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Tamponatura di un portico e trasformazione in un vano chiuso: serve il permesso di costruire

Consiglio di Stato: l'avvenuta realizzazione di un vano aggiuntivo mediante tamponatura di un portico non può qualificarsi come pertinenza in senso urbanistico

La chiusura, senza titolo edilizio abilitativo (permesso di costruire), dello spazio originariamente destinato a portico posto al primo piamo di un edificio, è abusiva.

Il perché lo spiega il Consiglio di Stato nella sentenza 6186/2021 dello scorso 1° settembre, dove si puntualizzano alcuni paletti urbanistici sempre attuali.

 

Chiusura datata: il tempo non conta

Prima di tutto, Palazzo Spada evidenzia che la realizzazione della tamponatura si colloca in un lasso di tempo non definito, ma successivo al 1989, in assenza di titolo edilizio, seppure necessario.

Da qui la condivisibile affermazione del primo giudice in forza della quale non è «bastevole a determinare l’illegittimità del provvedimento gravato la circostanza che tale chiusura risalirebbe al 1989, perciò ad epoca asseritamente lontana, essendo in ogni caso necessario il titolo legittimante e configurandosi, in sua assenza, un illecito permanente che può - ed anzi deve - essere sanzionato in ogni tempo dal Comune».

Riassumendo: un abuso edilizio non si può tollerare perché è stato commesso "tanti anni fa".

 

Le tramezzature e il porticato

Entrando nel merito della questione,si sottolinea che l'intera vicenda ruota intorno ai tre titoli edilizi rilasciati alla società dante causa della stessa per un’operazione di complessiva ristrutturazione, ovvero la originaria concessione e le due successive varianti, riferite a modifiche alle tramezzature interne del fabbricato, omettendo di realizzare il soppalco nella zona ristrutturata, controsoffittandolo ad un’altezza media di circa m. 3,50 e creando infine un corridoio centrale a servizio delle varie unità destinate ad uffici: in ciò di fatto riducendo, non aumentando, le volumetrie e le superfici utili originariamente previste.

La mancata dimostrazione dell’esistenza di un titolo edilizio a supporto della denunciata tamponatura del portico non è superata dal richiamo al contenuto del certificato di agibilità rilasciato dal Sindaco del Comune. L’atto riferisce della esistenza di una “hall d’ingresso”, che per espressa valutazione dello stesso verificatore «potrebbe essere associata a quella identificata sul citato elaborato di variante del 1989 come “PORTICATO”».

Tuttavia, la mancanza nel provvedimento invocato di qualsivoglia indicazione di dimensioni o superfici non consente di ipotizzare la sovrapponibilità della hall con tutta l’area di cui è causa, potendo essa essere limitata anche ad una sua ridotta porzione. Se deve dunque condividersi con il verificatore la considerazione linguistica in forza della quale la dicitura “hall d’ingresso” pare evocare uno spazio chiuso, lo è altrettanto che con la stessa non se ne è comunque potuto legittimare l’(eventuale) esistenza, per intero, o in parte.

Anche ad ammettere, peraltro, la totale sovrapponibilità tra i due luoghi (il porticato e la hall), è di tutta evidenza come il certificato di agibilità non possa surrogare un titolo edilizio mancante, assurgendo al rango, ora come allora, di surrettizia sanatoria di un abuso.

Sul punto, la Sezione ha già avuto modo di chiarire, anche con riferimento all’evoluzione della normativa in materia, come l’attestazione di conformità alla progettualità assentita, da sempre in qualche modo richiesta, non ne implichi certo la portata abilitante, a maggior ragione laddove, come nel caso di specie, al riferimento terminologico utilizzato non corrisponda alcuna visualizzazione né grafica, né descrittiva, del presunto locale in controversia negli allegati ai titoli edilizi (sulla portata del certificato di abitabilità/agibilità, v. Cons. Stato, sez. II, 17 maggio 2021, n. 3836).

Il richiamo ad un elemento architettonico che non figura nel progetto dovrebbe implicare caso mai dubbi sulla legittimità del certificato di agibilità, ove veramente descriva uno stato di fatto difforme da quello del progetto assentito, non integrare il contenuto dello stesso.

Tamponatura di un portico e trasformazione in un vano chiuso: serve il permesso di costruire

No alla sanzione pecuniaria alternativa

In ultimo, il Consiglio di Stato rifiuta il tentativo del ricorrente di trasformare l'ordinanza di demolizione in mera sanzione in quanto, nel caso di specie, l’intervento effettuato è consistito nella tamponatura di un originario portico, di fatto trasformandolo in un vano chiuso.

Pertanto, «l’installazione di pannelli in vetro atti a chiudere integralmente un porticato che si presenti aperto su tre lati, determina, senz’altro, la realizzazione di un nuovo locale autonomamente utilizzabile, con conseguente incremento della preesistente volumetria» (v. ex multis Cons. Stato, Sez. II, 27 giugno 2019, n. 4437; sez. V, 5 maggio 2016, n. 1822).

L’intervento, cioè, va riguardato dall’ottica del risultato finale, ovvero il rilevato aumento di superficie e di volumetria, sia che ciò consegua alla chiusura su tutti i lati, sia che ne implichi anche la copertura, pure con superfici vetrate o con elementi trasparenti e impermeabili, parzialmente o totalmente apribili.

La avvenuta realizzazione di un vano aggiuntivo mediante tamponatura di un portico non può neppure qualificarsi come pertinenza in senso urbanistico, in quanto «integra un nuovo locale autonomamente utilizzabile il quale viene ad aggregarsi ad un preesistente organismo edilizio, per ciò solo trasformandolo in termini di sagoma, volume e superficie» ( Cons. Stato, Sez. VI, 26 marzo 2018, n. 1893).

Ne consegue pertanto la legittimità dell’ordinanza di demolizione dell’opera, essendo essa stata realizzata in assenza del prescritto permesso di costruire (cfr. ancora Cons. Stato, Sez. VI, 9 ottobre 2018, n. 5801).

 

Portico o porticato: definizione

Chiusura con la definizione specifica dell'opera edilizia e della sua trasformazione in veranda che ne determina, appunto, l'abuso edilizio.

Il “portico” o “porticato”, secondo il RET (Regolamento edilizio tipo) consiste in un «elemento edilizio coperto al piano terreno degli edifici, intervallato da colonne o pilastri aperto su uno o più lati verso i fronti esterni dell’edificio».

Nel momento in cui se ne effettua la chiusura, esso si trasforma in un vero e proprio vano, che il medesimo Regolamento indica come “veranda”, ovvero un «locale o spazio coperto avente le caratteristiche di loggiato, balcone, terrazza o portico, chiuso sui lati da superfici vetrate o con elementi trasparenti e impermeabili, parzialmente o totalmente apribili».

LA SENTENZA INTEGRALE E' SCARICABILE IN FORMATO PDF PREVIA REGISTRAZIONE AL PORTALE


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