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Curve empiriche di vulnerabilità per gli edifici prefabbricati colpiti dai terremoti emiliani del 2012

La sequenza sismica emiliana del 2012 ha investito un’area fortemente industrializzata comprendente alcune migliaia di edifici prefabbricati in c.a. A causa della mancanza di una specifica progettazione nei confronti delle azioni simiche, molti di tali edifici hanno riportato gravi danni.

Tratto da: WORKSHOP - Tecniche innovative per il miglioramento sismico di edifici prefabbricati
SAIE 2014, Bologna 22 ottobre 2014 – ACI Italy Chapter

ABSTRACT: La sequenza sismica emiliana del 2012 ha investito un’area fortemente industrializzata comprendente alcune migliaia di edifici prefabbricati in c.a. A causa della mancanza di una specifica progettazione nei confronti delle azioni simiche, molti di tali edifici hanno riportato gravi danni. Lo studio riguarda un inventario preliminare dei danni riportati da 1133 edifici. L’entità dei danni è stata messa in relazione con la distanza epicentrale e la Pseudo-Accelerazione Spettrale (PSA) corrispondente al periodo di 1 s. In particolare, il 90% degli edifici gravemente danneggiati presenta distanza epicentrale inferiore a 14 km e ha risentito di una PSA maggiore di 0.13g. È poi significativo osservare come per il 10% degli edifici senza danni la distanza epicentrale risulti inferiore a 9 km e la massima PSA risentita sia superiore a 0.21g.

INTRODUZIONE
Nell’economia moderna, la stima dei danni provocati dai terremoti è di importanza crescente, sia per la pianificazione delle operazioni di protezione civile sia per la previsione dei costi di riparazione o miglioramento sismico degli edifici danneggiati.

Le curve di vulnerabilità sono oggi lo strumento più usato per la valutazione del rischio sismico a scala urbana o regionale. Tali curve, mettendo in relazione la probabilità di superamentodi un particolare livello di danno con un parametro rappresentativo dell’intensità sismica, forniscono una rappresentazione grafica del rischio sismico. I dati osservazionali relativi
ai danni provocati dai terremoti del passato vengono comunemente utilizzati nel mondo come base di dati per la definizione di nuove curve di vulnerabilità o la validazione di curve basate su considerazioni meccaniche. Ad esempio, Karababa e Pomonis
(2011) hanno ottenuto un set di curve di vulnerabilità per 5 tipologie di edifici, tipiche dell’isola di Lefkada in Grecia, a partire dai dati di danno raccolti dopo il terremoto che ha colpito l’isola nel 2003. Recentemente, Molina et al. (2014) hanno usato un database dei danni provocati dal sisma di Haiti del 2010 e comprendente circa 67500 edifici per calibrare curve di vulnerabilità per la città di Port-au-Prince. Con riferimento al patrimonio edilizio italiano, Colombi et al. (2008) hanno proposto un metodo per ricavare curve di vulnerabilità empiriche basate sui dati di danno raccolti dopo i terremoti degli ultimi 30 anni e sono state identificate le possibili fonti di incertezza contenute nelle curve. Tra queste vi sono gli errori nella valutazione dello scuotimento e dell’esposizione degli edifici, l’uso dei dati provenienti dai censimenti per stabilire il numero di edifici per comune e per tipologia costruttiva, l’incompletezza delle schede di rilevamento danni e gli errori prodotti nella informatizzazione dei dati.

Nel presente lavoro, vengono presentati i risultati preliminari dell’elaborazione dei dati sui danni rilevati negli edifici industriali con struttura prefabbricata in c.a. colpiti dai terremoti emiliani del 2012. Il territorio investito dalle due sequenze principali è tra
le aree più produttive del Paese, con poli industriali di piccole o medie dimensioni ubicati in diversi comuni. In Emilia, la maggior parte degli edifici prefabbricati in c.a. presenta struttura monopiano, tipicamente composta da colonne con schema a mensola, incastrate al piede in corrispondenza di una fondazione a pozzetto gettata in opera o prefabbricata, travi principali in semplice appoggio sulle colonne e, infine, elementi di copertura in semplice appoggio sulle travi. In alcuni edifici è presente un piano intermedio adibito ad uffici, che generalmente non si estende su tutta la superficie in pianta ma occupa la campata in adiacenza ad uno dei lati corti del fabbricato. Poiché la regione è stata esclusa dall’obbligo della progettazione antisismica fino al 2005, la resistenza dei collegamenti trave-pilastro e tegolo-trave alle azioni orizzontali è affidata alla sola forza d’attrito e non ad opportuni dispositivi meccanici.

La memoria descrive brevemente le principali tipologie di danno osservate e il processo utilizzato per la raccolta dei dati. Vengono quindi riportate le distribuzioni del danno al variare della distanza epicentrale e della pseudo-accelerazione spettrale per il periodo di 1 s (PSA a 1 s). Lo studio riguarda 1133 edifici, suddivisi in 6 classi di danno definite in accordo con la Scala Macrosismica Europea (EMS-98).

2 LA SEQUENZA SISMICA DEL 2012 IN EMILIA
I terremoti che hanno colpito il Nord Italia nel 2012 vanno riferiti essenzialmente a due sequenze con eventi principali di energia comparabile. Il primo di tali eventi si è verificato il 20 maggio con magnitudo locale ML = 5.9 (coordinate epicentrali N44.889, E11.228), mentre il secondo si è verificato il 29 maggio con magnitudo locale ML = 5.8 (coordinate epicentrali N44.851, E11.086), si veda a tal proposito il lavoro di Dolce e Di Bucci (2014).

L’evento del 20 maggio è stato registrato fino a circa 500 km di distanza, in particolare dalla stazione di San Nicandro Garganico, nel Sud Italia. Le componenti orizzontale (pedice “o”) e verticale (pedice “v”) dell’accelerazione di picco al suolo (PGA) registrate dalla stazione di Mirandola (distanza epicentrale Repi,59 = 13.2 km), la sola a trovarsi all’interno dell’area epicentrale, sono PGAo = 2.60 m/s2 e PGAv = 3.00 m/s2. Corrispondentemente, sono state rilevate le velocità di picco al suolo (PGV) PGVo = 0.47 m/s e PGVv = 0.06 m/s (INGV 2012). Come spiegato da Cultrera et al. (2014), l’Istituto Nazionale
di Geofisica e Vulcanologia (INGV) ha provveduto a dislocare, dopo l’evento del 20 maggio, 10 stazioni di rilevamento su un’area compresa entro alcune decine di chilometri dall’epicentro, mentre altre 11 stazioni temporanee sono state installate
nell’area epicentrale dal Dipartimento della Protezione Civile (DPC). Pertanto, il secondo degli eventi principali (29 maggio) è stato assai meglio monitorato del primo. In questo caso, i parametri di intensità sismica ottenuti dalle registrazioni della stazione più vicina all’epicentro (distanza epicentrale Repi,58 = 3.5 km) sono PGAo = 2.90 m/s2  e PGVo = 0.57 m/s per la componente orizzontale maggiore e PGAv = 9.00 m/s2  e PGVv = 0.28 m/s per la componente verticale (INGV 2012). Si noti l’elevato valore di PGAv, circostanza tipicamente associata a terremoti near-fault.

Nella regione colpita dal terremoto, la progettazione con criteri antisismici è divenuta obbligatoria per legge solo a partire dall’ottobre 2005. Pertanto, la maggior parte degli edifici investiti dalla sequenza non era conforme alle regole di progetto ed ai dettagli necessari per garantire adeguata resistenza alle azioni sismiche. Tale circostanza ha rappresentato sicuramente la principale causa dei collassi osservati negli edifici industriali (Savoia et al. 2012). Inoltre, a causa delle particolari caratteristiche geologiche dei terreni della Pianura Padana, influenzate dalla presenza di depositi alluvionali di notevole spessore, gli spettri di risposta in accelerazione e spostamento per i due eventi principali presentano una significativa amplificazione per i periodi tipici delle strutture prefabbricate in c.a. (Dolce e Di Bucci 2014).

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