In questo articolo il tema del riconoscimento e della protezione del diritto d'autore in ambiente BIM: dalla tutela dell'opzione progettuale, alla protezione della sua mediazione attraverso i modelli informativi, alla assegnazione della detenzione delle basi di dati, alla sicurezza o alla riservatezza dei dati personali.
L'architecte est en théorie l'acteur le plus à même d'exprimer sa personnalité dans le projet, et juridiquement le plus souvent considéré comme l'auteur. Toutefois, il n'existe pas de restriction à ce qu'un ingénieur, un paysagiste ou un maître d'ouvrage soit auteur d'une œuvre architecturale...Le domaine qui entend traiter les implications juridiques et contractuelles a été appelé au niveau international « Legal BIM ». Le Legal BIM ne pourra se contenter de proposer des documents contractuels, en concordance avec les différentes étapes prévues par les normes (NF) ISO EN 19650-1 et 2. Il doit aussi comprendre le fonctionnement intrinsèque de l'outil numérique pour établir un environnement juridique favorable à l'usage de cet outil. _ Sabine Ayraud et alia
Per gli ingegneri, la giurisprudenza e la dottrina ritengono raramente adempiute le condizioni che permettono di considerare una loro creazione protetta dalla Legge sul Diritto di Autore, venendo a mancare il carattere originale e individuale, essendo la loro attività dettata in buona parte da aspetti imposti, ad esempio dalla tecnica. _ Daniele Graber
Gemäß § 7 UrhG stehen sämtliche Urheberrechte dem Schöpfer des Werkes zu. Damit können Auftraggeber von Planungsleistungen nie – sofern sie nicht ausnahmsweise einen schöpferischen Beitrag leisten – originär Urheber des Gebäudemodells werden. _ Klaus Eschenbruch et alia
Un rasgo de la originalidad es que ésta provenga de la actividad creativa humana, es decir, se excluye la titularidad del derecho de autor sobre aquellos proyectos (obras) que son realizados íntegramente por dispositivos informáticos. Distinto es, cuando dichos dispositivos informáticos (como los software BIM) son utilizados como medios para ayudar a los profesionales a desarrollar el proyecto estimulando la capacidad creativa. El resultado que se obtiene puede ser partícipe de ser tutelados por los Derechos de Autor. En tal caso tanto el software como el ordenador son herramientas de trabajo. _ Pablo Daniel Callegaris Rodrigue
Lo statuto dell'architetto (dell'autore) e il BIM
Il giorno 21 Gennaio 2020 l'Ordine degli Architetti PPC della Provincia di Milano, in collaborazione con la Fondazione corrispondente, organizza un seminario sui rapporti che intercorrono tra autorialità, tutela della proprietà intellettuale, al cui interno figura il diritto di autore, e digitalizzazione nella progettazione architettonica, specie, come recita la legge, con riferimento ai disegni e alle opere dell'architettura.
In realtà, dietro al tema della tutela della proprietà intellettuale si cela probabilmente un cambio di paradigma che si riferisce alla concezione rinascimentale, albertiana e vasariana, di distinzione e di sovraordinazione del creatore di ingenio di origine umanistica, a fronte di odierni inediti modelli organizzativi di integrazione tra gli attori o di innovativi quadri contrattuali di partenariato tra soggetti, supportati dalla digitalizzazione.
In gioco vi sono, perciò, la possibile mercificazione delle prestazioni professionali e l'adesione dell'architetto alle logiche industriali.
Il contesto in cui si muovono creatività, ingegnosità, originalità, è, in effetti, ambiguo, poiché esso sembra molto tormentato tra la collaborazione e la competizione, vale a dire sull'esercizio del controllo sui processi progettuali.
Il diritto di autore e il BIM
Il tema del diritto di autore, disciplinato internazionalmente dalla Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche e in Italia dalla L. 633/1941, successivamente modificata e integrato sino alla L. 37/2019, nei suoi risvolti patrimoniali (di sfruttamento economico) e morali, argomento intrinsecamente giuridico, non può essere, se non liminarmente affrontato dallo scrivente, per incompetenza disciplinare, se non con attinenza alla nozione di autorialità, cui si cercherà di giungere successivamente sotto altre premesse disciplinari.
La legislazione prevede, comunque, che siano protette «le opere dell'ingegno di carattere creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all'architettura, al teatro ed alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione».
Nei fatti, la tutela del diritto di autore ha investito sovente, certo in maniera indiretta, anche quella dell'opera realizzata di valore artistico e architettonico, un aspetto, però, eccentrico rispetto al soggetto trattato in questa comunicazione.
La legge, inoltre, prescrive che siano «altresì protetti i programmi per elaboratore come opere letterarie...nonché le banche di dati che per la scelta o la disposizione del materiale costituiscono una creazione intellettuale dell'autore».
Sul tema specifico di natura giuridica (BIM e diritto di autore) esiste, a ogni buon conto, una vasta letteratura in francese, in inglese, in spagnolo, in tedesco, oltreché stranamente, più moderatamente, in italiano.
Una parte di essa origina, peraltro, abbastanza curiosamente, da programmi di ricerca sulla digitalizzazione nelle opere infrastrutturali, non propriamente l'ambito elettivo del tema: Projet National MINnD in Francia e InfraBIM in Germania.
In Germania, del resto, alcuni studiosi sostengono che la legislazione federale sulla proprietà intellettuale, Urheberrechtsgesetz (UrhG), garantisca gli architetti solo dal punto di vista delle forme di rappresentazione (degli elaborati grafici), non per l'uso dei dati contenuti nei modelli informativi, mentre altri ritengono, al contrario, che questi ultimi siano equivalenti ai disegni e agli elaborati in genere.
È interessante pure osservare che solitamente si invita a trarre, per quanto possibile, dai modelli informativi gli elaborati geometrico-dimensionali o alfa-numerici, in conformità all'approccio documentale della legislazione trattante i livelli di progettazione, ma che cosa accadrebbe allorché si potesse procedere a ideare e a realizzare un intervento in assenza di documenti, esclusivamente per mezzo dei modelli informativi?
La domanda è tutt'altro che oziosa, poiché in questo ultimo caso si potrebbero avere processi abilitati e notarizzati digitalmente in cui i modelli e le strutture di dati agirebbero direttamente innescando le decisioni.
Di conseguenza, ogni atto progettuale effettuato digitalmente (ad esempio, la configurazione e l'introduzione di un oggetto nel modello informativo) potrebbe immediatamente tradursi in una decisione/creazione/alità.
Le citazioni in premessa sottolineano, peraltro, che non siano solo gli architetti i destinatari della tutela, ma che, in casi eccezionali, pure il committente stesso possa rivendicare diritti di ingenio in merito.
Il committente, d'altra parte, non acquisisce dall'autore professionale i diritti che non siano quelli della realizzazione dell'opera concepita.
A questo proposito, vi è chi sostiene che, quantunque, come detto, i contenuti dei modelli informativi possano avere valenza di originalità e di creatività da tutelare in qualità di paternità, i singoli oggetti in essi presenti possano essere entità riproducibili individualmente prive di tale prerogativa.
Ciò perché, inoltre, si rinverrebbe il carattere meramente strumentale degli applicativi e degli ordinatori.
È, anzitutto, evidente che, a proposito del diritto di autore, accennando alla sua protezione, sia con ciò implicita la preoccupazione relativa all'influenza che su di esso possa avere la digitalizzazione nei processi ideativi e nei servizi di architettura e di ingegneria, nota, in maniera estensiva, attraverso l'uso dell'acronimo
BIM.
Il fatto che la gestione informativa supportata dalla modellazione informativa rafforzerebbe la condizione di incremento del numero dei contributori alla fase ideativa di un intervento appare rilevante agli effetti della co-autorialità, concetto declinabile a seconda della possibilità di distinguere disciplinarmente e cronologicamente gli apporti dei singoli progettisti.
Il che rimanda, ad esempio, in virtù di quanto or ora osservato, anche al diritto di sfruttamento altrui di una BIM Library proprietaria condivisa con altre organizzazioni, in virtù del suo carattere o meno di creatività e di originalità complessiva o elementare.
In altre parole, all'interno di un repertorio di oggetti configurato appositamente secondo le esigenze della organizzazione professionale, che cosa può considerarsi autenticamente creativo e originale, frutto dell'ingenio?
Tra l'altro, la accezione di originalità, contemplata, ad esempio, dall'articolo L 121-2 del Code de la Propriété Intellectuelle in Francia, si rapporta strettamente, anche negli altri Paesi in cui vige la Civil Law, alla nozione di creatività, pur fondamentale nel senso giuridico; essa, come si vedrà, ai nostri fini, può essere anche intesa in senso non giuridico.
Probabilmente il ragionamento risulta parzialmente dissimile per il copyright della tradizione giuridica anglosassone, ben analizzato da May Winfield in diversi contributi.
Nella letteratura internazionale specialistica, sono, anzitutto, molteplici le questioni affrontate, a partire dalla distinzione tra trasmissione e condivisione dei dati contenuti nei modelli informativi (e negli ambienti di condivisione dei documenti e dei dati) nonché, come affermato, diritto di impiego degli stessi.
Si sostiene, peraltro, che nei modelli informativi giacciano molteplici diritti inerenti alla proprietà intellettuale, oltre, appunto, al diritto di autore.
Occorre, comunque, osservare, inoltre, che forse possano pure essere previste forme di tutela dei produttori degli applicativi che generano le basi di dati correlate ai modelli informativi, tali per cui essi possano limitarne l'estrazione o altre attività.
La nozione di base dei dati, nei termini della protezione, può chiamare in causa anche il BIM Coordinator, ad esempio, per quanto riguarda il diritto a modificare i modelli informativi.
A questo proposito, la legge prescrive che la «tutela delle banche di dati non si estende al loro contenuto e lascia impregiudicati diritti esistenti su tale contenuto».
In ogni caso, vi è già una certa giurisprudenza sui diritti di accesso e di modifica all'Ambiente di Condivisione dei Dati da parte dei committenti rispetto ai progettisti/, soggetto che potrebbe ulteriormente relazionarsi al tema.
In ogni caso, già l'esistenza di modelli informativi disciplinari e modelli informativi federati, oltreché la coesistenza dei progettisti e delle figure professionali legate al BIM, pongono alcuni distinguo secondo, ad esempio, il Codice della Proprietà Intellettuale francese, ad esempio, tra opera composita, collettiva o collaborat(iv)a, o in collaborazione, per cui sorgono peculiari allocazioni di proprietà e di responsabilità che alcuni osservatori ritengono risolvibili esclusivamente per via contrattuale anziché legislativa.
L'opera collaborat(iv)a, o meglio, in collaborazione, secondo alcuni giuristi, peraltro, imporrebbe per il suo sfruttamento il consenso unanime dei co-autori, ponendo difficoltà operative, più facilmente risolvibili allorché l'opera sia considerata come collettiva, laddove, tuttavia, sia possibile, sin dall'inizio, individuare una sola persona fisica o morale che svolga azione di coordinamento e che si assuma la qualità di autore unico.
Più difficile è gestire la situazione di opera composita, che prevede una sequenza di autorialità sequenziali e separate, raramente rintracciabili in processi ideativi di carattere iterativo.
La legislazione italiana prevede che qualora l'opera fosse stata «creata con il contributo indistinguibile ed inscindibile di più persone, il diritto di autore appartiene in comune a tutti i coautori. Le parti indivise su presumono di valore eguale, salvo la prova per iscritto di diverso accordo».
Un argomento specifico, sorto, ad esempio, in merito al caso di
Notre-Dame de Paris, riguarda la tutela della
proprietà intellettuale dei rilievi digitali,
geometrici e materici, eseguiti prima e dopo il disastro, a cominciare dal loro diritto di riproduzione e di sfruttamento per la progettazione.
La legislazione italiana, comunque, prevede che nelle opere di architettura «l'autore non può opporsi alle modificazioni che si rendessero necessarie nel corso della realizzazione. Del pari non potrà opporsi a quelle altre modificazioni che si rendessero necessarie apportare all'opera già realizzata. Però, se all'opera sia riconosciuto dalla competente autorità statale importante carattere artistico, spetteranno all'autore lo studio e l'attuazione di tali modificazioni».
Un altro aspetto sensibile riguarda la possibilità che, inintenzionalmente oppure a causa delle limitazioni tecnologiche degli strumenti, committenti e co-progettisti vengano ad avere a disposizione librerie di oggetti personalizzate o script predisposti in maniera proprietaria dal soggetto originante, con le conseguenze del caso per quanto concerne l'appropriazione o la cessione della proprietà intellettuale.
Del resto, in argomento, il committente ha diritto ad acquisire, ai fini della esecuzione dell'opera, solo i modelli informativi nei formati neutri e interoperabili oppure anche in formati proprietari, di là del fatto che non possa imporli nei contratti pubblici?
Il ricorso a dispositivi di
progettazione generativa potrebbe, ancora, comportare per il progettista singolo, l'offerta involontaria di un contributo concettuale ad affinare gli algoritmi che permettano di supportare processi collettivi semi-automatici di progettazione detenuti da un produttore di applicativi che potrebbe rivendicare sia la paternità in via esclusiva dello strumento, calibrato in termini di machine learning, sia la comproprietà delle soluzioni progettuali ottenute tramite esso.
Vi è, inoltre, chi segnala come la condivisione dei modelli informativi in ambito collaborativo accresca il grado di responsabilità solidale nell'individuazione tempestiva delle non conformità e degli errori di progettazione assunto dai singoli contributori, a prescindere dalla competenza disciplinare, con le debite ricadute sull'autorialità.
Si tratta solo di assunzione di responsabilità o di pretesa di autorialità?
Potrebbe, poi, esservi qualche ragionamento necessario sulla definizione della natura di funzionalità delle parti dell'opera, specie relative ai saperi ingegneristici, che sarebbe sottratta all'ambito di applicazione della tutela, anche con riferimento all'eventuale diritto di autore nei servizi di ingegneria, specie laddove essi siano consulenze tecniche alla concezione architettonica, in cui dovrebbero, peraltro, sussistere i diritti connessi.
Al contrario della tutela della proprietà intellettuale, essendo, sia pure con configurazioni ad hoc, i modelli informativi utilizzabili lungo il ciclo di vita dei cespiti, gli autori e i proprietari originarî degli stessi potrebbero essere chiamati a rispondere dei loro contenuti o, più semplicemente, della impossibilità della loro consultazione a distanza di molto tempo.
Il che, tuttavia, potrebbe rimandare alla autorialità di un progetto, digitalmente ideato, che modifichi l'opera già realizzata (o mai realizzata) secondo un precedente progetto, più o meno elaborato con metodi e con strumenti digitali.
Associata a questa questione sussiste la protezione dei dati personali, tanto più che molti giuristi sottolineano la compresenza, nei progetti realizzati tramite la gestione informativa, di dati pubblici, che interessano la collettività, di interesse collettivo, e dati privati, proprietari e riservati.
Appare, dunque, determinante introdurre nello schema di contratto per l'affidamento dei servizi di architettura e di ingegneria apposite clausole che identifichino in via preliminare, oggettivamente e soggettivamente, gli autori del progetto e i relativi diritti legati all'autorialità e alla brevettazione, inclusi aspetti inerenti alla tutela della proprietà dei dati, alla protezione delle basi di dati e degli applicativi, al diritto di utilizzare e di modificare i contenuti dei modelli informativi, e così via.
L'autorialità e il BIM
Il riferimento all'
autorialità, in senso non giuridico, a sua volta, può essere declinato secondo differenti prospettive, tutte
riferibili allo statuto e all'
identità dell'architetto, tra cui, ad esempio, il passaggio dal primato autoriale alla detenzione, il trasferimento supportato digitalmente, ovvero computazionalmente, di progettualità dagli architetti (e dai loro consulenti tecnici) ai committenti professionali (che coincide solo, da parte di questi ultimi, con il diritto alla realizzazione di ciò che è stato commissionato?), l'integrazione tra ideatori, esecutori, manutentori e gestori, l'approccio partecipativo e collettivista confrontato a quello dirigista, gli apporti individuali ai dispositivi di progettazione generativa.
Sotto il profilo gestionale, in primo luogo, la nozione di detenzione, proposta da Antoine Picon, in luogo di quella di autorialità, trasla palesemente la natura della primazìa, sottolineando non solo l'importanza degli apporti differenti da quelli dell'architetto principale, ma pure evidenziando la centralità della prestazionalità del cespite nel ciclo di vita, supportata dalla digitalizzazione.
La
natura reticolare della progettazione computazionale, parametrica, digitalizzata muterebbe, infatti, il paradigma dalla autorialità verso la detenzione, in un ambiente caratterizzato da codici di programmazione che rendono i processi fluidi.
Non diversamente, la crucialità della funzione meta-progettuale della committenza, esprimibile computazionalmente, ne enfatizza l'apporto creativo (di tratti di genialità, secondo il gergo giuridico), facendone non solo l'attore dell'istruttoria e del controllo, ma anche la co-autrice dei contenuti progettuali.
L'anteposizione della
fase di gestione del cespite nelle crono-logiche della committenza, supportata da attività di co-simulazione tipiche dei
gemelli digitali, inverte, di fatto, l'ordine delle priorità e, in definitiva, proporrebbe una diversa versione della autorialità.
Un altro tratto peculiare della gestione dei processi attraverso lo sfruttamento dei dati, possibilmente strutturati o semi strutturati, attinenti a una dimensione collettiva, contrassegnerebbe, ad esempio, la ideazione di manufatti attraverso il web in maniera crowd.
D'altra parte, le esperienze di progettazione partecipativa, dai tentativi degli Anni Sessanta e Settanta di De Carlo all'ideazione recente del co-housing di Sfriso, non mancano.
Secondo alcuni studiosi, ciò implicherebbe un approccio collettivo alla autorialità, senza parlare dell'architettura spontanea di Pagano o di quella senza architetti di Rudofsky.
Non dissimile sarebbe il fatto che il ricorso ad applicativi che supportano la progettazione generativa prevederebbe che i progettisti individuali implicitamente, arrecando vincoli e obiettivi, contribuirebbero ad allenare algoritmi in grado di suggerire semi-automaticamente serie di opzioni e di alternative progettuali (creative od originali?) in rapporto, a titolo esemplificativo, alla distribuzione funzionale-spaziale o alla morfologia dell'involucro.
Non distante da ciò è la querelle giuridica che ha coinvolto negli Stati Uniti UpCodes, a proposito della possibilità di avere trasferito in ambito numerico e parametrico testi legislativi e regolamentari di natura pubblica, al fine di ottimizzare i lay-out degli edifici da progettare in conformità a vincoli giuridici e tecnici interpretabili dalla macchina.
Di là della nozione di autorialità, le accezioni di creatività e di originalità pongono la questione inerente a un tema sensibile quale quello della mercificazione dei servizi di architettura e di ingegneria, evocata dalla Design Automation.
Non a caso, inizia a sorgere l'interrogativo sulla proteggibilità delle soluzioni progettuali generate da applicazioni di intelligenza artificiale.
La Association Internationale pour la Protection de la Propriété Intellectuelle ha sancito nel 2019 che il copyright in artificially generated works si applichi solo quando «the data or data selection criteria are selected by a human».
L'interrogativo che ricorre spesso presso l'American Institute of Architects concerne, infatti, la possibilità che i servizi di architettura, tradizionalmente definiti, stiano ricadendo nella sfera della Commodification.
Se queste considerazioni incidono in profondità sulla natura della collaborazione e dell'integrazione tra gli architetti e gli altri attori coinvolti nella fase progettuale e in quelle successive, in accordo a culture industriali (esiste, negli Stati Uniti, persino una forma di appalto integrato guidato dall'architetto, l'Architect-Led Design-Build Route, per non accennare agli accordi collaborativi e ai contratti partenariali), lambendo la distinzione tra attività professionali e imprenditive, oltre alla mercificazione delle prestazioni intellettuali, occorre osservare che l'evoluzione dei Performance-Based Contract in Social Outcome-Based Contract, unitamente alla diffusione dell'User Centrism, sposta l'oggetto della progettazione dai soli elementi fisici e spaziali, dalla loro morfogenesi, ai comportamenti dei fruitori e alla loro produttività, come già chiaro per lo spazio di lavoro.
In che termini ciò influenzerà l'identità degli autori e la natura dell'autorialità, oltre che naturalmente delle loro responsabilità e remunerazioni?
Che cosa significa, perciò, concepire non solo elementi edilizi e impiantistici o spazi, ma anche servizi, comportamenti, relazioni, emozioni, esperienze?
D'altra parte, Phil Bernstein ha recentemente proposto che una parte del compenso agli architetti sia corrisposta come validazione in modo posticipato al collaudo, a seconda dell'esito della valutazione post-occupativa, della soddisfazione, ma anche della produttività, degli occupanti.
Al contempo, come sostenevano Herzog & de Meuron, in una intervista rilasciata a un periodico di lingua tedesca a proposito dell'Elbphilarmonie, di Amburgo, riprendendo una asserzione caratteristica degli architetti in funzione deresponsabilizzante, una volta utilizzata, l'opera non sarebbe più di «paternità» dei suoi ideatori.
Si tratta, dunque, forse di ripensare la natura e l'oggetto della (protezione della) proprietà intellettuale?
Il primato autoriale e il BIM
L'oggetto della presente riflessione risiede nella tutela del diritto di autore: in verità ciò comporterebbe anche discutere delle relative assunzioni di responsabilità legate alla firma del professionista e al timbro che ne testimonia l'appartenenza a un ordine professionale, che ne disciplina anche la sfera di competenza.
Vi è, d'altronde, da riconoscere come, nell'ambito digitale, nell'ambiente di condivisione, lo sviluppo della progettazione dipenda, o dovrebbe dipendere, da un forte esercizio di istruttoria, possibilmente computazionale, del committente che nel cosiddetto capitolato informativo (EIR) secondo la normativa internazionale e sovranazionale, teso certo a formulare requisiti (non esclusivamente informativi) sempre più stringenti agli effetti della identificazione di non conformità e di errori, ma pure, nella sequenza OIR/AIR/OIR/EIR, non esente da un proprio sforzo ideativo.
Il tema, tuttavia, riguarda non solo la primazìa dell'architetto, o di colui o di colei che possa vantare la paternità sull'opera di ingenio, bensì anche la dinamica inerente alla morfogenesi del progetto.
Essa, in effetti, può, tra gli altri, essere governata da una concezione basata su schizzi (digitalizzabili) ovvero su parti di modelli fisici riassemblati o su algoritmi multicriteriali, può essere frutto di una idea perseguita monodirezionalmente da un singolo professionista oppure di un processo articolato di configurazione attraverso diverse opzioni alternative perseguite da parte di gruppi differenti di collaboratori, può esitare da un apporto rigidamente sequenziale dei consulenti tecnici oppure tramite un continuo dialogo precoce con essi.
Del resto, la tutela del diritto di autore ha riguardato i contenuti della concezione originaria, oltre che originale, espressa nei concorsi di idee e nei concorsi di progettazione.
Gli stessi studi e le medesime società di architettura, a loro volta, non di rado non riportano nella loro denominazione il nome del titolare o dei titolari, enfatizzando il carattere «aziendale» o «collettivo», sottolineando nei gruppi di progettazione la presenza e il coinvolgimento di antropologi, di psicologi, di sociologi e di altri saperi relativi agli aspetti comportamentali, pure dell'ambient, non solo dell'environment.
Non si tratta qui dell'individuazione dell'autore o di tutela della sua opera, bensì, come più volte affermato, di comprendere quanto stia mutando il modello organizzativo e, ancor più importante, quanto stia evolvendosi l'oggetto della progettazione che, sotto questo profilo prossimo alla centralità dell'utente, non solo del committente, inizia ad avvalersi di game engine e di immersive reality.
Non dissimile sembra essere il ragionamento a proposito dell'Off Site Construction, per cui ai progettisti, agli autori, è richiesto di aderire al Design for Manufacturing & Assembly, vale a dire di immedesimarsi nelle esigenze e nelle logi(sti)che del produttore/assemblatore.
Ancora: che cosa significa che, come per Katerra, la progettazione debba assicurare sin dalla scelta dei componenti, attuata computazionalmente, che essi siano latori di soluzioni più facilmente e più rapidamente autorizzabili?
Che cosa vuol dire, come per Amazon e Plant Prefab, progettare una soluzione tridimensionale industrializzata incentrata su un ecosistema digitale governato da un home speaker?
D'altra parte, l'orizzonte entro cui la
nuova industrializzazione edilizia vorrebbe muoversi, in analogia a un passato novecentesco, è quella dei grandi programmi di investimento di edilizia residenziale, di edilizia ospedaliera o di edilizia scolastica in cui si deve, in primo luogo, progettare un sistema comportamentale, spaziale, costruttivo sulla scorta di logiche numeriche combinatoriali che riportano all'affare del Computational e del Generative Design.
Probabilmente, peraltro, nell'On Site, tutti gli sviluppatori immobiliari e i committenti professionali, dalla ricettività (non solo alberghiera: Airbnb, con Samara Project, docet) alla grande distribuzione commerciale, forniscono ai progettisti tracce e canovacci imposti dettagliatamente su cui applicarsi autorialmente.
Forse, per alcuni tratti, il tema non è più incentrato sull'autore, e sui suoi diritti, ma sull'autorialità e sui suoi doveri.
Qui si innesca il tema della prestazionalità, nel senso che vale anche la qualità delle prestazioni organizzative indirizzata a un certo collettivismo nel senso di integrazione di sistema perché anche se l'architetto detesta essere «performante», il nucleo della concezione diviene sempre più la funzione: come si comporta e si guasta strutturalmente e impiantisticamente il cespite immobiliare, per non dire del bene infrastrutturale, ma, specialmente, come esso agisce positivamente o condiziona negativamente le attività o le azioni degli occupanti.
In un universo dominato dagli Outcome molto si gioca dinamicamente, «mobilizzando» il cespite nelle sue prestazioni relative al ciclo di vita, costringendo l'autore a non allontanarsene mai.
Questo primato, dunque, oltreché essere tutelabile e proteggibile, rischia di diventare, per il suo autore, obbligante.
La collaborazione e il BIM
Se, in ambito giuridico, è stato possibile solo enucleare, con le inesattezze dei profani, alcuni punti di vista e alcune tematiche, sotto il profilo gestionale si è potuto avanzare qualche ipotesi più originale.
Fatto si è che la questione della protezione e della tutela, in qualche modo, potrebbe essere rovesciata nella focalizzazione su business model innovativi, perché l'argomento originario, trattato dalla legislazione, riguarda le accezioni convenzionali di creatività e di originalità nel contesto della collaborazione.
Tra l'altro, non per nulla, come si evince dalle «leggi sull'architettura», la tutela si affianca, non per nulla, al riconoscimento del ruolo dell'architetto.
Per prima cosa, occorre ragionare sul significato autentico che tale parola, collaborazione, possa avere sia sul piano dei ruoli di ingenio che possano assumere i diversi attori nelle differenti fasi del processo ideativo e realizzativo in funzione del successivo ciclo di vita.
Si tratta, però, anche di comprendere in quale ambiente di relazioni tra le organizzazioni coinvolte si svolgano i processi decisionali, ma, soprattutto, conta valutare come le identità eterogenee possano coesistere nella logica del Design Management che tenderebbe ad allineare le individualità rispetto a un interesse generale della commessa: appartenente a quale soggetto?
Per questa ragione, come si è visto, il tema si è sviluppato su più livelli: la tutela dell'opzione progettuale, la protezione della sua mediazione attraverso i modelli informativi, la assegnazione della detenzione delle basi di dati, persino la sicurezza o la riservatezza dei dati personali.
Nell'ottica menzionata, il confronto/dialogo riguarda architettura e ingegneria, professionalismo e imprenditorialità, linguaggi narrativi e gerghi numerici, concerne, vale a dire, tutta una serie di complesse diadi, per cui davvero basta credere che gli strumenti digitali costringano di per sé a cooperazione, condivisione, collaborazione?
E se veramente ciò accadesse chi ne sarebbe il beneficiario ultimo, secondo logiche «industriali»? Quali perdite di identità, o quali timori correlati, deriverebbero da con-fusione e da integrazione?
Non dimentichiamo, infatti, che ogni riflessione sulla coerenza progettuale e sulla costruibilità di un progetto «esecutivo» finisce regolarmente, nelle opinioni generali dei professionisti, per essere subordinata alla condizione di subalternità coercitiva delle ragioni della creatività a quelle della produzione.
In realtà, più che sottrarre la creatività e l'originalità degli architetti alle pretese «riduzioniste» dei costruttori e dei committenti, ottimizzate e razionali, il problema forse risiede nella mercificazione delle prestazioni professionali e nel ridotto valore che a esse si attribuiscono.
Anche ammettendo che la digitalizzazione sia un transformational changer capace di mettere, infine, d'accordo ottiche contrastanti, tutelandole, come accennato, che cosa si verifica allorché cambia, o perlomeno, si arricchisce l'oggetto della progettazione, estesa al vissuto delle persone, e si ampliano le corrispondenti responsabilità?
Phil Bernstein, acuto osservatore della relazione che intercorre tra le architettura e la digitalizzazione, invita, infatti, a non enfatizzare più che tanto il «BIM», ma a guardare all'obiettivo della trust.
Afferma lo studioso nordamericano che «an industry aligned around building effectively—and being rewarded well for doing so—would necessarily work from refactored, digitally integrated, transparent project delivery models based on a new reliance on information. Data environments that can engender that trust are accessible, secure, and, most importantly, transparent».
Ecco, dunque, che autorialità si coniuga con fiducia e con autorevolezza: l'autore, di cui si intende tutelare la paternità e l'originalità creative è, perciò, il soggetto che è riconosciuto come affidabile e credibile nel proporre le proprie soluzioni progettuali in modo credibile, di esso sarebbe la proprietà dei processi ideativi, decisionali.
Non per legge, non per contratto, ma per riconoscimento?