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Claudio Mazzotti: Prestazioni sì, ma misurabili, il futuro del calcestruzzo tra innovazione e responsabilità

Durabilità, innovazione e un cambio di paradigma: il calcestruzzo a prestazione rappresenta oggi una delle sfide più rilevanti per il settore delle costruzioni. Ne abbiamo parlato con il Prof. Claudio Mazzotti, Ordinario di Tecniche delle Costruzioni, per capire come le normative stanno evolvendo, quali sono i rischi e le opportunità e cosa serve per affrontare il futuro

Il settore del calcestruzzo vive un momento di svolta. La spinta verso l’innovazione, la necessità di ridurre l’impatto ambientale e l’urgenza di garantire durabilità e sicurezza delle opere impongono una riflessione profonda sull’attuale impianto normativo. Ha ancora senso basarsi su prescrizioni rigide, come i minimi di cemento o i limiti agli aggregati riciclati? Oppure è giunto il momento di passare a un modello basato esclusivamente sulle prestazioni, in cui la qualità si misura e si verifica, piuttosto che essere imposta a priori?

Per fare il punto su questo snodo cruciale e capire come dovrebbero evolversi le norme, abbiamo intervistato il Prof. Claudio Mazzotti, Ordinario di Tecnica delle Costruzioni all’Università di Bologna, tra i massimi esperti italiani in materia di calcestruzzo, durabilità e sicurezza strutturale.


L'intervista a Claudio Mazzotti

Caro Claudio, nel 2025 ha ancora senso basare la progettazione e la realizzazione delle opere in calcestruzzo sui tradizionali vincoli di dosaggio (minimi di cemento, massimi di aggregati riciclati, quantitativi precisi di fibre o limiti per le aggiunte)? Oppure è arrivato il momento di parlare esclusivamente di prestazioni?

L’avanzamento dell’industria del calcestruzzo e la volontà di sostenerne il suo continuo sviluppo rende oggi sempre più limitante l’imposizione di requisiti composizionali stringenti.

La visione prospettica non può che orientarsi nella direzione dell’indicazione di prestazioni.

Tuttavia, per intraprendere un cammino deciso in questa direzione è assolutamente necessario che le prestazioni possano essere adeguatamente misurate e valutate con metodi riconosciuti e affidabili.

In mancanza di questo, le indicazioni prestazionali diventano una cambiale in bianco, come usa spesso dire il nostro carissimo collega Roberto Marino. La bandiera delle prestazioni non può diventare un liberi tutti, soprattutto in mondo come l’edilizia italiana.

    

   

Calcestruzzi che durano 100 anni

È realistico, oggi, parlare di prestazioni e durabilità del calcestruzzo con orizzonti temporali di 50 o 100 anni? Esistono modelli previsionali, metodi di calcolo o prove sperimentali che ci consentano di progettare con sufficiente accuratezza e prudenza una miscela che soddisfi, nel tempo, requisiti così ambiziosi?

La prospettiva temporale di molti decenni (50, 100 anni) è certamente ambiziosa e gli studi disponibili faticano a dare indicazioni certe su questa scala e con riferimento ad ambienti reali e non di laboratorio. Va detto però che il vero elemento su cui focalizzare l’attenzione, a mio parere, dovrebbe essere cosa fare al calcestruzzo in quei decenni.

Non credo che 50 o 100 anni siano traguardi predittivi impensabili ma va messo in campo un piano di manutenzione, non sulla carta ma fattivo.

La cultura della manutenzione sembra ad oggi ancora ad uno stato embrionale, anche per le difficoltà operative e di budget.

    

Durabilità del calcestruzzo e rapporto acqua/cemento

Possiamo affermare che è giunto il momento di superare il concetto che la durabilità di un calcestruzzo debba essere semplicemente e direttamente legata solo al rapporto acqua/cemento e al dosaggio minimo di cemento per ragionare sia nell’uso di nuove tecnologie e prodotti che di nuove soluzioni progettuali?

Il tema è in fase di sviluppo. Ci sono studi nel Nord Europa (Geert De Shutter, ad esempio) che tendono a superare questi limiti composizionali.

Va sottolineato però, nuovamente e con forza, che il passaggio / apertura ad altri criteri e tecnologie deve trovare un consenso scientifico robusto e la possibilità di valutazione delle effettive prestazioni.

Credo vada fatto un grande sforzo nella direzione di come poter misurare le prestazioni in modo più moderno e affidabile. Il rovescio della medaglia, tuttavia, potrebbe dimostrarsi essere il percorso che ogni nuovo materiale o tecnologia debba fare per poter essere “validata”. Siamo disposti a pagarne i costi economici e temporali?

    

Evoluzione normativa internazionale

Dal punto di vista normativo, qual è oggi la direzione intrapresa dalle principali linee guida internazionali come il Model Code e gli Eurocodici? Si stanno orientando più verso una progettazione basata esclusivamente sulle prestazioni, oppure mantengono ancora prescrizioni puntuali sui dosaggi e sui materiali?

La tendenza in genere degli approcci normativi Europei è di muoversi verso la richiesta di prestazioni, per quanto possibile. Non ho, però, una visione puntuale sulle molteplici sfaccettature dei nuovi documenti in uscita.

   

Revisione delle Norme Tecniche

Siamo in fase di revisione delle Norme Tecniche. Quali dovrebbero essere i principi guida di questa revisione? Dovrebbe essere mantenuto un approccio basato su prescrizioni precise, oppure verrà adottato un orientamento prevalentemente prestazionale?

L’auspicio è che la revisione delle NTC condivida l’impianto dei codici Europei. Il processo di revisione è appena iniziato, dobbiamo aspettare.

     

Calcestruzzi ad alte prestazioni

Parlando di calcestruzzi orientati alle prestazioni, non ritieni sia giunto il momento anche in Italia di alzare il livello, puntando con maggiore convinzione su calcestruzzi ad alte prestazioni?

Non credo la risposta possa essere unica. A seconda delle applicazioni possono essere certamente necessari calcestruzzi ad alte prestazioni (che non vuol dire semplicemente alta resistenza); tuttavia il nostro mondo deve essere disposto a pagarne il costo, a comprenderne il loro corretto impiego (quindi studiare, studiare, studiare) e deve essere possibile ritrovare un contesto regolatorio che ne consenta lo sfruttamento dei vantaggi.

Permangono casi in cui il calcestruzzo “tradizionale” svolge ancora egregiamente il suo ruolo, sempre che non si “dimentichi” che ha bisogno di manutenzione. “Costruisci e dimentica” non è una filosofia che può ancora trovare cittadinanza nel mondo delle costruzioni moderne.

   

Perchè puntare sulle prestazione

Quali sono, a tuo parere, i motivi per cui tutta la filiera del cemento dovrebbe sposare con convinzione questa filosofia orientata alle prestazioni? Quali benefici ne potrebbe trarre il settore?

Puntare sulle prestazioni potrebbe consentire ai diversi attori della filiera di diversificarsi e identificarsi, attraverso lo sviluppo di prodotti all’avanguardia in grado di soddisfare richieste di crescente complessità (le prestazioni appunto, tra le quali la sostenibilità primeggia).

Questo consentirebbe di differenziarsi dai competitors, non solo per il costo inferiore di un cent, approccio oramai obsoleto e che tanti danni ha fatto.

Inoltre, lo sviluppo di questa industria la aiuterebbe a riprendersi il ruolo che le spetta nello sviluppo della società moderna, oggi banalmente considerata un settore economico medievale e responsabile della produzione di enormi quantità di CO2. Puntare sulle prestazioni, però, vuol dire un assetto normativo che lo consenta e la disponibilità di metodi di controllo che le verifichino. In assenza di questa combinazione il mercato non parte o diventa una giungla, rispettivamente in mancanza della prima o seconda condizione.

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