T.U. Edilizia
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D.P.R. 380/2001. Testo Unico Edilizia. Art. 2-bis (L) - Deroghe in materia di limiti di distanza tra fabbricati

1. Ferma restando la competenza statale in materia di ordinamento civile con riferimento al diritto di proprietà e alle connesse norme del codice civile e alle disposizioni integrative, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono prevedere, con proprie leggi e regolamenti, disposizioni derogatorie al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, e possono dettare disposizioni sugli spazi da destinare agli insediamenti residenziali, a quelli produttivi, a quelli riservati alle attività collettive, al verde e ai parcheggi, nell’ambito della definizione o revisione di strumenti urbanistici comunque funzionali a un assetto complessivo e unitario o di specifiche aree territoriali. (Ai sensi dell'art. 5, comma 1, lettera b-bis), della legge n. 55 del 2019, le disposizioni di cui all’articolo 9, commi secondo e terzo, del decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, si interpretano nel senso che i limiti di distanza tra i fabbricati ivi previsti si considerano riferiti esclusivamente alla zona di cui al primo comma, numero 3), dello stesso articolo 9 n.d.r).
1-bis. Le disposizioni del comma 1 sono finalizzate a orientare i comuni nella definizione di limiti di densità edilizia, altezza e distanza dei fabbricati negli ambiti urbani consolidati del proprio territorio. (comma aggiunto dall'art. 5, comma 1, legge n. 55 del 2019 n.d.r).
1-ter. In ogni caso di intervento che preveda la demolizione e ricostruzione di edifici, anche qualora le dimensioni del lotto di pertinenza non consentano la modifica dell’area di sedime ai fini del rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini, la ricostruzione è comunque consentita nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti. Gli incentivi volumetrici eventualmente riconosciuti per l’intervento possono essere realizzati anche con ampliamenti fuori sagoma e con il superamento dell’altezza massima dell’edificio demolito, sempre nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti. Nelle zone omogenee A di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali, nei centri e nuclei storici consolidati e in ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico, gli interventi di demolizione e ricostruzione sono consentiti esclusivamente nell’ambito dei piani urbanistici di recupero e di riqualificazione particolareggiati, di competenza comunale, fatti salvi le previsioni degli strumenti di pianificazione territoriale, paesaggistica e urbanistica vigenti e i pareri degli enti preposti alla tutela. (comma aggiunto dall'art. 5, comma 1, legge n. 55 del 2019 poi così sostituito dall'art. 10, comma 1, lettera a), della legge n. 120 del 2020 n.d.r.).

Commento
La norma, introdotta dalla L. 98/2013 ha previsto nell’ordinamento un’eccezione al principio generale dettato dal precedente art.2.
Recependo quanto già ribadito dalla giustizia amministrativa e costituzionale circa il principio tradizionale di inderogabilità delle disposizione del DM 1444/68 relativamente ai limiti di altezza, distanze, densità e standard tra fabbricati, la norma ha riconosciuto alle regioni ed alle Province autonome di Trento e di Bolzano, la possibilità di emanare leggi e regolamenti in deroga al DM e di disciplinare gli spazi da destinare agli insediamenti residenziali, a quelli produttivi, a quelli riservati alle attività collettive, al verde e ai parcheggi.
L'intervento del Legislatore regionale risulta essere costituzionalmente legittimo solo in quanto persegua chiaramente finalità di carattere urbanistico, demandando l’operatività dei suoi precetti a strumenti urbanistici funzionali ad un assetto complessivo ed unitario di determinate zone del territorio.
Ai Comuni, pertanto spetta la concreta definizione dei limiti di densità ed altezza degli edifici nei propri regolamenti, sempre sulla base degli orientamenti eventualmente stabiliti a livello regionale.
Tuttavia, occorre tener presente che agli enti locali è sempre stato consentito di prevedere misure maggiori rispetto a quelle previste dal DM n.1444/68, con l’unica preclusione nel fissare limiti inferiori, che prima della riforma erano possibili solo “Nel caso di gruppi di edifici all’interno di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni plano volumetriche”
Nonostante il chiaro limite indicato prima dalla Corte Costituzionale con sent.16 giugno 2005 ove venire ribadito come: “ l’ordinamento statale consente deroghe alle distanze minime con normative locali, purché però siffatte deroghe siano previste in strumenti urbanistici funzionali ad un assetto complessivo ed unitario di determinate zone del territorio. Tali principi si ricavano dall’art. 873 cod. civ. e dall’ultimo comma dell’art. 9 del d.m. 2 aprile 1968, n. 1444, …” e poi dalla norma in commento, numerose sono state le leggi regionali che hanno tentato più volte di bypassare il confine prefissato nella potestà di deroga, non nell’ambito di strumenti urbanisti, ma con riferimento ad interventi puntuale, ad esempio prevedendo specifiche norme su recupero dei sottotetti, dei “piani- casa e dei relativi ampliamenti e demo – ricostruzioni.
La Corte costituzionale ha dovuto pertanto annullare diverse disposizioni regionali che ammettevano deroghe puntuali e non in strumenti urbanistici funzionali ad un assetto complessivo ed unitario di determinate zone del territorio”. Ad esempio, nella sentenza del 23 giugno 2020 n.119 la Corte costituzionale, si è espressa sul c.d. “piano casa” dalla regione Veneto, precisando che l’ordinamento statale differenzia le distanze minimi in base alla densità edificatoria della zona omogenea.
Il Decreto Legislativo 32/2019 c.d. “Sblocca cantieri” ha modificato l’art. 2 bis del t.u. ed., eliminando dal 1° comma gli incisi “possono prevedere” e “possono dettare”, dettando una sorta di “obbligo” verso gli Enti Locali che devono farsi diretti promotori delle norme derogatorie in questione.
Il nuovo comma 1 bis chiarisce che “le disposizioni del comma 1 sono finalizzate a orientare i comuni nella definizione di limiti di densità edilizia, altezza e distanza dei fabbricati negli ambiti urbani consolidati del proprio territorio “.
Infatti le modifiche apporta dallo Sblocca cantieri avevano la finalità di concorrere a indurre una drastica riduzione del consumo di suolo e a favorire la rigenerazione del patrimonio edilizio esistente, a incentivare la razionalizzazione di detto patrimonio edilizio, nonché a promuovere e agevolare la riqualificazione di aree urbane degradate con presenza di funzioni eterogenee e tessuti edilizi disorganici o incompiuti, nonché di edifici a destinazione non residenziale dismessi o in via di dismissione, ovvero da rilocalizzare, tenuto conto anche della necessità di favorire lo sviluppo dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili e di assicurare il miglioramento e l’adeguamento sismico del patrimonio edilizio esistente, anche con interventi di demolizione e ricostruzione.
Si pensi ad esempio alle norme sul piano casa che prevedono difatti cospicui bonus volumetrici a cui si aggiungono quelli fiscali (c.d. SismaBonus).
Il problema principale di questi lavori è stato rappresentato proprio dalle distanze. Per fare un esempio, negli edifici più datati, dove spesso non sono rispettate le distanze previste dalla normativa attuale, la ricostruzione ha imposto degli arretramenti che si sono tradotti in una perdita di volume, incidendo negativamente sulla fattibilità dell’operazione.
Pertanto, per poter rispettare le distanze attuali, occorreva arretrare, comportando un minore volume costruito ossia minori superfici vendibili.
Già il decreto Sblocca cantieri, attraverso un correttivo inserito al comma 1 - ter dell’art.2bis del T.U. ed., aveva previsto di attestarsi sulle distanze legittimamente preesistenti, nell’ipotesi in cui venisse mantenuta l’area di sedime, il volume e le altezze.
Il successivo decreto semplificazioni, d.l. n.76/2020, ha riscritto interamente il comma 1 ter disciplinante l’ipotesi di demolizione e ricostruzione di un edificio preesistente, permettendo così di superare sia il problema degli arretramenti, che dell’altezza massima dell’edificio preesistente, al fine di utilizzare l’utilizzo degli incentivi volumetrici.
Sono presenti comunque dei limiti, infatti nelle zone omogenee A (centri storici)di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali, nei centri e nuclei storici consolidati e in ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico, gli interventi di demolizione e ricostruzione sono consentiti esclusivamente nell’ambito dei piani urbanistici di recupero e di riqualificazione particolareggiati, di competenza comunale, fatti salvi le previsioni degli strumenti di pianificazione territoriale, paesaggistica e urbanistica vigenti e i pareri degli enti preposti alla tutela.

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