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Città intelligenti: Milano conferma la sua supremazia nelle dimensioni ECONOMY, LIVING, PEOPLE

Presentato in occasione del #sce2015, il ICity Rate 2015 - La classifica delle città intelligenti italiane, terza edizione. Sei delle dieci città al top non sono città metropolitane ma città di medie dimensioni che costituiscono quindi vanno a costituire, di fatto, l’ossatura più robusta del nostro sistema urbano.

Presentato in occasione del #sce2015, il ICity Rate 2015 - La classifica delle città intelligenti italiane, terza edizione. Milano in fuga, Firenze rincorre, Bologna frena. Sei delle dieci città al top non sono città metropolitane ma città di medie dimensioni che costituiscono quindi vanno a costituire, di fatto, l’ossatura più robusta del nostro sistema urbano.
 
Milano in fuga, Firenze rincorre, Bologna frena. Le tre città erano già in vetta nella medesima classifica del 2014, ma ora vantano ‘performance’ molto diverse l’una dall’altra: Milano registra infatti una ulteriore fuga in avanti, Firenze rincorre velocemente e Bologna registra una brusca fermata. Dopo Roma – infatti – il capoluogo emiliano è la città che in assoluto avanza di meno nei punteggi di ICity Rate rispetto allo scorso anno, tradendo una rendita di posizione che rischia di non reggere la competizione con le altre città nella parte alta della classifica che appaiono decisamente più dinamiche.
E’ possibile per una città competere ai diversi livelli nazionali ed internazionali ed assicurare un livello di qualità della vita e del convivere sufficiente in un contesto in cui non sono garantiti i principi di legalità e di sicurezza? Evidentemente no ed il problema, storicamente riferito ad alcune aree specifiche del paese, negli ultimi mesi sta drammaticamente emergendo per la sua pervasività e diffusione anche in territori considerati, fino ad oggi, immuni. – così Gianni Dominici, Direttore Generale di FPA e curatore della ricerca spiega la novità della quarta edizione – Dalla lentezza dei processi, agli abusi edilizi, passando per la criminalità organizzata in tutte le sue sfaccettature, molto spesso lì dove la città cerca di evolversi, problemi strutturali interrompono il tutto sul nascere”.
 
Milano e Roma: la prima in fuga in avanti, la seconda in discesa
I risultati emersi dimostrano una certa stabilità nella classifica rispetto allo scorso anno ma con alcune città (anche di grandi dimensioni) che hanno particolarmente risentito dell’inserimento della nuova dimensione legalità.
Spicca primo di tutto agli occhi il rafforzamento al vertice di Milano (che mantiene la prima posizione e passa dai 623 punti dello scorso anno agli attuali 638) e la caduta di Roma che dal 12° posto passa al 21°.
Per Milano, viene confermata la supremazia nelle dimensioni economica, living, people (dove è prima) e la buona posizione sui temi dell’ambiente (dove è 24°), della mobilità (dove il 4° posto in Italia lo ottiene anche grazie alla ciclabilità e alla propensione alla mobilità collettiva), della governance (dove è 12°). Metà classifica, invece, per la dimensione Legality dove il 70° posto in Italia è dovuto, soprattutto, alla diffusione della microcriminalità, al numero di giornalisti minacciati e all’incidenza, in provincia, di comuni commissariati.
Roma, invece, mantiene posizione sostanzialmente di vertice per le dimensioni economy (3°), people (9°) living (12°) e mobility (18°) ma perde importanti posizioni in governance (34°), environment (85°) e, soprattutto, legality (97°).
 
Le top ten. La parte alta della classifica di questa edizione non registra grandi scossoni. Le prime dieci città in classifica, infatti, sono sostanzialmente quelle dello stesso anno con l’eccezione dell’entrata in classifica di Trento (lo scorso anno 13°) e l’uscita nella top 10 di Ravenna (dal 7° al 13° posto). La prima, premiata soprattutto nelle dimensioni environment e governance (ma con buoni risultati anche in economy e people) la seconda risente di basse performance su alcune dotazioni strutturali (servizi di connessione infrastrutturale, consumo energia, iniziative conferimento rifiuti) ma, soprattutto, risente dei risultati della dimensione legality con gli indicatori relativi alla microcriminalità in città e agli amministratori minacciati.
Per il resto, il top della classifica vede confermate e ben salde in testa Milano (che aumenta leggermente il vantaggio rispetto alle inseguitrici), Bologna, Firenze e Modena.
Ma quello che più spicca è che anche questa anno sei delle dieci città al top non sono città metropolitane ma città di medie dimensioni che però vanno a costituire, di fatto, l’ossatura più robusta del nostro sistema urbano. Sono le nuove piccole capitali a volte molto più dinamiche e performanti delle grandi città metropolitane. E non si tratta delle semplice equazione del “piccolo è bello” basata sui parametri della qualità della vita ma, molto spesso, di risultati che provengono da caratteristiche strutturali importanti. Ad esempio Modena, la prima città tra le aree non metropolitane, è 4° in assoluto in Italia per performance economiche. Posizione raggiunta grazie al secondo posto, in assoluto, per direzionalità (Imprese con 250 addetti o più per 10.000 imprese), il 4° posto per internalizzazione produttiva, il 5° per comportamenti innovativi (imprese start up innovative e contratti di rete per 10.000 imprese).
Ma, non solo questo. Modena è 4° in Italia per la cura dell’infanzia (Indice presa in carico asili nido), 3° per assistenza anziani, 4° per ciclabilità, 3° per partecipazione elettorale, 4° per propensione all’associazione (Numero adesioni ad associazioni e reti di amministrazioni).
 
 
Nord – Sud: un divario che non si riesce a colmare
La lettura territoriale ci ripropone la ben nota dicotomia Nord-Sud. La prima città del mezzogiorno in classifica si conferma, anche quest’anno, Cagliari in 60° posizione, che ‘soffre’ per consumo di energia elettrica, dispersione della rete idrica, accessibilità terrestre, partecipazione elettorale e mancanza di strumenti di pianificazione ambientale (le 5 performance peggiori del capoluogo sardo).  Al contrario, le variabili su cui eccelle sono l’incidenza del verde urbano, la propensione alla mobilità collettiva, l’offerta di trasporti pubblici locali, l’attivismo del non profit sui social network.
Rimane però, di fondo, un Sud complessivamente in ritardo sia sulle variabili standard sia su quelle legate all’innovazione. Elemento positivo, in questo contesto, il dinamismo degli ultimi anni registrato in alcune città. Ad esempio Lecce è la città che in Italia ha registrato un maggior incremento in assoluto nell’ultimo anno guadagnando – in questa edizione – 68,4 millesimi che le hanno permesso di guadagnare 5 posti in classifica (tanto per fare un paragone Milano, nello stesso arco temporale, ne ha guadagnati 14,9). La città pugliese ha le sue performance migliori nel tasso di imprenditorialità (7° in Italia), nella diffusione di connessione tra le imprese, nell’ impegno nel monitoraggio dell’aria, nella fluidità della mobilità territoriale (ovvero la percentuale di occupati che impiegano fino a 30 minuti per raggiungere il posto di lavoro), nell’offerta di mobilità alternativa. Un dinamismo circoscritto a pochissime città del Sud, che fa però sperare per il futuro immediato.
 
Come funziona l’ICity Rate? Le sette dimensioni
Per stilare la classifica, l’ICity Rate prende in considerazione sette dimensioni fondamentali: Economy, Living, Environment, Mobility, People, Governance, e Legality, dove Milano spicca sia sul fronte economico che nella dimensione “people” (la quale prende in esame il livello di istruzione dei cittadini, il livello di partecipazione agli spettacoli culturali ma anche la familiarità con servizi tecnologici analizzando, ad esempio, la diffusione dell’home banking).
 
La vera novità di quest’anno, però, è la dimensione “Legality”: un insieme di dodici indicatori puntuali che vanno a misurare il livello di legalità territoriale. Un cambiamento importante ma necessario che porta l’articolazione del lavoro su sette (e non più sei) dimensioni.
Anche quest’anno ai tradizionali indicatori “standard” sono state affiancate una serie di variabili “smart”, più direttamente collegate alle dinamiche di innovazione tecnologica e sociale. L’impianto complessivo è così costituito da 150 variabili statistiche elementari, 84 Indici di fattore, 7 dimensioni, 14 Indici dimensionali e 1 Indice di sintesi: si tratta quindi di un lavoro di spessore, che restituisce una fotografia fedele della salute delle città italiane dal punto di vista dell’innovazione.
“Come scrive Bloomberg, l’ex sindaco di New York: If you can’t measure it, you can’t manage it. Se non la conosci, se non puoi misurare le dinamiche e gli effetti delle politiche di una città, non puoi governarla. E questo è ancor più vero in questi ultimi anni in cui i fenomeni sociali, economici, ambientali e culturali si sono fatti sempre più complessi, articolati e frammentati. ICity Rate – conclude Dominici – vuole essere funzione e strumento di un modo diverso di valutare i dati e le informazioni. È funzionale come strumento gratuito a disposizione di tutti coloro che operano nelle città fornendo un set unico di indicatori con completezza e trasparenza, è strumentale alla diffusione di una nuova cultura di governo delle città che metta la conoscenza al centro dei poteri decisionali”.
 
FONTE: “ICity Rate 2015 - La classifica delle città intelligenti italiane, quarta edizione" – Ottobre 2015, Realizzata da FPA.
 
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