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Valutazione della vulnerabilità sismica di chiese in muratura ad una navata: analisi preliminare di sensitività

L’esigenza di proteggere e conservare il ricco e vastissimo patrimonio culturale presente nel territorio Italiano, attesa anche la pericolosità sismica da cui esso è interessato, pone in chiara evidenza la necessità di implementazione di metodologie di valutazione del rischio a larga scala.

Nell’ultimo ventennio il mondo della ricerca si è interessato all’implementazione di modelli predittivi del danno, calibrati sulla scorta degli effetti osservati dopo i più importanti eventi sismici occorsi in Italia. Considerata l’ormai comprovata attendibilità di tali modelli, la presente memoria si pone l’obiettivo di porre le basi per la proposta di metodologie di valutazione della vulnerabilità sismica delle chiese in muratura, con lo scopo di favorirne l’utilizzo a larga scala.

In particolare, sulla scorta della rielaborazione di dati raccolti durante le ispezioni post-terremoto condotte dopo le sequenze sismiche che hanno interessato l’Italia Centrale nel 2016-2017, vengono fornite le risultanze preliminari ottenute da un’analisi di sensitività finalizzata all’individuazione dei parametri qualitativi che incidono maggiormente sulla vulnerabilità sismica delle chiese in muratura ad una navata.


Solo negli ultimi 25 anni i terremoti hanno danneggiato più di 10mila chiese italiane

Il presente studio si colloca in un contesto più ampio di sviluppo di metodologie per la protezione sismica del patrimonio culturale esistente ed in particolare delle chiese in muratura.

A seguito dei recenti eventi sismici occorsi in Italia nell’arco dell’ultimo quarto di secolo (Umbria 1997, Molise 2002, L’Aquila 2009, Emilia 2012, Centro-Italia 2016-17), secondo una stima qualitativa, sono risultate danneggiate circa 10.000 chiese in muratura.

Già precedentemente al terremoto occorso in Umbria nel 1997, ovvero a partire dalla prima metà degli anni ’80, il mondo della ricerca si era interessato allo studio di metodologie finalizzate alla valutazione a larga scala della vulnerabilità sismica degli edifici esistenti, calibrate sulla scorta dei danni osservati dopo l’evento dell’Irpinia 1980 (Braga et al. 1982, Benedetti e Pertini 1984). Sulla base di questi studi e in seguito alle importanti innovazioni apportate da Sandi e Floricel (1994) nel campo delle valutazioni a larga scala, furono introdotti per la prima volta nel panorama nazionale metodi predittivi a scala territoriale per chiese in muratura risultate danneggiate dopo gli eventi del 1997 (Lagomarsino e Podestà 2004).

Tali metodi, la cui validità è ancor oggi riconosciuta, mettono in relazione il livello di danno medio, valutato utilizzando la scala EMS (Grünthal 1998), con parametri rappresentativi dell’intensità sismica e della vulnerabilità della chiesa, attraverso la definizione di curve di vulnerabilità, opportunamente calibrate sulla base di dati osservazionali.

In seguito a questo studio pioneristico, diverse attività di ricerca sono state condotte negli ultimi anni con riferimento a diversi eventi sismici, molte delle quali anche da parte degli autori di questa memoria, con il fine di operare confronti tra i metodi predittivi con i dati osservazionali e dunque validare tali modelli (Brandonisio et al. 2013, D’Amato et al. 2018, Hofer et al. 2018, Fuentes et al. 2019, De Matteis and Zizi 2019, De Matteis et al. 2019).

Ad oggi, una delle funzioni di vulnerabilità considerate più attendibili ai fini della predizione del danno, risulta essere ancora quella proposta da Lagomarsino e Podestà (2004), con la quale è possibile stimare il danno medio atteso per un campione di chiese in funzione della loro vulnerabilità e dell’intensità sismica, in accordo all’Equazione (1):

 

danno medio atteso per un campione di chiese

 

dove μD rappresenta il danno medio atteso, I l’input sismico espresso in termini di intensità macrosismica (scala MCS) e iv l’indice di vulnerabilità. L’andamento grafico della funzione iperbolica di Eq. (1) nel piano bidimensionale (IMCS, μD), per ciascun livello di vulnerabilità iv, è rappresentato in Figura 1.

 

Funzioni di vulnerabilità per chiese in muratura

Immagine 1: Funzioni di vulnerabilità per chiese in muratura

 

Tuttavia, ai fini dell’applicazione di tali modelli predittivi ad una scala maggiore, ad esempio nazionale, riuscire a valutare la vulnerabilità su un cospicuo numero di chiese, attesa anche la scarsezza delle informazioni reperibili senza l’esecuzione di specifici sopralluoghi, è sicuramente una delle questioni di maggior dibattito, ma di non facile soluzione.

 

Metodi di valutazione della vulnerabilità sismica

Molti studi presenti in letteratura sono stati condotti con il fine di validare modelli più o meno accurati finalizzati alla valutazione della vulnerabilità di chiese in muratura (Lagomarsino 2006, Criber et al. 2015, Marotta et al. 2017, Despotaki et al. 2018, Palazzi et al. 2019). Secondo la classificazione proposta da Calvi et al. (2006), i modelli di valutazione della vulnerabilità di edifici esistenti, si raggruppano in tre macro-categorie, differenziate per tipo di approccio, per disponibilità di dati e quindi per livello di accuratezza: metodi empirici, metodi ibridi e metodi analitici. Attesa la scala del contesto in cui si colloca il presente studio, sicuramente l’approccio empirico è quello più adatto ai fini preposti. Tuttavia, va segnalato che attualmente la metodologia maggiormente diffusa è quella ibrida di primo livello, ad esempio proposta nelle Linee Guida per la valutazione e la riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale G.U. 2011), ovvero basata sulla valutazione di indici di vulnerabilità (Benedetti and Pertini 1984, GNDT 1993).

 

L’approccio per macroelementi

La valutazione della vulnerabilità sismica di primo livello di chiese esistenti in muratura, così come del danno sismico, considerate le particolari complessità strutturali intrinseche da cui questa tipologia di edifici è caratterizzata, viene comunemente effettuata, secondo anche l’approccio proposto dalle Linee Guida dei Beni Culturali (G.U. 2011), seguendo la logica della suddivisione in macro-elementi. In particolare, secondo tale approccio, l’intera struttura della chiesa viene scomposta in 9 distinte sottostrutture, definite appunto macroelementi, a ciascuna delle quali sono collegati differenti meccanismi di danno (che nel caso di chiese in muratura risultano essere 28).

Secondo tale approccio, la vulnerabilità viene computata valutando, per ciascun meccanismo di danno, la presenza e l’efficacia di presidi antisismici, nonché la presenza e la gravità di indicatori di fragilità, (G.U. 2011).

Il comportamento sismico dell’intero manufatto è rappresentato dunque dall’indice di vulnerabilità iv, valutato tenendo conto dell’importanza che ciascun meccanismo ha nel contesto dell’intera costruzione, in accordo con l’Equazione (2):

 

Approccio per macroelementi

 

dove ρk rappresenta il fattore di importanza, assegnato al meccanismo in base all’influenza che il meccanismo stesso ha sulla stabilità globale della struttura, vk,i è il fattore legato alla presenza e alla gravità di indicatori di vulnerabilità rispetto al k-esimo meccanismo e vk,p è il fattore legato alla presenza e all’efficienza di presidi antisismici rispetto al k-esimo meccanismo.

 

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Articolo tratto dagli atti del XVIII Convegno ANIDIS - Ascoli Piceno 2019

 

 

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