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La passione è geometria

Il divino come forza eversiva, erotica e sacra attraversa l’opera di Pasolini e quella di Bolaño, dove la poesia e il sogno scivolano nella carne del reale; in questo spazio intermedio – tra visione e materia – si colloca l’architettura secondo Marcello Balzani: un atto simbolico, critico, che pensa e costruisce l’invisibile.

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Il senso del divino

«Il senso del divino, il senso del sacro non può che portare contro la civiltà del benessere. Se c’è una violenta reazione contro il consumismo non può che essere di carattere sacro, religioso».

Pasolini sentiva l’ambiguità della parola –sacro- e l’incompletezza sintetica della parola –Dio- se non connessa alla religiosità degli esclusi, dei contadini e del Terzo mondo, agendo incessantemente per un’immortalità nei confronti della libertà espressiva. Nel 1968 alla XXIX Mostra del Cinema di Venezia viene presentato “Teorema” di Pasolini e premiato dall’Office Catholique International du Cinéma. Nel 1968, anno rivoluzionario, Pasolini aveva ancora solo 7 anni da vivere.

La rocambolesca avventura viene raccontata da Italo Moscati in “Pasolini e il Teorema del sesso” edito dal Il Saggiatore, in uno straordinario racconto dell’anno dello scandalo che portò paradossalmente il film ad essere elogiato dalla critica cattolica e poi sequestrato ed «escluso per tutti». La trama è sintetica, ricorda Moscati: un giovane, interpretato nel film da Terence Stamp, entra nella bellissima casa di un industriale milanese e conquista uno dopo l’atro, sconvolgendo abitudini e mentalità, l’industriale (Massimo Girotti), sua moglie (Silvana Mangano), i loro figli e la cameriera (Laura Betti). È un misterioso «Ospite che porta il suo sesso sacro» nella casa dei padroni.

È l’«irruzione religiosa», è un dio seducente che trasmette amore anche in senso fisico. Inimici hominis domestici eius.

Sarà uno spartiacque che alimenterà i Bertolucci e i Ferreri.

“Il regista mite e allarmante sembra aver inghiottito lo scrittore. Le sequenze dei suoi film hanno vampirizzato le sue poesie e i suoi romanzi. E sono andate oltre.” Ci ricorda sempre Moscati che nel 1973 a Bologna, in un’aula gremita di universitari, professori e cineasti, Pasolini, chiamato a confrontarsi su –Erotismo eversione merce- disse tre volte la parola «provocazione» e poi disse: «Essi non hanno voluto vedere il cazzo enorme sulle loro teste». «Essi», i critici, non capivano che “il sesso era la sua arma di regista in rivolta”.

Lo spirito intermedio, la prospettiva pneumatica, nello spazio fra angeli e demoni, fra uomo e Dio.

Ogni volta che mi riguardo “Teorema” vedo, in una immagine di Moscati, Pasolini in piedi, sul set della società italiana, in mezzo agli attori, gridare col suo megafono: «Azione!» e voler dire contemporaneamente «Pensiero!».

 

Fotogramma di “Teorema”, utilizzato anche per i manifesti del film, in cui Silvana Mangano (la moglie) è distesa in attesa del “dio che seduce”.
Fotogramma di “Teorema”, utilizzato anche per i manifesti del film, in cui Silvana Mangano (la moglie) è distesa in attesa del “dio che seduce”. (Marcello Balzani)

 

L’ho “rivolta” pasolinianamente e abbrustolita in un rosso ruggine formalizzato… potete capire bene perché.

 


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La passione è geometria

Non bisogna mai perdere la dimensione simbolica e neppure quella metaforica. È una ricchezza del nostro pensiero che si consolida nel linguaggio e che deve essere sempre alimentata. Da piccoli viene più facile dedicare tempo a sognare queste analogie, poi da grandi si perde l’abilità per scarso allenamento e si atrofizza una parte essenziale del nostro cervello, credendo che non sia così indispensabile per vivere. Roberto Bolaño ha il potere di far comprendere la ricchezza che una narrazione lirica può trasportare.

“La passione è geometria.
Rombi, cilindri, angoli che pulsano.
La passione è geometria che cade nell’abisso,
osservata dal fondo dell’abisso.”

I seni arrossati dall’acqua calda. Filamenti di sogno. Toccarsi appena le labbra con le labbra. Un amalgama che ci confonde.

L’incontro della nudità che forma sudore come velo. Il paradiso appare velocemente. Lo stupore sulla luna dell’innamorato e i tuoi occhi che splendono in ogni angolo. È come se stessi –mordendo- qualcosa di irreparabile. Ho sognato labbra… si muovevano fra i rami. E sento in me crescere quel ricordo dell’amore adolescente: l’amore sfrenato, il sogno dentro un altro sogno, i crepuscoli annegati, e poi sei di nuovo nascosto nell’intreccio, sdraiato sui binari del treno. Il sogno a cui ti riferisci ti è appena passato davanti, nell’istante sottile in cui ti concedevi una tregua.

Roberto Bolaño (1953-2003) cileno, ma anche del Messico e della Catalogna, nomade latinoamericano, nel 1993 raccoglie in “L’Università sconosciuta” i suoi versi composti fin dal 1977. Il volume, creato come un testamento lirico nell’addensarsi della malattia e che troverà le stampe solo dopo la sua morte, viene oggi tradotto con una coerenza d’amore da Ilide Carmignani per l’edizione SUR. È un “poema narrativo” sublime.

Scriveva Roberto Bolaño che la Bellezza appare, scompare, riappare, scompare, ancora una volta riappare, sfuma. Alla fine senti soltanto le pulsazioni di un pozzo, che è il tuo cuore. Quante cose ci ammazzano e ci rimpiccioliscono, tutti presi dall’assalto del Nulla. La Bellezza non sospirerà: vorrà vedere tutto. La poesia entra nel sogno come un palombaro in un lago infinito, torbido e infausto. Contemplatela dal fondo... La poesia entra nel sogno... con rime invisibili e rime blindate, all’intersezione fra la morte e la poesia.

Come una freccia lanciata nel cuore: il vaso di Poe.

Basta imparare a leggere.

“Il suo sguardo è bellissimo,
come se vedesse per la prima volta le scene
che ha desiderato tutta la vita.”

 

Günter Knop ispirata all'Art Nouveau e all'Art Déco in cui il nudo femminile si inserisce metaforicamente nella dimensione geometrica.
Immagine di Günter Knop ispirata all'Art Nouveau e all'Art Déco in cui il nudo femminile si inserisce metaforicamente nella dimensione geometrica. (Marcello Balzani)

 


 

Dalla rubrica «Marcello Balzani: tra Parola e Immagine»

C’è un numero che, più di altri, incarna l’idea di equilibrio e compiutezza: sei. È il primo numero perfetto, perché somma dei suoi divisori (1, 2, 3), ma è anche la metrica dell’esametro omerico, che ha guidato per secoli il racconto del viaggio, del mito, dell’umano.

A questo numero si ispira la struttura di “Perfetto Sei”, una rubrica che raccoglie i testi di Marcello Balzani come pensieri in cammino, intrecciati a immagini e citazioni che non illustrano, ma evocano, non spiegano, ma interrogano.

Il titolo è anche un gioco di specchi: si può leggere come “Sei perfetto”, allusione alla somiglianza divina dell’essere umano, fatto — secondo la tradizione — a immagine di Dio. Un invito, forse, a riscoprire nel frammento la traccia di un’armonia nascosta.

Ogni articolo della rubrica ospita progressivamente sei pensieri. Sei come unità compiuta, come sequenza che diventa ciclo. Quando l’articolo si completa, ne nasce uno nuovo. E ogni nuovo inizio si pone in cima alla serie, come il primo passo di un nuovo viaggio. L’intero progetto si dispiega così in una serie aperta di cerchi perfetti, ognuno con il proprio tema originario e la propria traiettoria di senso.

PERFETTO SEI

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