Heidegger e l’architettura: una riflessione sull’essenza del luogo
Che cosa rende un luogo davvero “giusto”? Partendo da una frase di Heidegger, questo articolo propone uno sguardo diverso sul progettare edifici, città e territori. Un invito a ingegneri e architetti a considerare anche la dimensione profonda e relazionale dello spazio, tra tecnica, cultura e responsabilità. Una lettura breve, ma densa di spunti da portare nel lavoro quotidiano.
Nel mondo delle costruzioni, si parla spesso di spazi, superfici, metri quadri, volumi. Ma cosa rende davvero “giusto” un luogo? È una domanda che va oltre la tecnica e tocca la dimensione più profonda del costruire. Martin Heidegger, filosofo tedesco, ci offre una prospettiva che può stimolare architetti e ingegneri a ripensare il rapporto tra progetto e contesto.
La frase di Heidegger
Scrive Heidegger:
“Il luogo è un luogo giusto quando penetra ciò che si è radunato della sua propria luce, dandogli solo così la libertà di dispiegarsi nel suo vero essere.”
Riflessione
Questa affermazione può sembrare distante dalla pratica quotidiana, ma racchiude un concetto semplice e potente: un luogo non è solo uno spazio fisico, ma un insieme di elementi radunati – la terra, il cielo, le persone, la memoria, la cultura.
Un progetto diventa “giusto” quando non si limita ad aggiungere o sovrapporre forme, ma dialoga con ciò che il luogo già contiene, penetrandolo, illuminandolo con la sua “propria luce”, cioè nel rispetto della sua identità e delle sue relazioni. È un invito a non imporre una visione esterna, ma a lasciar emergere le qualità profonde di un contesto, a dare spazio a ciò che già esiste affinché possa dispiegarsi nella sua autenticità.
Per chi progetta edifici, città, territori, questa riflessione apre una prospettiva utile: costruire non è solo un atto tecnico o estetico, ma anche un atto di ascolto e custodia. Il progetto può diventare uno strumento per mettere in luce le risorse, i valori e le connessioni di un luogo, evitando di cancellarle o trascurarle.
È una sfida culturale che riguarda tanto l’architettura quanto l’ingegneria: creare luoghi che non siano solo spazi da occupare, ma spazi da abitare, in senso pieno e autentico.
Conclusione personale
Fare l’editore di un portale che si rivolge a chi progetta edifici, infrastrutture, città e territori richiede uno sforzo non solo tecnico, ma anche la capacità di connettersi con una realtà in continua evoluzione. Per questo ritengo importante, nel mio ruolo di editore di INGENIO, dedicare tempo anche alla lettura di testi di sociologia e filosofia, nella convinzione che possano offrirci visioni e spunti utili a migliorare il servizio ai nostri lettori.
Da queste letture nascono a volte approfondimenti più ampi, altre volte brevi riflessioni su una singola frase. Mi scuso se non sempre riesco a svolgere questo compito come vorrei, ma anche nei tentativi meno riusciti spero di offrire stimoli che ci aiutino, come professionisti, a crescere e a rispondere al meglio al ruolo che la società ci affida.
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