Considerazioni sulla gestione e tracciabilità delle prove previste per il calcestruzzo
Si possono identificare i campioni di calcestruzzo in modo digitale ?
ALCUNE RIFLESSIONI SUI CONTROLLI DEI MATERIALI ALLA LUCE DELLE NOVITA’ INTRODOTTE DALLA REVISIONE DELLE NTC E DALLA NUOVA CIRCOLARE APPLICATIVA n. 7/2019.
Il tempo trascorso di seguito all’applicazione delle novità normative connesse alla revisione delle NTC e la pubblicazione della nuova Circolare è l’occasione per una riflessione circa il sistema dei controlli riferiti a strutture, materiali strutturali ed a quanto possa risultare ancora utile per dare piena affidabilità al sistema.
In particolare, la revisione delle NTC è stata particolarmente innovativa per quanto attiene i controlli sui campioni di calcestruzzo ed acciaio da c.a. nel momento in cui ha prescritto i tempi massimi entro cui tali controlli debbano essere effettuati: da 28 a 45 gg. dalla data di getto per il cls; prima dell’invio in cantiere nei Centri di Trasformazione ed entro 30 gg. dalla data di consegna in cantiere, per le barre d’armatura.
Frequentemente in laboratorio i campioni da testare erano consegnati quando la costruzione era già ultimata anche nelle finiture, perché risultava a quel punto la loro certificazione ai fini dell’agibilità, così che il controllo, quando si fossero manifestate carenze ed inidoneità, non poteva essere utile ad apportare alcun correttivo, atteso che la costruzione era già ultimata.
Quindi, un controllo spesso inteso come superfluo adempimento burocratico più che come essenziale momento di verifica tecnica.
Da cui, in particolare per i cantieri di minori dimensioni o con una D.L. maggiormente distratta, anche la tentazione di utilizzare campioni non prelevati dai getti o comunque dal cantiere cui si dichiaravano riferiti.
Avere imposto per i campioni di calcestruzzo ed acciaio un termine rigido entro cui effettuare le prove ha dato utilità vera al controllo: consente, laddove i risultati di prova non siano conformi alle attese, di intervenire, questa volta in tempo sufficientemente utile ad evitare che le mancate conformità rilevate possano proseguire interessando parti ancora da edificare.
Non solo, tale circostanza associata all’esigenza che sia redatto verbale di prelievo al momento in cui questo è effettuato (senza il riferimento al verbale di prelievo, il laboratorio non può rilasciare certificato di prova valido), sono ancor più motivo perché il D.L. si senta più direttamente responsabile e coinvolto nel prelievo e nella consegna dei campioni al laboratorio affinché siano rispettate le scadenze previste ed evitata l’annotazione cui il laboratorio è tenuto in caso di prove effettuate, in particolare per il cls., successivamente a 45 gg dalla data di getto, con la conseguente necessità per la D.L. e l’impresa di integrare le prove con “quelle riferite al controllo della resistenza del calcestruzzo in opera”.
Quanto disposto con le nuove NTC ha sensibilmente alzata l’asticella dell’affidabilità dei controlli e, in particolare, della loro efficace utilità.
Per il calcestruzzo, la ricordata presenza, in qualche misura, del malvezzo di alcuni nel ricorrere ai cosiddetti “cubetti di allevamento” risulta pratica di assoluta gravità, frutto di una malintesa interpretazione del controllo dei materiali come dispendioso e superfluo adempimento e non come doverosa verifica della pratica costruttiva. Circostanza per la quale il D.L. in tali casi ha rinunciato al suo diritto-dovere di controllo.
L’obbligo di provvedere alla redazione di verbali di prelievo, connesso a una tempestiva consegna dei campioni al laboratorio per evitare il mancato rispetto delle scadenze per la esecuzione delle prove ed, ancora, l’adozione di sistemi di tracciabilità digitale (microchip, codici a barre, ecc.) insieme alla possibilità che del prelievo si occupi lo stesso laboratorio incaricato delle prove, sono comunque tutti aspetti innovativi capaci di elevare l’affidabilità del sistema e rendere difficoltosa l’elusione degli obblighi normativi.
Più frequentemente, sono superficialità o negligenza alla base dei comportamenti elusivi, più che l’intenzione di falsare i controlli.
Se però l’impegno per eludere la prescrizione normativa deve essere maggiore di quello necessario a rispettarla non vi è più “convenienza” per tale elusione.
E qui mi permetto di riportare testimonianza di un’esperienza di controllo operata dal laboratorio TECNOCONTROLLI di Bologna attraverso l’utilizzo del cosiddetto “metodo C3” per la gestione del prelievo di campioni di cls e la loro tracciabilità dal momento del prelievo a quello dello schiacciamento.
Tale sistema venne adottato dalla D.L. della costruenda nuova staziona A.V. di Firenze e consta nella generazione al momento del prelievo del campione di cls di un codice a barre apposto sul cartiglio da inserire nel campione cubico, su cui, codificati, sono riportati, insieme ad altri dati utili all’identificazione del campione, quelli definenti data e ora di prelievo e, mediante collegamento GPS, le esatte coordinate geografiche del sito in cui l’operazione di prelievo è effettuata.
Tali campioni venivano quindi accettati dal laboratorio sulla base di un lettore del codice a barre che lasciava non leggibile ed anonimo per chiunque i dati attestanti la provenienza del prelievo, i quali divenivano intellegibili ad interni ed esterni solo successivamente allo schiacciamento ed alla disposizione in tal senso della D.L. che restava perciò il vero protagonista del controllo, come da Norma.
Tale esperienza ebbe il favorevole apprezzamento di Stazione appaltante e D.L. ed, in particolare, del Servizio tecnico Centrale del Ministero II.TT., che diede il suo patrocinio alla sperimentazione.
Mi risulta che il sistema sia stato ulteriormente affinato da parte di società d’ingegneria appositamente costituita per lo sviluppo di tale tecnologia finalizzata alla gestione e tracciabilità delle prove previste per i campioni di cls, con una semplificazione degli apparati tecnologici necessari, avendo riportato all’installazione di una “app” su telefono cellulare quanto in precedenza effettuato tramite appositi palmari.
Trovo comunque che un ulteriore sforzo sia da farsi, che più direttamente interessa i laboratori: dotare le attrezzature di prova di memorie delle attività svolte, con riferimento ai soggetti interessati ed ai risultati di prova, non manipolabili da alcuno ed eventualmente accessibili in remoto dall’Organo di controllo dei laboratori stessi (il Servizio Tecnico Centrale del Ministero II.TT.).
Questo sancirebbe in modo definitivo la ineludibilità di esecuzione delle prove e la impraticabilità di qualsiasi alterazione dei risultati ed, associato a quanto riportato in precedenza, oggettiverebbe la complessiva attività di controllo espletata.
Mi risulta che una tale condizione (attrezzature dotate di memoria, direttamente consultabile dall’Istituzione nazionale di controllo) sia già presente in altri Paesi e, inoltre, vi siano aziende costruttrici italiane che hanno già in produzione attrezzature con tali dotazioni, per ora finalizzate a tali mercati.
Il completamento del sistema di controllo dei materiali con dotazioni di questo genere sarebbe tale da dare maggiore uniformità anche al livello dei servizi in proposito offerto dai diversi laboratori, i quali svolgono ai sensi di Legge un servizio di “pubblica utilità”, che, in particolare per questa condizione, è bene abbia un elevato e costante livello di fornitura, a prescindere da quale sia il laboratorio fornitore.