Concluso ad Assisi l’ascolto dei territori italiani in vista dell’VIII Congresso nazionale degli Architetti
Ripresa con luci e ombre con la demografia che resta una criticità
Concluso ad Assisi il percorso di avvicinamento all’VIII Congresso Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, in programma a Roma dal 5 al 7 luglio prossimi all’Auditorium Parco della Musica e che sarà dedicato alle Città del futuro.
Articolato in 14 tappe su tutto il territorio nazionale - organizzate dal Consiglio Nazionale degli Architetti PPC con gli Ordini Provinciali – il percorso è stato caratterizzate da un vero e proprio ascolto dei bisogni e delle criticità delle singole comunità attraverso il confronto con i cittadini, le associazioni, i rappresentanti delle istituzioni e delle autonomie locali, della politica, della cultura, dell’economia, della ricerca e della stessa comunità degli architetti.
Ciò mostra sin da ora come il Congresso Nazionale di luglio non sarà una assise destinata ai soli architetti perchè la prospettiva con la quale il Consiglio Nazionale intende affrontare le tematiche congressuali è infatti quella di mettersi a disposizione del sistema Paese per rispondere, innanzitutto, all’esigenza dei cittadini che vorrebbero vivere in luoghi sicuri, sani e più belli e per creare, attraverso un ripensamento delle città, le condizioni per riavviare l’economia, promuovere le iniziative imprenditoriali, valorizzare i beni culturali, richiamare gli investimenti.
Realizzare la Città del futuro - e dal Congresso Nazionale verranno presentate al nuovo Governo e al Parlamento proposte concrete per farlo - significa dare l’opportunità alle città ed ai territori del nostro Paese di competere con le più avanzate realtà europee ed extraeuropee che già sono, o lo stanno diventando, luoghi privilegiati di sviluppo economico, culturale e della ricerca.
Nel corso della tappa di Assisi che ha riguardato le Regioni Umbria e Marche - così come in tutte quelle che l’hanno preceduta - sono stati illustrati i dati di una ricerca sulla situazione economica di questi due territori, commissionata al Cresme dal Consiglio Nazionale, che confluiranno in una analisi generale sulle condizioni del nostro Paese che sarà presentata proprio nel corso del Congresso Nazionale.
In sintesi, per quanto riguarda la demografia i dati sottolineano come tra il 2006 e il 2016 il numero di residenti in Umbria è aumentato di 32.757 abitanti ma nel prossimo ventennio la regione perderà quasi 70mila abitanti (-7,8%). Nel 2036 la composizione strutturale della popolazione avrà 60 anziani ogni 100 abitanti in età lavorativa (15-64 anni), nel 2006 il rapporto era di 37 anziani ogni 100 abitanti.
Nel corso del 2017 l’economia regionale ha mostrato segnali di rafforzamento, dopo un 2016 chiuso con un calo del PIL, insieme a poche altre regioni italiane: le aspettative di ripresa provengono dal settore manifatturiero. Aumenta la produzione e aumentano gli investimenti industriali, anche grazie agli incentivi industry 4.0; le aspettative mostrano un ulteriore incremento degli investimenti nel 2018. Dinamica meno brillante invece per le imprese del settore commerciale e turistico: il volume delle vendite e gli ordinativi del commercio risultano in calo tendenziale nel terzo trimestre 2017, in particolare per quanto riguarda il commercio al dettaglio. Sul fronte del turismo già nel 2016 gli arrivi si erano ridotti dell’1%, e in base ai dati della Regione, nei primi nove mesi del 2017 hanno segnato un calo ben più importante con un -17% negli arrivi.
Altro anello debole è il settore delle costruzioni, dove i livelli sono modesti e le aspettative di una ripersa nel breve termine confidano nell’effettivo avvio di lavori per la ricostruzione degli edifici pubblici, per alimentare, insieme agli incentivi fiscali, tutto il mercato della riqualificazione, nonché nella trasformazione degli importi per lavori banditi nel 2017 in investimenti effettivi.
A compensare questi elementi di stallo, l’importante balzo registrato dall’export nel 2017, sebbene anche su questo fonte esistano margini di miglioramento, considerando il ruolo ancora marginale del commercio estero sull’economia regionale.
La fragilità della ripresa trova riscontro in un mercato del lavoro ancora in difficoltà. Nel 2017 gli occupati in regione, dopo essersi ridotti dell’1,5% nel 2016, rimangono stagnanti e il saldo complessivo rispetto al 2008 è negativo, con ampie differenziazioni settoriali. Anche il tasso di disoccupazione mostra un difficile processo di aggiustamento: quello complessivo è salito al 11,3% nel 2014, raggiungendo il livello massimo; dopo un biennio in cui si era registrato un miglioramento, con la riduzione del tasso di disoccupazione totale sotto il 10% nel 2016, il dato medio 2017 mostra un nuovo incremento al 10,5%. Per il tasso di disoccupazione giovanile si osserva una dinamica simile fino al 2014, anno n cui raggiunge il livello massimo, attestato in regione sul 42,5%, sostanzialmente in linea con la media nazionale. La successiva fase mostra invece un processo di miglioramento che proprio nel 2017 raggiunge il livello più basso dal 2012, attestandosi su 30,8%, quasi quattro punti percentuali al di sotto della media nazionale.
Passando al settore delle costruzioni, il valore della produzione in Umbria nel 2017 è pari a poco più di 2 miliardi di euro, meno del 2% del totale nazionale. La stima degli investimenti descrive un settore attestato su livelli inferiori circa del 25% rispetto agli anni pre-crisi e che registra segnali di miglioramento ma limitatamente al settore del rinnovo, sostenuto dagli incentivi, ovvero quelli per la manutenzione generica e per l’efficientamento energetico, ancora alle aliquote maggiorate per tutto il 2018, ma anche da quelli per la messa in sicurezza gli edifici nelle zone sismiche così come stabilito dall’ultima Legge di Stabilità.
Per quanto riguarda la situazione delle Marche anche questa Regione ha un grande problema demografico. Tra il 2006 e il 2016 nelle Marche il numero di residenti è aumentato di circa 33mila abitanti, ma senza significativi mutamenti di scenario, soprattutto a causa ai fenomeni di invecchiamento della struttura demografica, nel prossimo ventennio la regione perderà oltre 86mila abitanti (-5,6%). Lo scenario demografico regionale evidenzia una flessione della popolazione giovane: nel 2036 la composizione strutturale della popolazione avrà 58 anziani ogni 100 abitanti in età lavorativa (15-64 anni), nel 2006 il rapporto era di 35.
Il quadro economico regionale delineato dal Cresme mostra che la ripresa economica è ancora in affanno, con gli effetti del sisma che frenano produzione e flussi turistici; gli occupati e la domanda estera sono in calo, mentre si registra qualche spiraglio per le costruzioni.
In sintesi, l’economia regionale mostra una dinamica assai penalizzata tra il 2009 e il 2015. La crisi globale ha colpito l’apparato produttivo regionale molto più che in altri territori, a motivo della forte diffusione di imprese di piccole dimensioni che meno hanno retto l’impatto della sfavorevole congiuntura economica. Situazione, questa, gravata poi dai più recenti eventi sismici. Per l’industria la fase di stallo riguarda soprattutto le piccole imprese marchigiane, che rappresentano la specializzazione tipica dell’apparato produttivo (calzature e mobile), mentre appare più florido il settore della meccanica, ambito di attività delle imprese più strutturate. Instabile il commercio all’ingrosso ma soprattutto la domanda turistica che nel 2016 segna una flessione del numero di presenze e una crescita degli arrivi di appena 1%, che potrebbe diventare negativa, in base ai dati dell’Osservatorio regionale sul turismo, che segnala una flessione del 15% del numero di arrivi registrati nella prima metà del 2017.
Come conseguenza di tutta questa situazione si assiste ad una riduzione pressoché ininterrotta del numero di occupati tra il 2008 e il 2017. I 616 mila occupati in regione nel 2017 sono inferiori del 6% rispetto a dieci anni prima, ma con importanti differenziazioni settoriali. Nel 2017 il settore dei servizi di trasporto, comunicazione, servizi professionali è cresciuto di 11mila unità, quello dell’agricoltura di oltre 2mila, ma tali incrementi hanno assorbito solo in parte la drammatica fuoriuscita di occupati dal settore dell’industria manifatturiera (-30mila unità) e dalle costruzioni (-9.500). Il saldo complessivo è un ridimensionamento dell’offerta di oltre 36mila posti di lavoro dal 2008 al 2017.
Il tasso disoccupazione complessivo in regione è salito al 10,9% nel 2013, raggiungendo il livello massimo; la successiva fase di miglioramento registrata nel 2014 e 2015 si è subito interrotta nel 2016, quando l’indice è tornato a sfiorare l’11%, livello su cui si è assestato nel dato finale per il 2017. Il tasso di disoccupazione giovanile nel 2014 ha raggiunto il 36,4%, quando la media nazionale sfiorava il 43%, e ha registrato un modesto miglioramento nei tre anni successivi, arrivando gradualmente al 31% nel 2016, mentre ben più deciso è stato il successivo ridimensionamento che alla fine del 2017 lo colloca al 24%, dieci punti percentuali al di sotto della media nazionale.
La debole dinamica economica risente di una domanda estera instabile: nel 2015 il valore dell’export regionale si era ridotto del 9% e nel 2017, dopo il recupero registrato nel 2016, torna a contrarsi (-2%). Sul fronte delle costruzioni, il valore della produzione nelle Marche nel 2017 è pari a 3,3 miliardi di euro, poco meno del 3% del totale nazionale. Si delinea l’avvio di una fase di fuoriuscita dalla crisi assai incerta, con un livello di investimenti che fatica a recuperare i margini persi nel corso della crisi settoriale.
Particolarmente recessiva risulta ancora la dinamica della nuova produzione, specie quella residenziale, mentre si mostra più vivace il comparto del rinnovo, sia per la ricostruzione delle zone danneggiate dal sisma, un segmento che potrebbe beneficiare degli incentivi per la messa in sicurezza gli edifici nelle zone sismiche così come stabilito dalla ultima Legge di Stabilità, sia per gli interventi di rinnovo generico o energetico che ancora beneficiano degli incentivi fiscali alle aliquote maggiorate. Per il settore delle opere pubbliche, oggi attestate su un livello inferiore circa del 40% rispetto al 2010, si tratta di vedere se la fase espansiva dei bandi di gara porterà in tempi brevi ad un aumento dei livelli di spesa effettiva.