Un fenomeno poco conosciuto ma molto diffuso in edilizia riguarda la deposizione di particelle sulle superfici degli edifici, in particolare sulle facciate e in corrispondenza dei ponti termici, dovute anche alla termoforesi. In altre parole, la termoforesi consiste nella migrazione spontanea di particelle immerse in un fluido, o di specie ioniche dissolte sotto forma di miscela in una soluzione, oppure di fluidi contenuti in un mezzo poroso, indotta da differenze di temperatura.
Le cause che determinano lo sporcamento delle superfici dalle polveri disperse in atmosfera, spesso non vengono adeguatamente individuate e comprese. In questo articolo saranno descritte brevemente la termoforesi e le altre principali forme di deposizione umida e secca dei particolati atmosferici sulle superfici degli edifici.
Le varie sostanze presenti nell’atmosfera possono essere solide, liquide o aeriformi ed avere origine naturale oppure artificiale. Si tratta sostanzialmente di fumi, gas, vapori, aerosol, polveri ed altri composti che solitamente, ma non sempre, possono essere inquinanti, dannosi o indesiderati. Un esempio per tutti è l’aerosol marino, costituito da minuscole goccioline di acqua di mare disperse nell’atmosfera che pur non essendo dannose per la salute umana, tranne quando contaminate da sostanze tossiche, sono molto corrosive per quasi tutti i materiali impiegati nelle costruzioni, compresi i metalli, il calcestruzzo, le pietre naturali, i laterizi, gli intonaci e le pitture.
In linea di massima è sempre preferibile che l’aria sia pura, priva di particelle e di aerosol di qualsiasi tipo, per la salvaguardia della salute umana e animale, per evitare fenomeni patologici a carico dei materiali e per non danneggiare la vegetazione.
Anche l’aria presente negli ambienti rurali, nei parchi o più semplicemente nelle aree alberate o boschive, può avere delle concentrazioni di sostanze volatili naturali, come ad esempio terpeni (pinene, limonene ecc.), pollini o spore, che possono causare irritazioni o allergie nei soggetti sensibili, allergici o debilitati.
Le sostanze naturali indesiderate maggiormente presenti nell’aria sono:
Quelle artificiali di origine antropica invece sono:
Il particolato presente nell'aria viene parzialmente liberato in atmosfera dalle sorgenti che lo producono direttamente come tale, in questo caso le polveri sono denominate "primarie", mentre se si generano a seguito di reazioni chimiche che coinvolgono anche altri composti, sono dette "secondarie".
Un’altra utile classificazione del particolato riguarda la sua attitudine a reagire con altre sostanze, si definiscono quindi come “inerti” quei composti che non tendono a reagire con altri materiali mentre sono detti “reattivi” quelli che danno luogo a reazioni chimiche, anche attivate dai raggi UV, che generalmente causano danni, talvolta gravi, sulle superfici e sui supporti con i quali entrano in contatto.
Il particolato ha un tempo di permanenza in atmosfera molto variabile, che dipende dalla natura, dimensione e forma delle particelle, in relazione alle condizioni atmosferiche locali e globali come ventilazione, gradiente verticale di temperatura, umidità, irraggiamento ecc.
Si tratta di sostanze che interagiscono con l’atmosfera attraverso reazioni chimiche di nucleazione, di condensazione e coagulazione. Sono trasportate dai venti e tendono, con tempi variabili, a ricadere al suolo e a depositarsi sulle superfici.
Il fenomeno conseguente alla deposizione di particelle di origine naturale o antropogenica è detto “sporcamento”. Le particelle depositate causano effetti ottici differenti in funzione delle loro dimensioni, natura e forma e quindi determinano anche diversi livelli di sporcamento.
Il particolato atmosferico ricopre un ruolo fondamentale nei processi di degrado dei materiali, compresi quelli lapidei e in particolare, rappresenta la principale causa dell’annerimento delle superfici esposte all’azione degli agenti atmosferici.
Fig. 1 – Deposizioni secche di particolato su un busto marmoreo.
Le Polveri Sospese Totali (PST) sono un insieme eterogeneo di particelle solide e liquide che restano in sospensione nell’aria a causa delle ridotte dimensioni, le quali variano da pochi nanometri a qualche micrometro.
Di tali particelle si distinguono diverse frazioni, in particolare:
Le particelle ancora più piccole vengono definite “nanopolveri”.
Le particelle biologiche vitali sono costituite da elementi unicellulari o da piccoli aggregati di cellule, da forme vegetative, stadi di resistenza o di riproduzione. Nell’aria le forme vegetative vitali solitamente sono rare, perché poco resistenti ai raggi UV emessi dalla radiazione solare, alla disidratazione ed agli sbalzi di temperatura.
Le forme di resistenza e di riproduzione sono invece frequenti e la loro concentrazione varia in funzione dell’ambiente, delle condizioni climatiche, delle stagioni e del microclima.
Le particelle biologiche comprendono diverse forme di diffusione non più vitali oltre a frammenti di vegetali e di animali. Il loro ruolo nel degrado delle superfici, oltre allo ‘sporcamento’ si esercita anche a causa dell’arricchimento di sostanze organiche che influenza e quindi alimenta la diversità di biodeteriogeni in grado di svilupparsi su materiali lapidei, di natura inorganica, favorendo perciò i processi corrosivi.
La suscettibilità al degrado biologico di un manufatto dipende, quindi, oltre che dalle caratteristiche del substrato anche dallo stato di vitalità del particolato e dalle condizioni microambientali presenti nel sito.
È noto, infatti, che le forme di diffusione dei microrganismi, depositandosi sulle superfici dei materiali, possono svilupparsi e colonizzarle solo laddove vi siano le condizioni idonee alla crescita, di cui la prima fra tutte è un livello di umidità sufficientemente alto.
Fig. 2 – Formazioni biologiche su una statua e sui laterizi esposti direttamente agli agenti atmosferici.
La deposizione di particolato sulle superfici non costituisce un semplice fenomeno di adesione sulla superficie, in quanto le polveri vengono spesso poi consolidate in un processo fisico-chimico che include la presenza d’acqua e le reazioni chimiche fra il materiale e gli acidi contenuti in questa soluzione corrosiva, spesso aggravati dalle diverse attività biologiche che secernono acidi organici.
Il fenomeno, in tempi sufficientemente lunghi, può anche interessare gli strati più profondi del materiale.
La deposizione delle sostanze sulle superfici dei materiali può avvenire per via secca o per via umida ed è legata a svariati fattori ambientali, climatici e meteorologici che vengono brevemente elencati di seguito:
1 - Deposizione per via umida (wet deposition): le particelle solide fungono da nuclei di condensazione delle molecole di vapore acqueo. Queste ricadono al suolo e si depositano sulle superfici mediante due processi:
Fig. 3 – Formazione di croste nere nelle zone che non sono direttamente bagnate dall’acqua piovana.
2 - Deposizione per via secca (dry deposition): è generalmente un processo più lento ma più continuo rispetto alle deposizioni umide. Si tratta di un insieme di fenomeni che comporta l’accumulo di particelle solide aerodisperse sulle superfici dei materiali. Le particelle possono depositarsi per:
Le forze di adesione che si sviluppano tra inquinante e superficie lapidea possono essere di varia natura e dipendere dalle dimensioni e dalla forma delle particelle, nonché dalle condizioni della superficie del manufatto, cioè dalla sua natura chimica, dalla rugosità e dal fatto che sia bagnata o meno.
I materiali con superfici rugose possono catturare piccole particelle all’interno delle cavità superficiali, mentre i materiali con superfici lisce fissano più facilmente quelle più grandi.
Le forze di adesione possono essere quindi:
Recenti studi condotti sulla deposizione del particolato indoor, hanno evidenziato che:
La deposizione del particolato sulle superfici indoor dipende da:
Oltre a favorire i fenomeni di cattura delle particelle sulle superfici, l’umidità è anche causa di formazione e proliferazione di muffe e di altri agenti biologici:
La termoforesi è un fenomeno fisico studiato da diversi scienziati fin dalla seconda metà del XIX secolo. Per la prima volta è stato il fisiologo tedesco Carl Ludwig nel 1856 a notare alcuni comportamenti anomali delle particelle di piccolissime dimensioni sospese nell’aria in presenza di differenze di temperatura.
Successivamente, nel 1870 il fisico irlandese John Tyndall aveva osservato che un cilindro metallico riscaldato e un filo di platino caldo posti in una camera contenente della polvere, allontanavano le particelle dalla loro superficie.
Fig. 4 - Il fenomeno osservato in foto viene spesso descritto erroneamente come termoforesi.
Il fisico e meteorologo scozzese John Aitkin, nel 1884 provò con diversi esperimenti che le particelle di polvere venivano allontanate dalle superfici calde per effetto dalla maggiore agitazione delle molecole conseguente alla differenza di temperatura esistente rispetto all’aria ambiente.
Nel 1897 il fisico svizzero Charles Soret pubblicò uno studio molto dettagliato del fenomeno, enunciando le leggi che ne determinano il comportamento in funzione dei diversi parametri coinvolti. Nello stesso periodo, il chimico e fisico britannico Sir William Crookes giunse indipendentemente alle stesse conclusioni, inventando uno strumento, detto appunto “Radiometro di Crookes”, che sfrutta la termodiffusione per generare la rotazione di un’elica quando questa è colpita direttamente dai raggi termici. Il principio fisico enunciato da Crookes, detto “Thermal Transpiration” o “Thermal Diffusion”, venne validato qualche anno dopo dall’allora presidente della Royal Society di Londra, Sir James Clerk Maxwell.
Negli anni questo interessante fenomeno è stato ulteriormente analizzato e approfondito da diversi gruppi di ricerca in tutto il mondo, afferenti a diverse discipline come la geologia, la metallurgia, la meteorologia, la depurazione dell’aria e dell’acqua oltre che nello studio del degrado superficiale dei monumenti.
La termoforesi deve il suo nome all’unione di due termini che derivano dal greco: “thermos” (calore) e “phoresis” (il trasportare), cioè significa “trasporto per mezzo del calore”.
Il fenomeno si manifesta in maniera piuttosto lenta e con energie di modesta entità in diverse situazioni, causando i seguenti effetti, sempre e solo quando esiste un sufficiente gradiente di temperatura nel sistema preso in esame:
Gli effetti della termoforesi sono proporzionali alle differenze di temperatura esistenti nel sistema analizzato, si manifestano esclusivamente in presenza di fluidi: gas, vapori, liquidi e delle loro miscele e non avvengono nel vuoto.
In altre parole, la termoforesi consiste nella migrazione spontanea di particelle immerse in un fluido, o di specie ioniche dissolte sotto forma di miscela in una soluzione, oppure di fluidi contenuti in un mezzo poroso, indotta da differenze di temperatura.
Praticamente si realizza una vera e propria pressione, esercitata da una forza, dovuta alla differenza di temperatura, che spinge via e allontana le particelle dalle superfici calde, mentre le attira su quelle fredde. La forza con la quale le molecole vengono “spinte” dalla differenza di temperatura prende il nome di “forza foretica”.
Trattandosi di un fenomeno diffusivo, ne segue le leggi anche in funzione degli altri parametri coinvolti, ad esempio, la termoforesi dipende strettamente dal numero di Knudsen che ha una delle sue applicazioni nello studio dei fenomeni diffusivi nei mezzi porosi.
....continua.
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