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Formazione continua: il punto con Fabio Bonfà, consigliere CNI alla comunicazione e formazione

Data di pubblicazione originale dell'articolo: 29/9/2014


Formazione continua: a che punto siamo?

Intervista a Fabio Bonfà

Vice presidente vicario CNI, con delega alla comunicazione e formazione

Sono trascorsi poco più di sei mesi da quando vige l’obbligo della formazione obbligatoria per i professionisti (cfr. 1 gennaio 2014). Lei è la figura che ha seguito nel CNI l’argomento in “prima persona”: il regolamento nasce dall’esigenza di affrontare le problematiche degli ingegneri e al tempo stesso rappresentare un'opportunità di crescita per la categoria professionale. Ritiene che questi obiettivi siano stati raggiunti?

Il regolamento è entrato in vigore con il primo di gennaio e ad oggi, non possiamo dire di avere ancora raggiunto tutti gli obiettivi prefissati. Tuttavia, in questi mesi abbiamo avuto modo di verificare che con il tempo necessario la struttura del regolamento lo renderà possibile. Il regolamento e le successive linee di indirizzo sono state formulate in modo da permettere il raggiungimento di questi obiettivi.

Siamo consapevoli dell’importanza dell’argomento che investe una categoria articolata, con molte professionalità e competenze, e riteniamo che la direzione sia quella giusta.

Quando si compie una riforma di questa portata è inevitabile piovano alcune critiche. C’è per esempio chi afferma che sia stata lasciata troppa indipendenza agli ordini, creando situazioni di non equilibrio sul territorio, e chi invece dice il contrario. Dove sta la verità?

Più che di indipendenza si dovrebbe parlare di centralità del ruolo degli ordini, nella quale fermamente crediamo nell’ambito del consiglio nazionale. Scelta quindi non casuale ma voluta, perché, anche se consapevoli del fatto che questa scelta poteva inizialmente comportare qualche rischio di disomogeneità, siamo sicuri che i presidenti e i consigli territoriali abbiano quella sensibilità necessaria per ottenere, in collaborazione con il consiglio nazionale, quella omogeneità sul territorio a cui vogliamo arrivare. Ricordiamo che stiamo parlando di una riforma ancora giovane per la quale sono necessari ancora alcuni mesi di lavoro.

La nostra piattaforma è strutturata in modo tale da permettere di controllare queste disomogeneità, alcune delle quali sono state già evidenziate agli ordini interessati, in modo tale da trovare la soluzione opportuna per ciascun caso. Constatiamo quindi che questo sia un fatto reale e che ci sia un disequilibrio sul territorio ma siamo fiduciosi che in tempi brevi tutto ciò si possa risolvere. La scelta della centralità degli ordini è una scelta voluta che confermiamo e che riteniamo rappresenti un’opportunità di crescita per la categoria.

Ritiene quindi che queste problematiche, come altre emerse in questo periodo, saranno superate con il tempo e l’esperienza o secondo lei si dovrà tornare a mettere mano al regolamento?

Non escludiamo che il regolamento possa essere modificato in futuro, però riteniamo, dalle verifiche effettuate in questo primo periodo di applicazione, che esso contenga, una volta portato a regime, i presupposti per risolvere questi problemi. Il nodo centrale è trovare un equilibrio tra la necessità di mettere a disposizione dei colleghi una serie di opportunità che consentano quella flessibilità necessaria legata alle tante esigenze di una categoria così articolata e, nel contempo, di esercitare quell’azione di controllo che doverosa nei confronti degli stessi colleghi.

Formazione a distanza: il CNI ha trasmesso, attraverso una circolare, la seconda parte delle linee di indirizzo sulla formazione continua che hanno come oggetto le attività formative erogate a distanza (FAD). I regolamenti di altri ordini professionali prevedono che la FAD rappresenti solo una parte delle attività formative. Perché si è deciso di non porre alcun limite?

Premesso che la nostra categoria prevede tre settori, uno dei quali è proprio quello dell’informazione con colleghi particolarmente predisposti per questo tipo di attività, sarebbe stato un controsenso limitare questo tipo di formazione. Detto ciò, resta il fatto che siamo convinti che ci debba essere un progressivo assestamento delle attività formative in un panorama ampio, in cui l’ingegnere possa orientarsi in base alle sue esigenze, potendo perseguire questo obiettivo in maniera continuativa e con la possibilità di modificare l’attività anche in funzione di esigenze professionali che possono cambiare di giorno in giorno. Il non aver posto dei divieti e dei limiti ci permette, ad esempio, oltre a concedere un esonero di sei mesi a quei professionisti che si trovano all’estero per motivi di lavoro, di poter acquisire una parte di formazione a distanza. Tuttavia una verifica a distanza di circa ad un anno o un anno e mezzo dall’entrata in vigore del regolamento, consentirà di valutare se sia necessaria una modifica del regolamento stesso. Attualmente riteniamo che sia stata una scelta giusta. Gli ingegneri dipendenti sono soggetti all’obbligo formativo anche se non sanzionabili fino a quando non svolgano in prima persona atti di professione autonoma. Le aziende organizzano, di propria iniziativa, molti corsi per i propri dipendenti.

Non dovrebbe essere riconosciuta la possibilità - laddove vi siano dei requisiti di serietà rispettati - di attribuire dei crediti anche alle attività svolte dall’azienda? 

Ad esempio, l’idea che ha avuto l’ordine di Milano, che vive in una realtà industriale di altissimo livello e dove la maggioranza degli iscritti è dipendente dell’industria, è quella di interagire con gli organizzatori di questi corsi aziendali, affinché anche questi corsi, possano dare la possibilità di attribuire crediti formativi agli ingegneri che li frequentano.

Cosa ne pensa?

Il regolamento in vigore, letto in maniera approfondita e interpretato, permette già questa interazione con le aziende. È giusto infatti mettere a frutto le competenze e le professionalità di aziende e di colleghi che lavorano come dipendenti. Il nodo centrale è il controllo di tali attività tramite un’azione diretta dell’ordine territoriale che ha la possibilità di riconoscere i crediti. Ovvero il regolamento tende ad impedire che il riconoscimento venga effettuato a posteriori, cioè che l’azienda chieda il riconoscimento a corso effettuato. Il riconoscimento deve essere chiesto a monte e l’ordine territoriale deve essere coinvolto nell’organizzazione del corso. In tal senso, l’azione di controllo più che essere un vincolo è una garanzia che forniamo ai nostri iscritti.

Il regolamento e le linee di indirizzo tendono a concedere un’ampia libertà purchè vagliata, controllata e verificata da un organismo centrale, che può essere il consiglio nazionale, o dai singoli ordini territoriali.