cerchino di circoscrivere il proprio ambito di azione e di responsabilità (anche in virtù di rapporti pregressi difficili cogli operatori del settore della costruzione), tenendosi distanti, o almeno distinti, dalla sfera tipica del settore della costruzione, le ibridazioni e le correlazioni non potranno essere completamente evitate.

Quel che sta accadendo è, in effetti, il sorgere di catene di fornitura, talora eterogenee talora omogenee, dalla scala nazionale a quella provinciale, che vedono ergersi a capofila tanto grandi organizzazioni quanto liberi professionisti, tecnici o meno.

Non è inimmaginabile, pertanto, che, non solo l’offerta gradualmente si estenda oltre l’intervento puntuale supportato, nell’ottica dei servizi e dei lavori attinenti al ciclo di vita del cespite, ma pure che si diano business model inediti.

Se, peraltro, può apparire degno di nota analizzare le strategie di General Contracting adottate da ESCO e da Multi Utility, la formazione di reti e di filiere a livello locale potrebbe preludere a una rivisitazione imprenditiva delle relazioni che intercorrono tra mondi professionali e imprenditoriali, sia pure nella distinzione dei ruoli e delle responsabilità, ad esempio, attinenti alle attestazioni, alle asseverazioni, ai visti.

Limitandosi al risvolto energetico, è, peraltro, interessante rilevare come, tra interventi trainanti e interventi trainati, si annoveri una gamma di lavori che spaziano da quelli relativamente minori sugli edifici uni- o bi-familiari alla vera e propria edilizia di sostituzione, oltre al fatto di includere, in maniera derivata, ciò che si riferisca alla helpful & smart home.

L’iniziativa italiana è, peraltro, assurta a paradigma europeo e azioni non troppo dissimili sembrano essere già in atto, ad esempio, in Francia, con il plan de relance finalizzato a rilasciare des fonds publics supplémentaires pour la rénovation énergétique des logements

Occorre, tuttavia, anzitutto, osservare come una delle cifre comunicative più rilevanti della misura proposta a livello governativo sia incentrata sulla «gratuità» (nel senso di evitare esborsi anticipati) delle prestazioni professionali e degli interventi imprenditoriali, legata alla cessione del credito fiscale e allo sconto in fattura, allorché, in realtà, il governo esprime anche intenti di politica industriale, connessa alla sostenibilità, alla resilienza, alla circolarità, alla neutralità climatica.

Certo, sia in termini energetici sia in termini strutturali, alcuni osservatori hanno richiamato alla necessità di disporre di quadri programmatori più estesi, nei quali, a prescindere dalla natura prevalentemente privata della proprietà coinvolta dal Decreto Rilancio, si disegni una politica complessiva di intervento alla scala urbana e territoriale.

Del resto, benché gli elementi legati alla digitalizzazione del settore, nei testi legislativi in questione, non siano particolarmente presenti, manifestandosi, nella prassi piuttosto attraverso le piattaforme digitali per la compliance amministrativa, lo sono, al contrario, quelli inerenti ai criteri ambientali minimi.

D’altro canto, il riferimento a questi ultimi, consentirebbe forse di introdurre nel dispositivo più esplicitamente le logiche caratteristiche dell’economia circolare, nelle modalità capillari degli innumerevoli interventi diffusi che si annunciano sui territori, invece che solo nei maggiori interventi di rigenerazione urbana.

Il ruolo dell'Information Management

In prima istanza, si dovrebbe, perciò, affermare che, in molti interventi innescati dalle misure di cui si riflette, l’Information Management non possa realisticamente giocare un ruolo significativo in termini diretti, almeno come ricorso al rilievo digitale e alla modellazione informativa, anche se strumenti di modellazione energetica e ambienti di condivisione dei dati (BIM Compliant) siano stati proposti e suggeriti.

In altre parole, l'adozione dei metodi, dei processi e degli strumenti digitali dell'Information Management eventualmente supportanti il Project Management, non paiono sufficientemente diffusi sul territorio nelle prassi professionali e imprenditoriali capillari per poter influire tempestivamente sulla iniziativa nel tempo che intercorre tra il 2020 e il 2021.

Ci si dovrebbe, quindi, aspettare che, sotto questo punto di vista, a partire dal rilievo dell'edificio, per proseguire coll'attestazione, più o meno convenzionale, di prestazione energetica, per finire colla progettazione esecutiva, colla direzione dei lavori e colla esecuzione degli stessi, più che il Building Information Modeling (BIM) sia il Computer Aided Design (CAD) il maggiore protagonista: anche in vista di sanatorie di abusi e di irregolarità, oltre che di rilascio dei diversi titoli abilitativi necessari.

In fondo, in questa ottica, sussiste una dematerializzazione offerta sia dalle piattaforme degli auditor sia dalle amministrazioni comunali in rapporto alla permessualistica.

Al netto degli interventi maggiori e degli operatori più attrezzati, la prima fase del «110%» potrebbe, perciò, essere improntata a una lenta transizione verso la trasformazione digitale, in cui le logiche non possano essere quasi mai quelle della riqualificazione di distretti urbani, bensì di singoli immobili o poco più.

Il rischio è, vale a dire, che nella prima ondata della misura, a prescindere da un certo impegno nelle soluzioni progettuali e nei prodotti corrispondenti, siano protagoniste le logiche tradizionali che avevano, da lustri, già permeato le precedenti misure di agevolazione e di incentivazione fiscale in oggetto.

Diversamente varrebbe il ragionamento, qualora, nella prospettiva comunitaria dei prestiti e dei sussidi di Next Generation EU, le misure adottabili non acquisissero solo una veste strutturale, ma fossero accompagnate da una strategia governativa di supporto alla digitalizzazione del tessuto committente, professionale e imprenditoriale minuto.

Ciò che, infatti, potrebbe cambiare i termini della questione è proprio la cosiddetta Renovation Wave, vale a dire la strategia della Commissione Europea comunicata al Parlamento Europeo in data 14 Ottobre 2020, intitolata A Renovation Wave for Europe - greening our buildings, creating jobs, improving lives, che si situa all’interno di Next Generation EU (sotto l’egida dei flagship Renovate and Power Up) e che, ovviamente, si ispira allo European Green Deal.

L’obiettivo fissato, o meglio suggerito, dalla Commissione alle altre istituzioni, consiste nel raddoppiare il tasso di riqualificazione energetica entro il 2030, riguardando 35 milioni di unità edilizie, residenziali e non residenziali.

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